Benvenuto e benvenuta al nostro appuntamento settimanale con la rubrica Ritratto di un attore. Mi fa particolarmente piacere parlarti questa settimana della neo 77enne Susan Sarandon; una donna che ha sempre mantenuto la sua forza da giovane fino ai giorni nostri lottando per una società molto più umana e socialmente utile. E’ una donna che ha sempre lottato e si è distinta riuscendo ad emergere e diventando una tra le attrici più famose del cinema hollywoodiano. Oggi parleremo della sua carriera e della sua vita privata.
Susan Sarandon. Dai nonni alla ribellione della famiglia
Susan Sarandon (4 ottobre 1946) è nata e cresciuta a New York, primogenita dei nove figli di Phillip Leslie Tomalin (1917-1999) e Lenora Marie Criscione (1923). Lui è stato un produttore televisivo statunitense, anche se di origini britanniche, e più esattamente metà irlandesi e gallesi. Lei è invece una donna di casa che ha dovuto crescere ben nove figli ed è, pensa un po’, di origini italiane; ti basti pensare che il nonno materno era originario di Ragusa, mentre la nonna era di origini lucchesi; ora la nostra redattrice Lara cercherà di scoprire se i suoi avi avessero a che fare con i Criscione. Scherzi a parte, torniamo sulla nostra diva di oggi.
L’attrice è cresciuta insieme a quattro fratelli e quattro sorelle; tra gli altri il giornalista Terry Tomalin, stroncato da un infarto a soli cinquantasei anni nel 2016. Della sua infanzia si sa ben poco ed è molto restia a parlare dell’adolescenza. Le uniche poche cose che possiamo dirti è che ha avuto una educazione piuttosto severa e ha dovuto, costretta dal padre, seguire gli studi presso dei comprensori cattolici che nel periodo post bellico non si erano scrollati la rigidità e la durezza nei confronti dei propri alunni.
Questo senso di ribellione scatenato dalle imposizioni fanno sì che la giovane si ribelli, alla fine degli anni Sessanta, schierandosi contro la guerra in Vietnam, di cui conosciamo tutti i risvolti negativi che ebbe sui soldati. Inoltre, questa non fu una sfuriata sessantottiana bensì un capo saldo della sua lotta verso le minoranze e i più deboli; infatti l’attrice è un’attivista dei diritti umani ed è stata dapprima vista inneggiare contro Trump insieme ad altre donne e successivamente arrestata se pur per un breve periodo nell’estate del 2018.
Susan Sarandon – Gli albori non facili e la conferma negli anni Settanta
In una continua ribellione verso il sistema e il potere patriarcale, Susan si avvicina alla recitazione quasi per caso in quanto affascinata da questo mondo tanto da iscriversi alla Catholic University of America. L’idea non è male per la ragazza che ben presto riesce a far suo il mestiere, però non viene notata come lei spera. Ciò che non manca è la sua forza e la sua determinazione che la portano, nonostante le avversità dei primi anni, a farsi notare dal nostro grande Mario Monicelli che la volle ne La Mortadella del 1971, che permetterà al pubblico italiano di conoscerla.
Prima che la luce di Hollywood si illumini Susan dovrà lavorare sodo. La pellicola decisiva arriva, ed è Prima Pagina di Billy Wilder; il ruolo affidatole la vedrà finalmente con attori come Walter Matthau e Jack Lemmon. L’interpretazione fece da richiamo al regista Jim Sharman che nel 1975 la volle nel ruolo della sensazionale e sensuale Janet in The Rocky Horror Picture Show. Fu l’interpretazione che ammaliò Hollywood.
L’attrice da qui in poi parteciperà ad altre pellicole più o meno di grande rilievo come Il temerario, L’altra faccia di mezzanotte, Il re degli zingari; ed infine la pellicola che creò non pochi scandali, Pretty Baby, a fine anni Settanta in cui Susan interpreta una prostituta che abbandona la figlia dodicenne per scappare dalla vita di bordello; una giovanissima Brooke Shields viene tra l’altro difesa dalla stessa madre (nel film) affinché non girasse scene completamente senza veli. La curiosità che caratterizza questa pellicola è che Susan ebbe poi per due anni una relazione con il regista Louise Malle.
Come finiscono gli anni Settanta allo stesso modo iniziano gli anni Ottanta
Agli inizi degli anni Ottanta la carriera cinematografica di Susan continua mostrando sempre il suo lato sensuale, forse anche ispirata dal compagno e regista Malle che la conosce bene e sa come gestirla. Il regista porta sullo schermo una strana storia sullo spaccio di droga in cui è invischiata una bella e sensuale cameriera, Susan Sarandon, che studia per diventare croupier nella città che aprì al gioco d’azzardo, appunto Atlantic City.
