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Lettura: Charles Bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un’icona senza tempo tra il West, l’amore e la notte
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Charles Bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un’icona senza tempo tra il West, l’amore e la notte

Il duro di Hollywood dall'animo sensibile

Alberto Galeno 30 secondi fa Commenta! 37
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Charles Bronson, pseudonimo di Charles Dennis Buchinsky, è stato, come molte altre grandi star hollywoodiane, un uomo niente affatto banale e ordinario. Riconosciuto universalmente per essere stato un duro e un uomo tutto d’un pezzo, con quell’aspetto fisico e quel volto indubbiamente rude, ma a cui faceva da contraltare un’anima sensibile, passionale ed estremamente devota in amore, testimoniata da quei bellissimi occhi azzurri, tanto valorizzati da Sergio Leone in memorabili primissimi piani in un suo celeberrimo film di cui parleremo più avanti.

Contenuti
Charles Bronson. I primi anni tra difficoltà familiari e guerra (1921-1945)Charles Bronson. (1945-1960). Gli anni dopo la guerra, l’amore e i primi ruoli cinematograficiCharles Bronson. Gli anni del successo al cinema e l’amore di una vita (1960-1968)Charles Bronson. Un grande amore da difendere ad ogni costoCharles Bronson. Sergio Leone e l’ultimo saluto al Western (1968-1971)Charles Bronson. Il Giustiziere della Notte e l’addio a Jill e al cinema (1974-1998)Charles Bronson. L’ultimo matrimonio, l’addio e il suo lascito nella cultura moderna (1998-2003)
Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Perché, certo, racconteremo in questo viaggio alla scoperta del mito di Charles Bronson, le pieghe di una carriera cinematografica indubbiamente di grandissimo pregio, ma cercando di smussarne i lati più scontati, descrivendone anche il lato umano che lo contraddistingueva, senz’altro falsamente accentuati da quel viso spigoloso e da una vita fin dal principio molto dura.

Un’esistenza vissuta tra estrema povertà e voglia di emergere in un mondo come quello del cinema, per lo più composto da attori patinati, bellissimi ed estremamente eleganti in copertina: il suo volto rude, al contrario, fatto di durezza ed estrema determinazione ad arrivare alla meta, sebbene, una volta raggiunta, questa non fosse che solo un’ulteriore tappa della sua straordinaria vita a cui solo la morte avrebbe potuto porre fine.

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“Quando morirò, voglio che sulla mia tomba ci sia scritto ‘Sono arrivato’, perché secondo me quando ti senti arrivato vuol dire che sei morto.”

Charles il suo assai complicato viaggio terreno, lo ha concluso il 30 agosto del 2003, a 81 anni d’età, in un ospedale a Los Angeles, falcidiato da diverse malattie che, solo in combinata, riuscirono a piegare e alla fine avere la meglio sulla leggenda hollywoodiana, non partita certamente ai nastri di partenza tra i favoriti per arrivare al successo terreno e successivamente alla leggenda post-mortem, ma la cui fame di arrivare ha piegato il destino avverso dalla sua parte.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte
Charles bronson nel 1963

Noi, timidamente e speranzosi di non farlo arrabbiare ovunque lui sia, cercheremo di delinearne il ritratto tra cinema e vita privata.

Dai magnifici anni di colui che non si accontentò del West, ma che, uscendo da esso, da una mitica porta cinematografica durante una splendida giornata di sole, decise un giorno di oltrepassarne i confini antichi, arrivando sulle malfamate strade cittadine, sue strette contemporanee, per diventarne il Giustiziere perchè se il sole, nella prima parte della sua vita, ne aveva corazzato il viso, la pelle coriacea e il carattere, dopo il tramonto, rimaneva la Notte a doverlo affrontare a viso aperto e noi, in questa sorta di oscurità umilmente ci inoltriamo alla scoperta del mito di colui che era una volta, e per certi versi ancora è, Charles Bronson.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Charles Bronson. I primi anni tra difficoltà familiari e guerra (1921-1945)

