Argo (Id.)
Regia: Ben Affleck; soggetto: dal libro autobiografico di Tony Mendez Master of Disguise: My Secret Life in the CIA (1999) e dall’articolo The Great Escape: How the CIA Used a Fake Sci-Fi Flick to Rescue Americans from Tehran (2007) di Joshuah Bearman; sceneggiatura: Chris Terrio; fotografia: Rodrigo Prieto; scenografia: Sharon Seymour; costumi: Jacqueline West; colonna sonora: Alexandre Desplat; trucco: Mike Westmore; effetti speciali: Brett Angelillis; montaggio: William Goldenberg; interpreti: Ben Affleck (Tony Mendez), John Goodman (John Chambers), Alan Arkin (Lester Siegel), Bryan Cranston (Jack O’Donnell),Victor Garber (Ken Taylor), Christopher Denham (Mark Lijek), Clea DuVall (Cora Lijek), Tate Donovan (Bob Anders), Rory Cochrane (Lee Schatz), Kerry Bishé (Kathy Stafford), Kyle Chandler (Hamilton Jordan), Bob Gunton (Cyrus Vance), Titus Welliver (Jon Bates), Michael Parks (Jack Kirby); produzione: George Clooney, Grant Heslov, Ben Affleck per GK Films, Smokehouse Pictures, Warner Bros; origine: USA – 2012; durata: 120’/ 129′ (Director’s Cut).
Trama
Teheran, 4 novembre 1979. Durante la rivoluzione islamica guidata alcuni militanti irrompono nell’ambasciata americana prendendo in ostaggio 52 persone del corpo diplomatico. Sfuggono alla cattura in sei, rifugiandosi presso la residenza dell’ambasciatore canadese Ken Taylor, che li nasconde a proprio rischio e pericolo. Negli Stati Uniti l’agente della CIA Tony Mendez (Affleck) viene incaricato di organizzare l’esfiltrazione dei 6 fuggitivi. Ispirato dal figlio, pianifica una missione sotto copertura secondo la quale questi ultimi si fingeranno membri di una troupe cinematografica canadese, in cerca di paesaggi esotici per un film di fantascienza. Mendez e il suo supervisore O’Donnell contattano il truccatore hollywoodiano John Chambers (Goodman) che li presenta al produttore cinematografico Lester Siegel (Arkin), con il quale mettono su un finto studio di produzione e pubblicizzano la futura uscita di Argo, film epico di fantascienza ispirato al libro di Roger Zelazny Signore della luce: la copertura è pronta. Mendez atterra in Iran travestito da produttore cinematografico e riesce a mettersi in contatto con i fuggitivi, nel frattempo sempre più nervosi e sfiduciati. L’agente li rifornisce di documenti falsi e passaporti canadesi contraffatti per superare i controlli all’aeroporto. Disperati essi accettano il rischioso piano, che vedono come l’ultima speranza di scappare alla polizia, ormai sulle loro tracce poichè gli iraniani stanno ricostruendo le foto delle sei persone scomparse, triturate dal personale prima della fuga. Dopo una sfortunata incursione in un bazar per girare qualche immagine fittizia, Mendez viene a sapere che la CIA intende cancellare la sua operazione perchè ritenuta in conflitto con un’altra azione in corso. L’agente si ostina e convince O’Donnell a ottenere una nuova autorizzazione per la missione e a prenotare i biglietti aerei necessari. All’aeroporto il drappello guidato da Mendez viene fermato per un controllo a sorpresa ma, proprio quando sembra tutto perduto, il gruppo riesce ad imbarcarsi sul volo, pochi istanti prima che l’aereo venga fermato dalla polizia, giunta sul posto con le foto dei sei fuggitivi. Per evitare ritorsioni, il presidente USA attribuisce il merito dell’operazione all’esecutivo e all’ambasciatore e del Canada, anch’egli riuscito a rientrare in patria con la moglie. Mendez viene insignito della Intelligence Star per la sua coraggiosa impresa. Il film si chiude con un discorso dell’ex presidente Carter che ricorda il successo dell’operazione, ormai desecretata.