La storia vince il Leone d’Oro a Venezia a pari merito con un’altra pellicola. Però il decennio anni Ottanta non è molto felice da un punto di vista cinematografico per l’attrice che invece la vede coinvolta in più storie amorose durante la recitazione. Di questo però ti parlerò dopo raccontandoti della sua vita privata. I film interpretati in quegli anni non hanno sortito l’effetto desiderato.
Tra di essi Quattro passi sul lenzuolo, La tempesta, Posizioni compromettenti; mentre ebbero un po’ più di successo le produzioni di La forza dell’amore e forse ancora di più Le streghe di Eastwick in cui interpreta una strega romantica insieme alla mitica Cher e alla bellissima Michelle Pfeiffer; tutte e tre imbrigliate in una storia con il diavolo interpretato dal grande Jack Nicholson.
Gli anni Ottanta non sono stati promettenti per la nostra diva di oggi, però i film sono comunque molti e si concludono con Ancora Insieme, Un detective…particolare. Come un risveglio di fine decennio ci sono due film in cui la sua figura risalta in maniera prepotente e coinvolgente. Il primo la vede candidata al Goden Globe come migliore attrice in un film commedia o musicale ed è Bull Durham. E’ la storia, anche un po’ romantica, come piace agli americani, su un veterano del baseball ingaggiato per tirar su una stella nascente del baseball (Tim Robbins); di contro c’è l’insegnante Annie Savoy (Susan Sarandon) che fa da spalla ad un Crash Davis (Kevin Costner) che vuole mollare tutto, forse.
Il secondo è Un’aride stagione bianca. Un film particolarmente coinvolgente in quanto affrontava un tema sempre caldo della Sudafrica e non solo lì, l’Apartheid e tutte le angherie dei bianchi sui neri senza esclusioni di colpi, nel vero senso della parola; l’attrice è una giornalista che lotta affinché i neri possano avere il diritto ad avere una vita dignitosa.
Oltre ad essere un ruolo a lei confacente in quanto da sempre attivista per i più deboli c’è un gradito ritorno sulle scene del magistrale Marlon Brando. Lui stesso era stanco di recitare, aveva mollato la recitazione a inizio anni Ottanta, però si fece attrarre dal progetto, tant’è che ricevette la sua ottava ed ultima candidatura all’Oscar.
La consacrazione negli anni Novanta
Da Thelma e Louise a Dead Man Walking
Per tutti i grandi attori c’è un decennio che è più brillante di altri. C’è chi azzecca i film uno dietro l’altro fin da subito e chi magari ha qualche scivolone, come è successo alla nostra attrice. Una cosa però è certa. Il decennio di Susan Sarandon è senza dubbio il decennio degli anni Novanta. Iniziamo con la storia più esplosiva di quegli anni, anni in cui l’America sentiva il bisogno di un riscatto della generazione femminile.
Thelma e Louise – Inno alla libertà
Lo definirei un film che diede un impulso al genere femminile, qualora ce ne fosse bisogno, affinché dichiarasse ancora una volta il senso di emancipazione e distaccamento dall’uomo in quanto detentore del potere sia nelle mura di casa che nel sociale. La storia che viene sviluppata è molto incalzante e riesce a far trasparire, attraverso le protagoniste, la paura e la sfiducia nella giustizia e sostanzialmente nell’uomo, sempre a capo di tutto. Infatti, i protagonisti maschili ricoprono ruoli che sottolineano questi aspetti, tanto da portare Thelma (Geena Davis) e Louise (Susan Sarandon) ad evadere per un weekend, lontane da compagni assenti oppure ubriachi e violenti. Il vortice di situazioni in cui verranno coinvolte è determinato proprio da un tentativo di stupro dal quale scaturisce l’omicidio; ciò le vedrà ricercate, in quanto consapevoli che non verranno ascoltate pur avendo agito per legittima difesa. Sarà proprio questa mancata fiducia che farà iniziare una ricerca in tutto il territorio finché, in uno slancio di libertà verso la vita, prenderanno una decisione estrema che resterà indelebile nelle nostre menti e nella storia del cinema.
Dopo la pellicola che ha permesso ad avere entrambe diverse nomination, la Sarandon continuerà a girare altre pellicole come Lo Spacciatore e Bob Roberts prima di incanalare forse il triennio più florido per arrivare finalmente all’ambita statuetta. Dopo l’espressione di libertà la Sarandon torna a un tema impegnativo e soprattutto reale, L’olio di Lorenzo, la storia di un bambino malato e della forza dei genitori di trovare da soli una pseudo cura affinché il figlio tanto amato possa continuare a vivere.