Charles Bronson, pseudonimo di Charles Dennis Buchinsky, nasce a Ehrenfeld, una piccolissima borough nella Contea di Cambria nello Stato della Pennsylvania il 3 novembre 1921. Le origini sono fin dal principio molto complicate: undicesimo di quindici figli di Walter Buchinsky, di etnia tatara di Lipka, e Mary Valinsky, immigrati lituani trasferitisi lì in cerca di un futuro migliore per loro e i loro figli. La situazione diventa ancora più complicata quando Charles ha soli dieci anni: infatti, il padre muore a causa del lavoro in miniera in cui era impiegato, cosa purtroppo affatto rara per il tempo.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Rimasto solo con la madre e la metà dei suoi fratelli, perché gli altri morirono appena nati, fu l’unico a terminare la scuola media per poi fare lo stesso lavoro di suo padre. Guadagnava però poco, troppo poco, considerando che era colui che estraeva più carbone degli altri. Si narra, addirittura, che la sua famiglia era talmente povera che per andare a scuola era costretto a indossare gli abiti delle sorelle, poiché non aveva altri indumenti da mettersi.

Tutti segni questi di un piccolo uomo, non affatto pauroso di prendere drastiche decisioni anticonvenzionali per sopravvivere in un mondo complicato. Questo, infatti, sarà solo il primo dei molti difficili passi verso la futura gloria cinematografica.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Riesce a diplomarsi al liceo con grandi sacrifici e svolge svariati umili e faticosi lavori per sbarcare il lunario: dal minatore, come il padre, allo spazzino, fino ad arrivare a fare il manovale e il cameriere.

Essendo un duro tra i duri, non esita ad arruolarsi nell’esercito per partecipare, durante i primi anni quaranta, e combattere attivamente durante il secondo conflitto mondiale.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte
Charles Bronson in versione gangster ne La legge del mitra (maggio 1958) di Roger Corman.

Un altro dei problemi con cui dovette scontrarsi, oltre alla morte in giovanissima età del padre, l’estrema povertà, la numerosissima famiglia con cui condividere la sorte e i precari lavori che dovette fare per aiutare il proprio e molto ampio nucleo familiare, era anche il problema della lingua. I genitori, infatti, essendo immigrati lituani, non si uniformarono mai al tessuto linguistico del paese che li ospitava, non parlando minimamente inglese.

L’attore era dunque madrelingua lituano e russo, e anche l’inglese, quindi si presentava come una sfida di non poco conto.

Solo a quattordici anni incominciò realmente a parlarlo, seppur assai zoppicante, come normale che fosse per un ragazzo abituato quotidianamente a comunicare, e conseguentemente costretto ad ascoltare tutt’altro idioma, tanto estraneo al tessuto culturale del paese in cui era cresciuto, al punto che, durante la guerra, con molti dei suoi commilitoni, loro si americani fin nel midollo, a causa del suo accento pensavano non fosse neppure americano e da chissà quale galassia fosse venuto per parlare un americano così stentato.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte
Charles Bronson sul set de I leoni della guerra nel 1976.

Probabilmente i suoi compagni di battaglia non avrebbero mai immaginato come quel ragazzo così fuori dagli schemi sarebbe diventato, nel giro di una decina anni, una delle più importanti icone del cinema americano del secondo Novecento.

Il giovane Charles, dopo i drammatici eventi della guerra ed essersi fatto le ossa nel mondo dei grandi, era pronto a spiccare il volo e a mostrare il suo vero volto, il volto duro dell’America, pronto a mostrarsi e a farsi largo tra le più brillanti stelle della nuova Hollywood che nasceva in quegli anni, tra il vecchio mondo e il nuovo da ricostruire moralmente dopo una guerra e una depressione e recessione economica che avevano piegato anche l’America in quegli anni tanto complicati. Era il momento di gettare la maschera e rivelarsi...

Charles Bronson. (1945-1960). Gli anni dopo la guerra, l’amore e i primi ruoli cinematografici

La guerra aveva lasciato un segno profondo in Charles, per questo, una volta tornato alla vita di tutti i giorni, decise di smaltire le tossine della guerra e di colorare il suo allora mondo grigio con i colori dell’arte recitativa, dedicandosi con grande impegno agli studi di arte drammatica a Filadelfia incominciando a recitare in una compagnia teatrale del posto grazie a una borsa di studio ottenuta con grande impegno e sacrificio in pieno stile Charles Bronson.