Un rischio calcolato
Ben Affleck non è certamente l’ultimo arrivato a Hollywood. Attore di successo, ha ottenuto premi come sceneggiatore in compagnia dell’amico Matt Damon, prima di dedicarsi alla regia. Dopo Gone Baby Gone nel 2007, il suo secondo film The Town (2010) concorre al Festival di Venezia e sorprende la critica, che lo giudica un po’ rozzo ma efficace. Quando George Clooney e Grant Heslov decidono di produrre una sceneggiatura di Chris Terrio, basata su un’autobiografia di un ex agente della CIA e su un articolo giornalistico apparso su Wired, lo associano all’impresa cui egli aderisce con entusiasmo, tenendo per sè la regia e il ruolo da protagonista. Con un budget di 44 milioni di dollari, Affleck gira Argo tra Istanbul (usata per gli esterni), Los Angeles, Washington D.C. e l’aeroporto internazionale di Ontario, in Canada. Il risultato è un film che mescola sapientemente più generi, tenendo alta la tensione, senza dimenticare l’ironia e l’accuratezza storica. Presentato al Toronto Film Festival, all’uscita nelle sale Argo viene salutato dalle lodi della critica, soprattutto in patria. Sorprende la capacità di Affleck di tenere le redini di un film dalla struttura complicata ma dalla trama semplice, che non scade mai nella banalità, strizzando l’occhio al patriottismo del quale la cultura cinematografica americana è il simbolo. Sull’onda anche dei buoni incassi – alla fine della corsa 232 milioni di dollari nel mondo – il film strappa due Golden Globe di peso a gennaio (miglior film drammatico e miglior regia), presentandosi al Kodak Theatre di Los Angeles con 7 nomination all’Oscar, partendo come outsider dietro pellicole più quotate.
Il racconto del redattore
La cerimonia di consegna viene affidata ad un esordiente: è Seth MacFarlane, animatore e doppiatore geniale ad intrattenere il pubblico durante la serata degli Oscar, trasmessa ancora una volta sul network ABC. I favoriti sono l’edificante biografia Lincoln diretta da Steven Spielberg, che parte con 12 nomination e l’innovativo e commovente Vita di Pi del taiwanese Ang Lee con 11 segnalazioni. Il primo vede ridursi le molte candidature a due soli premi, alla scenografia (e decorazione del set) e allo straordinario, talentuoso Daniel Day Lewis che sbaraglia la concorrenza per la terza volta vincendo come attore protagonista, nella parte dell’illustre presidente. Migliore la sorte del secondo favorito, con 4 statuette alla regia, alla fotografia, agli effetti speciali e alla colonna sonora. Nella rosa dei finalisti figurano altri lavori notevoli come Zero Dark Thirty, secondo frutto della collaborazione tra Katryn Bigelow e Mark Boal dopo The Hurt Locker (che secondo me gli è inferiore) con una magnetica Jessica Chastain, che si limita a vincere per il montaggio sonoro, ex aequo con l’ultimo film di James Bond Skyfall. Quest’ultimo, con la canzone omonima, ottiene un secondo riconoscimento che va alla popstar Adele. Impossibile poi ignorare l’atipico western di Quentin Tarantino Django Unchained, nel quale il vulcanico regista inietta sane dosi di violenza, meritando L’Oscar per la sceneggiatura originale e l’attore non protagonista Cristhoph Waltz, alla seconda statuetta consecutiva dopo Bastardi senza Gloria. Notevole lo spettacolare musical Les Misérables che regala il premio come migliore attrice non protagonista ad Anne Hathaway, imponendosi anche per il trucco (che da questa edizione diventa “trucco e acconciatura”) e per il suono. Ha 5 nomination il delicato Amour di Michel Haneke, miglior film straniero dell’anno, mentre 4 infruttuose candidature spettano al singolare Re della terra selvaggia, una delle rivelazioni dell’annata. La storia d’amore e follia Il lato positivo di David O. Russell porta fortuna alla ventunenne Jennifer Lawrence, miglior attrice protagonista dell’anno, che per l’emozione inciampa andando a ritirare il premio e non sta più nella pelle. Dopo il premio alla sceneggiatura non originale per Chris Terrio e quello al montaggio per William Goldenberg sono in molti a credere che Argo possa accontentarsi, ma a sorpresa il sornione Jack Nicholson lascia spazio alla First Lady Michelle Obama, che annuncia la vittoria come miglior film. Sul palco un riconoscente Grant Heslov lascia la parola a Ben Affleck, vera anima del film (in alto il link del filmato).