Martin Sheen, pseudonimo di Ramón Antonio Gerard Estévez (Dayton, 3 agosto 1940), è un attore che, seppur negli ultimi anni si sia un po’ defilato dalle scene, ha regalato, in quasi sessant’anni di cinema, alcune memorabili interpretazioni lavorando con alcuni dei più grandi registi della storia del cinema come Coppola, Scorsese, Cronenberg, Malick, Spielberg, Stone e molti altri, divenendo non solo attore a tutto tondo, ma anche produttore cinematografico e, saltuariamente, anche regista, diversificando il suo immenso talento e le sue magistrali interpretazioni tra cinema, televisione, teatro e doppiaggio.

Martin Sheen è sempre stato comunque molto più che un attore; infatti, come molti altri suoi colleghi appartenenti alla sua generazione, con ragione o no, è rimasto tutt’altro che fuori dalle questioni politiche, dimostrando un attivismo politico davvero encomiabile su diverse tematiche, più o meno contemporanee a lui, e che gli ha causato non pochi problemi durante tutta la sua lunga carriera.
Oltre a questo, non scorderemo nemmeno la sua non meno irrilevante parte di padre, essendo tutti e quattro i suoi figli impegnati a ripercorrere le celebri orme attoriali del padre, sebbene solo Charlie Sheen abbia raggiunto una fama avvicinabile a quella del suo illustre padre, con però annesse e pesanti problematiche caratteriali e dipendenze che ne hanno minato in maniera pressoché irrimediabile la sua più che brillante carriera all’apice.

Ora, senza ulteriori indugi, immergiamoci nel mondo di questo complesso attore, un cuore di tenebra, che, come nel suo celeberrimo film in cui era stato brillante protagonista, cercheremo di diradare passo dopo passo, per riscoprire le mille vite di Martin Sheen: grande attore, attivista politico, marito e padre, ma soprattutto uomo dalle mille sfaccettature da conoscere… Inoltriamoci ora, senza timore, in questa foresta chiamata Martin Sheen, è proprio arrivato il momento di entrarci…
Martin Sheen. I primi anni tra teatro, cinema e famiglia (1940-1970)
Ramón Antonio Gerard Estévez è nato a Dayton, nell’Ohio, il 3 agosto 1940 in una famiglia numerosa composta, oltre che da lui, da nove fratelli e una sorella. Il padre, Francisco Estévez Martínez, era un immigrato gallego originario di Salceda de Caselas mentre la madre, Mary-Anne Phelan, era un’immigrata irlandese originaria di Borrisokane, nella contea di Tipperary, costretta a fuggire dal suo paese ai tempi della guerra d’indipendenza a causa dei legami del padre con l’IRA.
Partendo dalle origini del suo nome e cognome cinematografici, troviamo l’originalità di questo grande attore e il legame così forte con due parti fondamentali e sempre presenti nella sua vita: la religione e la televisione. Martin Sheen adottò, infatti, le due parti del proprio nome d’arte con cui è meglio conosciuto oggi, in parte per onorare l’arcivescovo e teologo cattolico Fulton J. Sheen, dall’altra parte però per rendere omaggio a Robert Dale Martin, il direttore dei casting della CBS che gli diede la sua prima grande occasione nel mondo dello spettacolo.

Martin Sheen aveva fin da ragazzo aspirato alla recitazione, ma il padre disapprovava questa sua inclinazione artistica poco utile se ci si voleva fare strada nel mondo reale. Martin, di carattere però tutt’altro che arrendevole, ha dichiarato anni dopo, seppur in apparenza d’accordo con il padre, di non avere deliberatamente superato l’esame di ammissione all’Università di Dayton, per poter raggiungere il suo “diabolico” scopo.
Tuttavia, riconobbe comunque l’importanza di quella breve esperienza, riconoscendo ai padri mariani che operavano all’interno di quell’università il merito della sua presa di coscienza e del suo attivismo sociale che sarebbero protagonisti nella sua vita parallela di uomo impegnato non solo nell’ambio recitativo.