Anche la vita sentimentale conobbe diversi sviluppi in questo suo periodo postbellico, come se, dopo tanto dolore e sofferenza, il cinema e l’amore fossero la meritata ricompensa a un’anima molto più profonda a quella che lo renderà conosciuto sul grande schermo.

Charles Bronson ebbe, infatti, una vita amorosa decisamente intensa, sposandosi ben tre volte; in questo e solo in questo, era molto simile a molti suoi colleghi del tempo o a quelli che lo avevano preceduto nella gloria della Vecchia Hollywood che fu. La prima moglie, nel 1949, fu Harriet Tendler (1929-2020), dalla quale ebbe due figli (Suzanne e Tony) e dalla quale divorziò dopo diciotto anni di matrimonio.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Un amore indubbiamente importante, ma certamente il grande amore più maturo e consapevole doveva ancora aspettare un po’ di anni prima di palesarsi in tutta la sua forza e bellezza, e su cui ci concentreremo tra non molto più nel dettaglio. Nel cinema, per molti anni ricoprì prevalentemente ruoli secondari: Il comandante Johnny, diretto da Henry Hathaway, padre della futura attrice Anne Hathaway, nel 1951, fu il primo ruolo cinematografico degno di nota che ebbe, sebbene la prima parte realmente da segnalare fu nel film La maschera di cera nel 1953 con Vincent Price protagonista.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Fu proprio in questi anni che decise di adottare il cognome Bronson. Nasceva così la leggenda di Charles Bronson, nome preso al volo da uno dei tanti cancelli che delimitano gli studi della Paramount a Hollywood, il Bronson Gate, vicino a Bronson Avenue, come se esorcizzando uno dei nomi dei cancelli chiusi potesse aprirsi a lui, giovane, molto povero e figlio di immigrati lituani, quel mondo tanto dorato contenente il Santo Graal della recitazione . 

Nella sua lunga carriera cinematografica, iniziata in questi primi anni cinquanta, ha spesso interpretato il prototipo del “duro“, proprio grazie a quei tratti particolari e contrastanti che contraddistinguevano il suo volto< così infatti veniva descritto ai tempi dagli addetti ai lavori: 

Occhi azzurri e miti in netto contrasto con l’atteggiamento freddo e burbero“.

Anni dopo, nemmeno lui si descriveva in maniera molto più generosa di quanto coloro che da fuori lo osservavano nella sua esteriorità, ben consapevole che se in apparenza quei tratti forti del suo volto potessero essere inizialmente un ostacolo verso il successo, potevano, se sfruttati nel giusto modo, al contrario non contenere una condanna, ma bensì un qualche cosa di diverso rispetto ai crismi più classici che il divo di Hollywood per antonomasia doveva possedere per entrare nei cuori di coloro che amano il cinema.

Assomiglio a una cava di roccia che qualcuno ha appena fatto saltare a colpi di dinamite”.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Quel viso scavato nella roccia, all’alba degli anni sessanta, era pronto per essere sbattuto sui grandi schermi e non è un caso che i due generi più “sporchi” della Hollywood del tempo fossero pronti ad accoglierlo: il Western e il genere bellico. Ma non solo il cinema in quei ricchi anni Sessanta aveva riservato delle dolci sorprese per Charles, ma anche l’amore era pronto a donargli l’amore di una vita. Un nuovo Charles Bronson stava per nascere dalle ceneri della sua vecchia esistenza…

Charles Bronson. Gli anni del successo al cinema e l’amore di una vita (1960-1968)

Gli anni sessanta, come accennato poco sopra, furono gli anni decisivi della sua carriera, fu infatti alba di quel decennio che ebbe la fortuna e la bravura di interpretare il ruolo del cowboy irlandese Bernardo O’Reilly nel cult western I magnifici sette (1960) di John Sturges, a fianco di un cast eccezionale composto da Yul Brynner, Steve McQueen, Eli Wallach, James Coburn e Robert Vaughn.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Altro ruolo fondamentale per Bronson fu quello del tenente colonnello Lee Brandon in Il leggendario X-15 (1961) e, successivamente, il tenente d’aviazione Danny Velinsky, “il re del tunnel”, ne La grande fuga (1963), anche qui diretto da John Sturges, affiancando Lee Marvin, Telly Savalas, George Kennedy, Ernest Borgnine, John Cassavetes e un giovane Donald Sutherland, con protagonista assoluto, ovviamente Steve McQueen.