Una piccola pausa e poi l’impetuosa Susan torna con uno degli autori di romanzi più influente in quegli anni, portando in scena Il Cliente diretto da Joel Schumacher basato sull’omonimo romanzo di John Grisham. La pellicola è dirompente e affronta un tentativo di insabbiamento di omicidio di un esponente della mafia che incolperà un quattordicenne, colpevole solo di aver sentito alcuni dichiarazioni dalla vittima prima di spirare.
Una combattiva avvocatessa farà in modo che ciò non accada. Da una storia terribile si passa a una che ciclicamente Hollywood ama e a cui ha partecipato la stessa Sarandon, Piccole Donne, che arriva nel 1994 alla sua quinta trasposizione cinematografica, oltre a romanzi e serie TV.
Dead Mean Walking – Il film che valse l’Oscar per Susan Sarandon
Come hai potuto constatare l’attrice è molto impegnata in ruoli forti dove bisogna lottare, sia per se stessi che per aiutare qualcun altro. Non fa certo eccezione la sua più magistrale interpretazione nel ruolo di Suor Helen Prejean (religiosa statunitense della congregazione delle Suore di San Giuseppe attiva contro la pena morte).
Dapprima scansata come assistente spirituale di un condannato a morte e della sua famiglia lei riesce a far breccia nell’animo di un condannato a morte (è da menzionare il gran lavoro di Sean Penn nei panni di Matthew Poncelet). La storia così si incanala verso una fine inesorabile ma con qualcosa che cambia il senso della vita sia della suora che dei parenti della vittima. Per capire la difficoltà di quegli anni delle attrici con cui Susan Sarandon si confrontava vediamo la premiazione e le sue avversarie di quell’anno.
I gloriosi anni Novanta della nostra protagonista terminano con due partecipazioni in cui affronta duramente, ma anche amorevolmente le sue “antagoniste” in Nemiche Amiche e La mia adorabile nemica. Nella prima storia dovrà scontrarsi con la solita strepitosa e sorridente Julia Roberts nel ruolo di Isabel. Lei è la nuova compagna del padre di Anna e Ben che non vedono di buon occhio, mentre stravedono per la loro madre; l’amore e la comprensione sarà l’arma vincente affinché si possa vivere in armonia pur non essendo amiche per la vita.
Nella seconda storia, invece, ciò che viene affrontato è il rapporto di eterno contrasto tra madre e figlia che vedrà una giovane ma già conosciuta Natalie Portman nei panni di una figlia che vuole una vita tranquilla al cospetto della madre che sogna per lei una vita da star.
Il nuovo millennio della Sarandon – Un ventennio pieno ma poco profittevole
La nostra diva di Hollywood è restia a stare ferma e nell’ultimo ventennio è riuscita a partecipare ad oltre quaranta interpretazioni che la vedono sempre in prima linea in storie pregnanti di amore, lotta ma anche situazioni profonde, talvolta non molto ben comprese dalla critica. Il nuovo millennio inizia più o meno come gli altri, con pellicole non proprio di grande successo.
Bisognerà aspettare il 2004 per vedere la Sarandon in grande spolvero in una storia piena di amore che vede come protagonista l’uomo dalle scene ad effetto, ovvero Richard Gere (da Ufficiale gentiluomo a Pretty Woman) che in Shall we dance si ritrova in una crisi in cui la troppa normalità si trasforma in noia che però gli farà riscoprire ciò che potrebbe perdere con una Susan Sarandon secondo me molto intensa.
Nel primo decennio del nuovo millennio sono molteplici le sue interpretazioni, da Due amiche esplosive alle storie conflittuali in Verità negate o forse il più famoso Gli ostacoli del cuore per finire con Speedracer che la vede madre di un pilota in un fantomatico circuito preso in prestito dal videogioco Superauto Mach 5. Il 2010 si apre con un film che anche alla stessa attrice ha fatto particolarmente effetto e che ha dichiarato: “Peacock è molto strano, quasi minaccioso.”
Nell’ultimo decennio tra le pellicole più fortunate ci sono Cloud Atlas, film fantascientifico che ha registrato il record di budget per un film indipendente; Snitch -L’infiltrato, in cui si troverà nei panni di un avvocato accanto a Dwayne Douglas Johnson conosciuto come The Rock in cui lui verrà aiutato a salvare il figlio condannato ingiustamente; sia in Snitch che in The last of Robin Hood vengono raccontate storie vere, tra l’altro quest’ultima ripercorre gli ultimi anni di vita dell’attore Errol Flynn.