Saranno proprio i soldi presi in prestito da un sacerdote, incredibile a dirsi, a permettere al giovane attore di mettere in atto il “diabolico” viaggio della speranza verso New York, una delle tappe fondamentali per un giovanissimo ragazzo realmente interessatoa muovere i primi passi verso la recitazione. Dopo un periodo decisamente impegnativo e faticoso, riuscì anche a mettere in piedi una compagnia teatrale, con la speranza di essere notato da qualche produttore.
Nel frattempo, il giovane attore in erba, come dichiarò nel 2000 mentre era ospite del Rosie O’Donnell Show, aveva incontrato in quei primissimi anni sessanta la sua futura moglie, Janet Templeton, anch’essa proveniente da una contea vicina alla sua (la contea di Magoffin, Kentucky).

Il destino, dunque, li fece incontrare e innamorare in quella grande città; mentre lei, studentessa universitaria alla New School for Social Research di New York City, incontrò il suo futuro marito. Da quel momento, i due non si separarono più, supportandosi costantemente per tutta la vita, anche nei momenti critici di cui il marito stesso, fuori e dietro le telecamere, ebbe bisogno, ma successivamente anche per il bene dei figli, in particolare di Charlie, di cui poi parleremo più avanti nel dettaglio in particolare. Nel dicembre 1961 si sposarono e nel giro di pochi anni ebbero quattro figli (tre maschi e una femmina): Carlos (attore oggi meglio conosciuto come Charlie Sheen), Emilio, Ramón e Renée.

Photofest.
Iniziò qui, nella Grande Mela, a lavorare con il Living Theatre, ottenendo nel 1964 il ruolo da protagonista nella pièce di F.D. Gilroy The subject was roses. Il debutto nel cinema avvenne invece con The incident (1967; New York: ore 3 – L’ora dei vigliacchi) di Larry Peerce, in cui interpretò un teppista che porta il terrore in un vagone della metropolitana, ruolo che riprenderà nel 2010 a teatro ovviamente interpretando il ruolo del padre di Timmy.
Nel 1968 affrontò, sempre per il grande schermo, il ruolo, come spesso capitava a molti attori in quegli anni e nei decenni precedenti tra teatro e cinema, già sostenuto a Broadway, del giovane reduce della Seconda guerra mondiale in The subject was roses (1968; La signora amava le rose) di Ulu Grosbard, e nel 1970 ebbe una parte in Catch-22 (Comma 22) di Mike Nichols.

Questi primi ruoli, seppur non di grande risalto cinematografico, permisero al giovane Martin Sheen di introdurre il suo volto tra le sbarre dei cancelli privati del grande cinema, che dagli anni Settanta i poi lo condussero a grandi ruoli e alla celebrità di cui oggi gode ancora.
Martin Sheen. Gli anni dei grandi successi tra Badlands al complicato rapporto tra celebrità e crollo con Apocalypse Now (1970-1979)
Furono gli anni settanta, però, il periodo successivo della sua carriera. Infatti, si dedicò anima e corpo in questo arco di tempo prevalentemente all’attività televisiva che sarebbe risultata intensa anche negli anni a venire.

L’occasione per imporsi sul grande schermo gli venne offerta da Terence Malick, giovane regista americano che poi, negli anni successivi, si impose con grandi film come I giorni del cielo (1978), La sottile linea rossa (1998) e The Tree of Life, ma che allora, praticamente anch’esso sconosciuto, volle affidare il suo debutto registico al poco più che trentenne attore dell’Ohio, il ruolo di protagonista in Badlands nel 1973 (La rabbia giovane), nei panni di Kit Carruthers, un “bravo ragazzo” conformista che, dopo aver ucciso il padre della giovanissima Holly (Sissy Spacek), fugge con lei attraverso il Montana e il South Dakota, non esitando a compiere una serie di delitti insensati senza mai abbandonare il suo atteggiamento di quieta normalità.
Un sensazionale e reale debutto che gli permise, oltre a ottenere un grande riconoscimento a livello cinematografico, di ricalcare le orme di un suo grande mito, James Dean, l’attore simbolo di quell’epoca per i ragazzi nati negli anni Quaranta, tra genio, bellezza, talento e sregolatezza, senza dimenticare la prematura fine a bordo della sua meravigliosa giovinezza volata via a soli 24 anni in un tragico incidente stradale nel 1955.

Nel 1974, Sheen, sull’onda di questo successo, ricevette una candidatura al Premio Emmy come migliore attore per la sua interpretazione di Eddie Slovik nel film per la televisione . Questo film si svolgeva durante la Seconda Guerra Mondiale e raccontava la storia dell’unico soldato americano giustiziato per diserzione dai tempi della Guerra di Secessione.
Se quindi le due precedenti interpretazioni furono di grande spessore regalandogli altrettanta popolarità, fu la prova attoriale nel film di guerra di Coppola che lo trasportò alla leggenda.