Fu proprio l’incontro con Sturges a determinare una vera e propria svolta nella sua carriera, fino ad allora di basso profilo, recitando in un ruolo minore in un suo film chiamato Sacro e profano nel 1959, dove Sturges intravide il potenziale fisico e recitativo di questo non più giovane attore, così poco convenzionale per i tempi, ma forse proprio per questo, con quel qualcosa in più che lo potesse far definitivamente emergere dalla massa, e il remake de I Sette Samurai di Kurosawa e La Grande Fuga furono determinanti a spianare la strada al già più che trentenne attore nativo di Ehrenfeld.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Con Sturges, Bronson riuscì a trovare il mentore di cui aveva bisogno per spiccare il volo nel controverso cielo di Hollywood, e da quel momento in poi incominciò ad alternare pellicole di diverso genere: nel 1967 fu in Quella sporca dozzina uno dei tanti capolavori di Robert Aldrich, candidato a quattro premi Oscar, ottenendo quello per gli effetti speciali.

L’anno dopo, fu il mezzosangue Teclo nel western francese I cannoni di San Sebastian (1968) di Henri Verneuil e contemporaneamente collaborò con il regista Jean Vautrin per il suo primo film, affiancando un altro astro nascente del cinema come Alain Delon nel thriller-drammatico Due sporche carogne – Tecnica di una rapina (1968).

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Nel 1963, però, fu un altro incontro a determinare la vita privata dell’attore. Nel 1963, durante le riprese di La grande fuga, McCallum presentò il coprotagonista del film, Charles Bronson per l’appunto, a Jill Ireland, sua moglie sposata nel 1957 e con la quale l’attore scozzese aveva già tre figli. E tra i due fu immediato il colpo di fulmine.

Questo non fermò Bronson, uomo da sempre determinato e tutt’altro incline ad arrendersi e a ricevere un no dalla vita senza restituirne con gli interessi il maltorto subito: sebbene entrambi fossero sposati, infatti, Charles i innamorò perdutamente di Jill, tanto da gettare il guanto di sfida al collega e a dire apertamente a McCallum:

Sposerò tua moglie. ”

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte
CHARLES BRONSON and DAVID McCALLUM in THE GREAT ESCAPE, 1963, directed by JOHN STURGES. Copyright MIRISCH/UNITED ARTISTS.

Uomo di poche parole, ma di molti fatti, Bronson, fin da subito fu ben determinato ad andare fino in fondo al suo proposito, mettendo apertamente le carte sul tavolo al collega di set, ma McCallum legittimamente non prese a quel tempo troppo sul serio la velata minaccia al suo matrimonio, pensando magari fosse uno scherzo tra colleghi destinato a finire in un nulla di fatto. Ma Bronson non era certo un tipo incline a scherzare quando c’era qualcosa, o meglio qualcuno, di profondo da ottenere e legare a sé per la vita, come era Jill in quello specifico caso.

Era infatti un nuovo punto di inizio della sua vita professionale e sentimentale, un capitolo tutt’altro che inferiore e meno importante del precedente.

Charles Bronson. Un grande amore da difendere ad ogni costo

Sei anni dopo, nel 1968, mantenne la parola data al collega scozzese: sposò Jill, l’anno successivo al divorzio da McCallum, mentre lui già nel 1965 aveva formalizzato il divorzio dalla prima moglie, Harriet Tendler. Tra Charles e Jill iniziò non solo una meravigliosa storia d’amore, ma anche una collaborazione professionale proficua e fissa in molti film d’azione, tra i quali Città violenta (1970) di Sergio Sollima e nella serie de Il giustiziere della notte.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Ma più che l’esperienza di set, fu la vita privata a regalare le maggiori soddisfazioni alla coppia. Insieme ebbero una figlia, Zuleika, nel 1971, e ne adottarono un’altra, Katrina, vivendo insieme fino al prematuro decesso di Jill avvenuto nel 1990 e di cui parleremo più avanti. Dal momento in cui si incontrarono e decisero di stare insieme, non si lasciarono più.