Mentre tra le pellicole più spassose e romantiche ci sono The Meddler – Un’inguaribile ottimista in cui cerca di aiutare tutti ma alla fine tutto ruota intorno alla figlia; mentre nel ruolo di se stessa la troviamo in Zoolander 2; infine, il ritorno sulle scene di Jesus Quintana (John Turturro) in Jesus Rolls in cui tra le tante avventure con il suo amico Petey (Bobby Cannavale) incontrano Jean per continuare le loro pazze avventure.
Susan Sarandon e i suoi amori, dagli uomini ai figli che non sperava di avere
Eccoci ora alla parte di cui ti avevo accennato all’inizio. La giovane Susan, spinta da un forte senso di ribellione, decide di seguire il suo fidanzato, Chris Sarandon, iscrivendosi anche lei alla scuola recitazione. Infatti, anche in più interviste rilasciate lei stessa ammette che si è fatta trasportare da ciò che la vita le presentava; forse per questo ha mantenuto questa giovinezza interiore che l’ha portata a diventare quasi settantenne a ricevere il riconoscimento come ambasciatrice della bellezza.
Fatto sta che i due innamorati si sposano anche se non condivideranno le stesse scene del set, come invece accadde alla fine del suo matrimonio quando incontrò il regista Louise Malle. Di qui i due instaureranno un rapporto molto intenso ma altrettanto breve. Infatti, la relazione durerà due anni ma li vedrà insieme nei rispettivi ruoli in Pretty Baby e Atlantic City, USA; quest’ultimo permetterà al cineasta di vincere il Leone d’Oro.
In quegli anni fece eco nei giornali rosa la breve love story con il Duca Bianco (David Bowie) mentre giravano il film diretto da Tony Scott, Miriam si sveglia di notte. Anche se gli anni Ottanta furono produttivi dal punto di vista cinematografico non ebbero la risonanza sperata così come il flirt con Sean Penn; forse è anche grazie alla sua partecipazione nel ruolo di condannato a morte che Susan Sarandon vince l’ambita statuetta scivolata dalle mani nel 1991.
Susan Sarandon e il diventare madre inconsapevolmente
Anche se è sempre stata una donna libera non ha mai rinunciato ad essere madre pur sapendo che a causa di una malattia non poteva avere figli. Negli anni Ottanta avere figli alla soglia dei quaranta era molto difficile. La breve relazione avuta con il regista nostrano Franco Amurri fece realizzare il desiderio della Sarandon, che dette alla luce Eva. Ancora incredula, ha così esordito qualche anno fa quando è diventata nonna a proposito della figlia Eva, che ha recitato con lei in Dead Man Walking:
Non vedo l’ora di scoprire come reagirà mia figlia alla maternità, vedere la sua gioia e il suo stupore di fronte a questo grande cambiamento. Se riesci a crescere i figli in modo che diventino degli adulti che inviteresti volentieri a cena allora hai vinto!
La stabilità amorosa arriva con l’attore e regista Tim Robbins, suo compagno per vent’anni dal quale ha avuto due figli, Jack Henry e Miles. Anche in questo caso galeotto fu una pellicola a cui ti ho accennato, ovvero Bull Durham. L’ultima storia pubblicamente riconosciuta è il suo rapporto con un uomo più giovane di lei di quasi trent’anni, Jonathan Bricklin. Poco dopo la rottura con lo stesso Bricklin lei stessa dichiarò che le mancava l’amore. A tal proposito si è sempre chiesta come mai molti attori non partecipassero a pellicole di storie d’amore una volta superato il mezzo secolo di vita.
“C’è una tendenza ad Hollywood di chiamare gli ultra cinquantenni per fare o una madre in guerra o la moglie tradita; oppure una donna anziana che affronta la malattia allo stato terminale in conflitto con le sue antagoniste; come se il lato sessuale sparisse dopo i cinquanta non esistesse“.
A tal proposito lei stessa si meravigliò, leggendo la storia di Thelma e Louise, di come non c’era una lotta tra due donne per il loro posto ma solo due amiche a pari livello; lei stessa ammise che il merito era di un grande Ridley Scott che fece diventare la pellicola un cult. Di certo ciò che possiamo dire è che amiamo il suo impeto femminile e anche un po’ sanguigno, dovuto forse ad un quarto di sangue italiano che le permette di avere quell’energia sprizzante che è inarrestabile, anche ora che ha compiuto settantaquattro anni pochi giorni fa. Ora ti lascio a un’intervista dal profumo di agrumi della Sicilia rilasciata al Taormina Film Festival.