Fu proprio questa sua intensa interpretazione nel film The Execution of Private Slovik, che convinse Francis Ford Coppola a sceglierlo qualche anno dopo per il ruolo del capitano Willard in Apocalypse Now, nel 1979, che rese poi Sheen famoso in tutto il mondo e per il quale ottenne una candidatura ai BAFTA.
Se quindi le due precedenti interpretazioni furono di grande spessore, regalandogli una discreta popolarità, fu la prova attoriale nel film di guerra di Coppola che lo trasportò da un buon attore di successo di pubblico e critica alla leggenda.

Tratto dal famosissimo romanzo di Joseph Conrad, Cuore di tenebra, Sheen interpretò magistralmente il capitano Willard incaricato di eliminare il colonnello Kurtz, disertore pluridecorato, interpretato da uno straordinario Marlon Brando, altro attore indubbiamente ammirato da Sheen e anch’esso legatissimo a James Dean, un autentico mito per Martin, visto che fu proprio il divo de Il Gigante a sostituire il grande e capriccioso attore di Omaha per Gioventù bruciata nel 1955, titolo poi rivelatosi tristemente e assurdamente beffardo per il destino del giovane e sfortunato attore dell’Indiana.
Oltre a Sheen e Brando, questo fortunatissimo film vide tra i protagonisti di uno dei tanti capolavori di Coppola alcuni altri attori già affermati come Robert Duvall e Dennis Hopper, o emergenti come la futura star in quegli anni, Harrison Ford, e un giovanissimo Laurence Fishburne agli albori della sua carriera.

Sheen tirò fuori per questo film l’interpretazione della carriera, visto che il personaggio da lui interpretato dovette essere in grado di affrontare un ruolo assai complicato, impassibile, anche di fronte all’odio che suscita nei suoi uomini, in quell’ allucinante viaggio lungo il fiume cambogiano che lo condurrà al compimento della sua missione, seppur completamente rivoltato nell’animo. Effetto che anche Sheen, da un certo punto di vista, subì in pieno come racconteremo tra poco durante la lavorazione del film…
Martin Sheen. Le cause del crollo in Apocalypse Now, tra finzione e realtà
Apocalypse Now, però, porta con sé non solo, e con gran merito, la targa di capolavoro del cinema bellico e non solo, ma anche tantissime altre leggende fuori e dentro il set: dalle straordinarie improvvisazioni sul set di un irriconoscibile Marlon Brando, al set superstressato, o ai diversi finali che, a seconda della versione che si preferisce, furono girati sulla pellicola da parte di Coppola, arrivando al crollo psicologico di Martin Sheen durante le riprese.

Un fatto arcinoto, legato al coinvolgimento emotivo intenso del personaggio e alle difficoltà incontrate sul set da parte di Sheen. In particolare, la scena iniziale del film, girata in quello che si scoprirà essere un più che reale e alterato stato di ebbrezza da parte dell’attore di Dayton, segnò un punto di svolta nella psiche di Sheen, seguito da un attacco di cuore altrettanto reale e che costrinse Coppola e tutta la sua troupe a interrompere le riprese per ben tre mesi. Un crollo che potremmo dividere, anch’esso, beffardamente, in tre parti:
- Coinvolgimento emotivo intenso: Martin Sheen, nel ruolo del capitano Willard, si immedesimò profondamente nel personaggio, spingendosi a girare scene in stato di alterazione.
- Crollo fisico e psicologico: Questo coinvolgimento emotivo, unito a fattori esterni, portò a un vero e proprio crollo psicofisico, culminato con un attacco di cuore e l’interruzione delle riprese.
- Influenza di Coppola: Secondo quanto riportato da alcuni, il regista Francis Ford mplesso e non di certo unico ed esclusivo per un attore che mette anima e corpo nella recitazione, ma indubbiamente ques
In sintesi, il crollo psicologico di Martin Sheen in Apocalypse Now è un evento complesso e non di certo unico ed esclusivo per un attore che mette anima e corpo nella recitazione, ma indubbiamente questo caso resta indissolubilmente legato sia all’interpretazione del personaggio, che alle condizioni di lavoro sul set davvero ai limiti del proibitivo.