Oltre all’amore per le figlie nate e cresciute nel loro felice matrimonio, ci furono anche altri episodi, più nascosti e apparentemente non troppo degni di nota a mostrare l’indole non solo di duro, ma anche di uomo devoto che Bronson aveva verso Jill.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Nei primi anni Settanta, Charles Bronson e Jill Ireland avevano deciso di concedersi una pausa dai vari impegni in cui erano coinvolti. Erano, infatti, anni intensi, pieni di set, viaggi e impegni pubblici, ma Jill aveva bisogno di riposo: da tempo l’attrice conviveva con vari problemi di salute, e quel soggiorno in un resort europeo era stato scelto per la sua tranquillità. Nessun copione, nessuna telecamera. Solo silenzio, mare e un po’ di normalità.

Ma la pace durò poco. Un pomeriggio, mentre Jill camminava lungo la riva, un fotografo di tabloid riuscì a eludere la sicurezza e a introdursi nella zona riservata agli ospiti. Cominciò a scattare senza permesso, invadendo il momento privato di una donna che stava solo cercando un legittimo momento di serenità. Jill cercò di coprirsi il volto, girandosi di lato, sperando che smettesse, ma l’ostinato paparazzo non lo fece.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Charles, però, era tutt’altro che assente e distratto e, osservando il prolungarsi della scena, si avvicinò sperando che la sua sola presenza bastasse per essere più convincente della moglie e magari chiudere la questione sul nascere in maniera pacifica e serena. Charles, per chi lo conosceva bene, raccontava che non fosse un uomo tendente ad alzare la voce o a scenate esagerate: nemmeno in questo caso, perse le staffe, almeno inizialmente.

Si limitò, dapprincipio, semplicemente a dire con tono fermo al fotografo impertinente poche e semplici parole nel suo stile laconico, sì, ma estremamente deciso:

“È finita. Te ne vai.”

Ma l’uomo, imperterrito e a caccia di quelle foto, non si mosse al gentile invito della star de I Magnifici Sette. Anzi, insistette nel suo fastidioso mestiere di ficcanaso, nell’importunare Jill con la sua macchina fotografica, cercando di giustificarsi con la star hollywoodiana affermando di stare svolgendo solo il suo mestiere. Allora Bronson, visto che con le parole non era riuscito a risolvere la situazione, decise di mettersi davanti all’obiettivo, spingendo leggermente via la macchina fotografica, provocando la reazione stizzita del fotografo che, con stizza, reagì al gesto poco simpatico di Bronson.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Fu allora che Charles, per mettere a parola fine una volta per tutte alla questione, con un solo pugno ben assestato alla spalla, chiuse la spiacevole querelle. Senza rumore, senza spettacolo. Il fotografo, a quel punto, fu costretto a lasciar cadere la macchina fotografica e, mestamente e risentito, decise saggiamente di battere in ritirata.

La notizia da lì a poco uscì e per i giornali scandalistici fu l’occasione perfetta per parlare del violento Bronson: titoli sensazionalistici come “Bronson perde la testa sulla spiaggia” incominciarono a comparire in prima pagina.

Ma chi era presente raccontò un’altra storia ben meno sensazionalistica, ma decisamente più umana. Una coppia britannica, in vacanza nello stesso resort, scrisse addirittura una lettera al Times, per difendere il futuro Giustiziere della Notte:

Non fu un accesso d’ira, fu un atto d’amore. Era evidente che lei aveva bisogno di lui”.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Un atto, quindi, se da una parte legittimamente poteva essere considerato violento e da biasimare, nascondeva anche un gesto d’amore e di protezione verso la creatura amata in difficoltà e in condizioni psico-fisiche tutt’altro che ottimali per potersi difendere da sola da un insistente paparazzo.

Quella sera, durante la cena, Charles ne parlò anche con un amico dello spiacevole episodio. Non con vanto, né con rabbia, ma con una calma quasi stanca, senza però pentirsi del gesto compiuto all’impertinente fotografo. Si limitò a dire soltanto all’amico:

Se qualcuno ci riprova, se la vedrà con me. E stavolta uscirà di lì in ambulanza.”

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Parole tutt’altro che pacificatrici, ma che anzi facevano intravedere il vero Bronson violento, quello dei film, e che la stampa da lì a poco a quel spiacevole episodio avrebbe millantato di intravedere nella vita reale in quel singolo gesto di violenza provocato. Jill era al suo fianco, durante la pronuncia di queste parole, silenziosa. Non servivano parole: gli strinse la mano, comprendendo la carezza che si nascondeva in quel pugno. Molti anni dopo, nel suo libro Life Wish, Jill ricordò quel giorno come uno dei momenti in cui si era sentita più amata. Scrisse:

Charles non aveva bisogno di ripetermi ‘ti amo’. Lo mostrava. E quel giorno lo mostrò più di mille parole.”

Bronson, invece, raramente commentò pubblicamente l’episodio, non considerandolo evidentemente degno di essere raccontato ai quattro venti. Una volta, però, incalzato da un giornalista, decise di rispondere semplicemente, mettendo fine all’antica polemica con quel paparazzo:

Non potevo restare a guardare mentre trattavano mia moglie così. Avere una macchina fotografica non ti dà il diritto di comportarti da bullo.”

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Chi lavorava con lui notava spesso questa sua dualità: sul set era duro, impenetrabile, con quell’aura di uomo inflessibile che lo aveva reso leggenda in film come The Mechanic o Mr. Majestyk. Ma quell’aria da duro scemava all’improvviso qualora Jill fosse nelle vicinanze, magari sorridendo o ridendo, allora emergeva un lato diverso di Bronson: più tenero, quasi vulnerabile.

Cosa questa dimostrata proprio dal regista di Mr. Majestyk, Richard Fleischer, nei suoi appunti:

“Se volete vedere la parte più dolce di Bronson, guardatelo quando Jill ride.”

Quell’episodio sulla spiaggia non fu una rissa, né un capriccio di celebrità. Fu qualcosa di più semplice e più grande: un atto di protezione verso la donna amata per cui aveva scelto di rivoluzionare la sua vita e che stava attraversando un momento di salute ben poco piacevole. In un mondo in cui spesso la fama divora la privacy, Charles Bronson ricordò a tutti, con un gesto silenzioso ma deciso, che ci sono confini da non oltrepassare. E che dietro il mito dell’uomo duro, c’era un marito che amava profondamente sua moglie.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Un lato questo, che ebbe, da quel momento in poi, l’occasione di dimostrare soprattutto a telecamere spente, affrontando e supportando Jill nel difficile percorso di malattia che la sfortunata attrice dovette affrontare da lì a poco e per molti anni, e su cui tra non molto torneremo.

Charles Bronson. Sergio Leone e l’ultimo saluto al Western (1968-1971)

Tornando alla parte cinematografica della sua vita, nel 1968 viene ingaggiato da un pezzo da novanta del cinema di allora, Sergio Leone, insieme a un altro pezzo pregiato di Hollywood, ovvero Henry Fonda, e alla nostra Claudia Cardinale per il film che racconta il crepuscolo del cinema western: C’era una volta il West, a seconda di molti l’ultimo grande film del genere, dato che dagli anni settanta furono altri generi a riempire gli schermi americani e non solo.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

E forse non è un caso che nell’ultimo grande western, tra gli altri dovessero esserci due leggende del genere come Charles Bronson ed Henry Fonda, tra i più rappresentativi del tempo.

In verità, prima dell’anno 1968, il regista Sergio Leone aveva una vera e propria passione per Charles e cercò più volte di coinvolgere l’attore americano per i suoi progetti. A partire proprio da Per un pugno di dollari. Purtroppo, però, per Charles Bronson non fu preso dallo stesso sentimento a spingerlo ad accettare ciecamente il regista italiano, allora sconosciuto, e gentilmente rifiutava le sue avance cinematografiche per un semplice motivo: non conosceva ancora tutto il potenziale del regista italiano.

Ora sappiamo com’è andata la storia e, una volta visto l’immenso valore di Sergio Leone nella trilogia del dollaro e della fortuna che avevano avuto attori fino ad allora sconosciuti come Clint Eastwood, decise che con C’era una volta il West era venuto il momento di compensare quella madornale svista.