Ospite del podcast Happy So Confused, il figlio di Sheen, anni dopo, Emilio Estévez ha voluto raccontare la sua esperienza diretta dell’accaduto, avendo trascorso sei mesi nelle Filippine da adolescente e aver assistito direttamente alle riprese del film.
La sequenza in questione vedeva il Capitano Willard (Martin Sheen) vittima di un crollo emotivo e alcolico in una stanza d’albergo a Saigon, arrivando persino a prendere a pugni e rompere uno specchio. Emerse soltanto in seguito che quella scena non era prevista nel copione e che Sheen era realmente ubriaco.
“Ero arrivato lì nel mese di luglio del 1976. Lui ebbe questo crollo sul set perché stava festeggiando il suo compleanno e stava bevendo. Francis lo aveva isolato nella sua stanza ed io ero lì. Ho visto tutto. Ero presente quando lo portavano via mentre urlava e dava in escandescenze” .
Così ha raccontato il figlio d’arte, che oltre a questo episodio sul padre, riportò anche di essere stato salvato, in quel traballante e pericoloso set, dall’annegamento dall’allora giovanissimo Laurence Fishburne.

Un ruolo che indubbiamente gli portò una grandissima fama, ma che certamente non fece bene alla salute psicofisica del grande attore, sebbene con il tempo quello che resterà sarà stata la sua ottima performance nel film di Coppola e tante leggende, alcune rivelate, altre ancora avvolte nel mistero.
Martin Sheen. Gli anni Ottanta, Novanta e Duemila tra cinema, politica e studi
Successivamente, Martin Sheen ha continuato a prendere parte a numerosi film, ma non riuscì mai più a trovare ruoli di intensità paragonabile ai due precedenti.
Tra le pellicole più importanti è giusto ricordare film come The Dead Zone (1983; La Zona Morta) di David Cronenberg, Wall Street (1987) di Oliver Stone, in cui compare accanto a uno straordinario Michael Douglas e al figlio Charlie Sheen, ottima spalla del grande attore americano anch’esso illustre figlio d’arte, The American president (1995; Il presidente ‒ Una storia d’amore) di Rob Reiner, The war at home (1996; Conflitti di famiglia) di Emilio Estevez, primogenito dell’attore, Catch me if you can (2002; Prova a prendermi) di Steven Spielberg, The Departed – Il bene e il male (The Departed), regia di Martin Scorsese (2006) e Il cammino per Santiago (The Way), sempre per la regia del figlio Emilio Estevez (2010).

Questi sono solo alcuni dei film in cui Martin Sheen, seppur solo in alcuni di essi protagonista, ha regalato la sua arte negli ultimi quarant’anni. Sebbene una grande passione emerge sopra le altre durante tutto il suo percorso artistico tra cinema e televisione: quella politica.
Appassionato di politica, sia nel campo professionale sia nella vita privata, ha spesso deciso di trasportare questa sua passione al cinema, come per esempio in ruoli come il capo dello staff della Casa Bianca, A.J. McInnerney ne Il Presidente – Una storia d’amore nel 1995 o l’inquietante futuro presidente Greg Stillson nel film di Cronenberg del 1983.

Soprattutto, però, è stato il mezzo televisivo a dare lustro a questo suo parallelo amore, dato che ha interpretato, curiosamente e nel giro di dieci anni, entrambi i Kennedy più famosi: il presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy nella miniserie Kennedy – The Presidential Years nel 1983 e suo fratello Robert Kennedy nella serie televisiva Missili d’ottobre nel 1974.
Ma è il ruolo che, più di tutti, gli ha permesso di incarnare i suoi ideali democratici è stato indubbiamente l’immaginario presidente del Partito Democratico, Josiah Bartlet, nella famosa serie televisiva West Wing – Tutti gli uomini del presidente serie andata in onda dal 1999 al 2006.
Sheen ha sempre professato durante la sua vita, apertamente la propria simpatia ed il proprio supporto alla causa liberal, venendo arrestato per ben 63 volte per le proteste sia contro le azioni militari del governo statunitense che per questioni ambientali, come la lotta contro l’insediamento di un inceneritore di rifiuti tossici a East Liverpool, in Ohio. Sheen, visto il suo importante status di attore e di attivissimo cittadino impegnato in prima persona a battersi per questioni politiche di una certa rilevanza, ha però sempre resistito alle pressioni che lo volevano addirittura Presidente degli Stati Uniti anche nel mondo reale, affermando in una sua intervista:
«Non potrei mai diventare presidente. Non c’è posto per un pacifista alla Casa Bianca […] sono solo un attore. Ed è questo che voglio fare per vivere».
Per questa sua eccellente interpretazione del presidente Butler, l’attore di Dayton ha ricevuto in tutto sei candidature ai Premi Emmy come “Miglior interprete principale” in una serie televisiva, per il suo ruolo in West Wing – Tutti gli uomini del Presidente, per il quale ha anche vinto un Golden Globe e due SAG Awards.