Il risultato fu uno dei più grandi western della storia del cinema, con una straordinaria interpretazione, tra gli altri, di Bronson, a far dimenticare il madornale malinteso del passato, arrivando con quel meraviglioso finale con il primo piano dei suoi occhi azzurri, la commovente e malinconica colonna sonora di Morricone e una nuova civiltà fuori da quella porta ad aspettare l’America che sarebbe venuta da lì a poco e che attendeva anche lui al di là del genere western, da quel momento in poi destinato a essere un genere tra i tanti e a finire, anno dopo anno, nelle retrovie del grande cinema, a parte isolati casi.

Charles comunque proseguì la sua carriera ormai di attore di assoluto valore e riconosciuto da tutti, ancora nel genere western. Nel 1971 ebbe anche l’onore di vincere il premio speciale del Golden Globe, l’Henrietta Award, e nello stesso anno fu diretto da Terence Young nel western Sole rosso, con Alain Delon, Toshirō Mifune e Ursula Andress.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Con quest’ultimo sole rosso, tipico colore del sole al principio e alla fine del giorno, si concluse la meravigliosa storia d’amore tra Bronson e il genere western. La sua pelle coriacea aveva preso tutto il sole possibile di quel genere destinato a tramontare da lì a poco per lasciare spazio al mondo che, sulla soglia del giorno, spingeva, come quello poliziesco e metropolitano, spesso notturno e oscuro, e in cui Bronson ora si inoltrava silenzioso con le telecamere a suo seguito pronte a seguirlo per questa nuova epoca cinematografica.

Charles Bronson. Il Giustiziere della Notte e l’addio a Jill e al cinema (1974-1998)

Per un ventennio, dal 1974 al 1994, Bronson legò il suo volto al mitico personaggio del giustiziere urbano Paul Kersey nella popolare serie Il giustiziere della notte (Death Wish), tratta dal romanzo omonimo di Brian Garfield del 1972, in cui il personaggio, interpretato in maniera sublime dal volto impassibile di Bronson, pronto a tutto pur di liberare il mondo dalla feccia della società che, con violenza, gli aveva portato via il suo, in una sorta di Kaiser Söze ante litteram.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Purtroppo, anche la vita privata in quegli anni ricominciò a rivelarsi assai complicata dopo tanti anni felici, a parte qualche sporadico episodio spiacevole come raccontato in precedenza. Nel 1984, a Jill, da diverso tempo già parecchio cagionevole di salute, le venne diagnosticato un cancro al seno, cosa però che non impedì alla signora Bronson di coraggiosamente lottare, prendendo forse anche un po’ dal marito quello spirito combattivo utile per lottare fino all’ultimo contro la malattia.

In quel momento tanto difficile iniziò a scrivere, diventando portavoce della ACS (American Cancer Society) e testimoniò sul costo delle spese mediche davanti al Congresso americano nel 1988. Per la sua lotta contro il cancro, venne insignita dall’allora presidente Ronald Reagan con l’onorificenza Medal of Courage.

Charles le fu vicino amorevolmente durante la malattia che durò sei anni, fino alla morte dell’attrice nel 1990, e che lasciò in Charles un vuoto incolmabile da colmare e anche quel sorriso speciale che Jill provocava in lui, diventò sempre più spento fino a chiudersi completamente.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte
Charles Bronson al Festival di Cannes 1987

Anche l’amore per il cinema, infatti, in quegli anni si spense mestamente e a parte qualche film come Lupo solitario (Indian Runner) con alla regia Sean Penn nel 1990 e l’ultimo capitolo de Il Giustiziere della Notte 5 nel 1994 e qualche film televisivo, la sua carriera, conseguentemente, con il suo stato di salute sempre più precario, gli consigliò saggiamente di ritirarsi nel 1998.

Il sole della recitazione, con la morte di Jill e l’avanzare della malattia, era svanito e quei pochi squarci di luce artificiale, utili per illuminare alcune porzioni di notte, non erano più sufficienti: era il momento e, in maniera silenziosa, di avvicinarsi alla notte vera e propria comune a tutti, senza telecamere stavolta a seguirlo, perché come amava dire:

Non sono il tipo che si appoggia alla mensola del caminetto con un cocktail in mano.”

Charles Bronson. L’ultimo matrimonio, l’addio e il suo lascito nella cultura moderna (1998-2003)

Charles Bronson, allontanatosi dal cinema e dalle luci della ribalta, trovò un poco di consolazione in diverse e altre passioni come l’amore per i cavalli, per l’arte e per la cultura in generale, segno di un uomo dietro l’aspetto da freddo e spietato giustiziere spesso interpretato al cinema, si nascondesse una delicata e sensibile anima. Sebbene il grande amore di una vita se ne fosse andato, Charles si sposò una terza volta nel 1998 con Kim Weeks, di quarant’anni più giovane di lui, con cui lavorò negli anni precedenti in Sospetti in famiglia (1995) e Sospetti in famiglia 2 (1997).

Scelta che fece discutere ai tempi, ma in cui forse è rintracciabile una voglia di ripercorrere in quegli ultimi anni la serenità che aveva avuto precedentemente con l’amata e indimenticata July, con cui aveva condiviso set e molti anni di vita. Una sorta di passato da rivivere nel poco presente che rimaneva da vivere.

Nell’agosto 1998 subì un intervento di protesi d’anca. Nell’ultimo periodo poi arrivarono in combinata la malattia di Alzheimer e un carcinoma del polmone, certamente non aiutato dalla poco salutare abitudine di Bronson di fumare spesso la pipa.

Charles bronson (1921-2003). Ritratto di un attore. Un'icona senza tempo tra il west, l'amore e la notte

Morì alla fine di polmonite il 30 agosto 2003 al Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles, dove era ricoverato ed ora è sepolto nel cimitero di Brownsville a West Windsor nel Vermont, vicino casa sua. Il suo addio terreno e silenzioso però non ha spento la fama di cui gode ancora oggi.

Per terminare questo affascinante viaggio nella vita di quest’icona di Hollywood, potremmo citare due esempi di come il suo nome sia sopravvissuto oggi.

Perché se l’allora Charles Dennis Buchinsky aveva preso il cognome da uno dei cancelli di Hollywood in cui sognava di entrare, Michael Gordon Peterson, uno dei più famosi criminali britannici, per rendere il suo nome ancora più leggendario scelse, per una parte della sua vita, di cambiare identità, prendendo impropriamente nome e cognome del famoso attore, per ricalcarne nella vita reale le gesta di giustiziere ai confini della legge che Bronson aveva reso mitico con i suoi cinque film e con molti altri sulla falsa riga del giustiziere della notte.

E se sul grande schermo il suo mito è stato ripreso, per esempio da Bruce Willis, uno degli eredi di quel cinema action che Bronson ha contribuito a rendere famoso, ne ll Giustiziere della Notte nel 2018, o ancora indietro ripreso da un altro attore, come Jason Statham in due capitoli di The Mechanic – Professione assassino nel 2011 e nel 2016, riprendendo il medesimo personaggio interpretato da Charles Bronson nell’omonimo film del 1972.

Per chiudere con una nota di colore e umoristica e nel sottolineare l’importanza nella cultura popolare americana di Charles Bronson, anche I Simpsons spesso hanno citato, più o meno indirettamente, come il personaggio Rainier Wolfcastle, parodia di Charles Bronson e Arnold Schwarzenegger, e nel suo film “Macbeth” è presente un personaggio che ricorda l’attore.

In un altro episodio, sempre nel celeberrimo cartone di Matt Groening, la sua figura compare in una trasmissione chiamato “Before They Were Famous” dove si immagina un’apparizione di Charles Bronson che sostituisce Andy Griffith nel programma televisivo “The Andy Griffith Show”.

Un altro omaggio all’attore, forse il più simpatico ed iconico, quando in un episodio de I Simpson, in una scena, si vedeva la sua figura e la sua voce, accompagnata da altri attori famosi. Perché Charles Bronson é dappertutto, ancora oggi e citando impropriamente la celebre battuta di Armonica di C’era una volta il West, ma ripresa in forma negativa e storpiata in versione Simpson, i conti con certe icone non si chiudono realmente mai, quindi in pieno stile Charles Bronson possiamo legittimamente dire…

La cosa non finisce qui…”

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