Seppur fervente cattolico, ha infatti espresso nel tempo posizioni contraddittorie sull’aborto, sostenendo da una parte la causa antiabortista, dichiarandosi pro-life e quindi personalmente contrario all’interruzione di gravidanza, ma sostenendo da altra parte anche il pieno diritto delle donne di poter scegliere liberamente il proprio percorso di vita.
Oltre a questo, altre sue personali battaglie sono sempre state la lotta contro la pena di morte e contro la guerra. Nel 2004, insieme al collega attore e regista Rob Reiner, Sheen ha partecipato alla campagna elettorale a favore del candidato democratico Howard Dean ed in seguito si è mobilitato per sostenere John Kerry.
Il 28 agosto 2005 ha fatto visita a Cindy Sheehan, la madre coraggio simbolo del dissenso nei confronti della guerra in Iraq, a Crawford, in Texas. Cindy Sheehan aveva ripetutamente chiesto di parlare con il presidente George W. Bush. Il 10 aprile 2006 il New York Times ha pubblicato un articolo secondo il quale alcuni membri del Partito Democratico, in Ohio, avrebbero contattato Martin Sheen per cercare di convincerlo ad accettare la candidatura per il Senato.
Sheen avrebbe rifiutato l’offerta ancora una volta, dichiarando, ancora una volta, il suo non interesse nell’entrare nella vita reale alla Casa Bianca:
«Non ho i requisiti giusti. Voi scambiate celebrità con credibilità».

Martin Sheen, piuttosto che l’attività politica, con questa sagace risposta liquidò per l’ultima volta quel mondo, preferendo al suo posto, a oltre sessant’anni, un altro tipo di percorso, annunciando nel 2005 il progetto di proseguire gli studi, come dichiarò durante un’intervista:
«Mi piacerebbe studiare letteratura inglese, filosofia e teologia a Galway, in Irlanda, paese di origine di mia madre e del quale io sono cittadino onorario».
Durante un discorso tenuto in occasione del conferimento di una laurea honoris causa in Arte, conferitagli dalla National University of Ireland, Sheen, tornando sull’argomento, ha scherzosamente dichiarato che sarebbe stata «la più vecchia matricola» dell’università, quando avrebbe cominciato a frequentare le lezioni a tempo pieno nell’autunno del 2006.

Pur esprimendo l’indiscutibile e seria preoccupazione per la possibilità di essere una «distrazione» per gli altri universitari, espresse con grande entusiasmo la volontà di assistere realmente in maniera regolare alle lezioni, come qualsiasi altro studente, riprendendo un discorso abbandonato da giovane per il sogno di diventare attore, ma ora da poter riprendere con molti capelli bianchi in più, il medesimo entusiasmo di un giovane che si approccia al mondo accademico:
«Non ho mai frequentato l’università da ragazzo e adesso, a 65 anni, non vedo l’ora di cominciare»
Martin Sheen. Gli ultimi anni tra un figlio da recuperare e gli impegni tra TV e impegno sociale con Jane Fonda (2010-2025)
Martin Sheen, ha come abbiamo accennato in precedenza ha quattro figli, tutti impegnati, chi più, chi meno, nel mondo del cinema e della televisione, ma di certo, e su questo non ci sono dubbi che, nel bene e nel male, il secondogenito, Charlie Sheen è stato quello che più di tutti ha ereditato le orme paterne, compresi alcuni suoi eccessi, esasperando, però, il tutto con uno stile di vita insostenibile, e che in questi ultimi anni sta presentando drammaticamente il conto dal punto della salute psico-fisica del celebre figlio d’arte.

L’attore di Apocalypse Now, però, non ha mai mancato di sostenere il figlio, collaborando attivamente alla carriera del figlio come per esempio in Wall Street, in cui il figlio diede sfoggio di una delle sue migliori interpretazioni, ma anche in ruoli più leggeri come Hot Shots, Due uomini e mezzo e soprattutto Anger Management, dove ha collaborato attivamente con lui per tutta la durata della serie.
Martin Sheen ha parlato pubblicamente della crisi vissuta da suo figlio Charlie nel 2011, rivelando che lui e la sua famiglia non potevano far altro in quel momento che pregare per lui e cercare di sollevarlo in una qualche maniera:
“Quello che stava attraversando in quel periodo, non avevamo il potere di fare molto. Si cerca di essere il più presente possibile, ma si deve essere consapevoli delle circostanze. Bisogna sapere molte cose che il pubblico non conosce”.
Sheen ha quindi aggiunto:
“Solo quelli di noi che lo conoscono sapevano quello che stava vivendo. Sto parlando, in quel periodo, degli steroidi. Era in una situazione veramente disperata. E stava facendo quello che era convinto potesse aiutarlo, stare di fronte al pubblico. Ed è stato molto doloroso. Anche per lui”.
Martin, anch’esso, ha dovuto lottare nel tempo con le dipendenze e la sua esperienza personale lo ha aiutato quando Charlie ha avuto bisogno del suo sostegno:
“Puoi rassicurarli che sei lì accanto a loro e che li ami, ma non puoi avere effetto sul cambiamento. Quello è il tuo ego, per la maggior parte. Preghi per un momento di chiarezza, ti affidi a un potere superiore e non abbandoni mai, mai, la speranza. Perché quella è la misura della disperazione”.

Sheen ha poi spiegato che Anger Management, più che l’importanza a livello di prodotto televisivo dato che non ha raggiunto i livelli sperati, per lui l’importante era aiutare il figlio a rialzarsi con un nuovo progetto e sebbene non sia stato premiato dal punto di vista degli ascolti, è stato comunque per Martin Sheen un’esperienza unica e meravigliosa lavorare con Charlie:
“Mi ha chiesto di farlo. Ma sapevamo tutti che avrebbe avuto vita breve perché ero più concentrato sull’avere Charlie coinvolto che su un tema maggiormente interessante. Era troppo superficiale”.

Tornando agli ultimi dieci anni di carriera, Martin Sheen, come abbiamo ampiamente visto per tutta la sua lunga carriera, non ha mai disdegnato i ruoli televisivi. Uno dei certamente ruoli degli ultimi anni più importanti per l’attore di Dayton è stato in quello di Robert nell’apprezzata comedy Netflix Grace and Frankie, dove affianca mostri sacri del suo calibro come Jane Fonda, Lily Tomlin e Sam Waterston, la cui settima e ultima stagione si è conclusa nel 2022.

Alla carriera cinematografica, Sheen ha sempre affiancato anche negli ultimi anni, un attivismo molto acceso, collaborando con la sua collega e amica Jane Fonda, vedendosi spesso tra i protagonisti alle proteste di Fridays for Future per intimare ai governi del mondo, e in particolare a quello degli Stati Uniti, di agire in fretta contro la catastrofe climatica sempre più imminente.

Ora il buon Martin Sheen, dopo una lunga carriera piena di tanto cinema, televisione, politica, studi accademici, religione e affetti, sembra più impegnato su fronti lontani dal grande o dal piccolo schermo, per dedicarsi a delicate questioni familiari e di impegno collettivo. D’altronde, la sua personale guerra per diventare una stella l’ha vinta molti anni fa e anche sul cemento una stella intitolata a suo nome nell’Hollywood Walk of Fame, al n. 1500 di Vine Street, se l’è guadagnata per l’eternità.

Ora, a 85 anni, forse il suo vecchio cuore di tenebra deciderà di riposare, ma è più probabile, conoscendo un po’ meglio l’uomo dietro l’attore, che esso continuerà a battere per qualcosa di importante e nobile, magari ispirando un mondo migliore che, nel suo piccolo, tra cinema e televisione e nelle sue battaglie ideologiche sempre vive e nobili, ha sempre cercato di ispirare dando ai giovani di ieri, di oggi e di domani un segno di impegno collettivo ben oltre quello recitativo, un cuore puro per battersi, sempre e comunque, fino alla fine, oltre la tenebra in cui spesso è imprigionato.
