A Beautiful Mind (Id.)
Regia: Ron Howard; soggetto: Sylvia Nasar, autrice del romanzo Il genio dei numeri ; sceneggiatura: Akiva Goldsman; fotografia (Colore): Roger Deakins; scenografia: Leslie E. Rollins, Wynn Thomas; costumi: Rita Ryack; trucco: Greg Cannom e Colleen Callaghan; colonna sonora: James Horner; montaggio: Mike Hill; interpreti: Russell Crowe (John Nash), Jennifer Connelly (Alicia Larde Nash), Ed Harris (William Parcher). Paul Bettany (Charles Herman), Vivien Cardone (Marcee Herman), Christopher Plummer (dottor Rosen), Adam Goldberg (Richard Sol), Josh Lucas (Martin Hansen), Anthony Rapp (Bender), Jason Gray-Stanford (Nielsen Ainsley), Judd Hirsch (professor Helinger), Austin Pendleton (Thomas King); produzione: Universal Pictures, Dreamworks SKG, Imagine Entertainment; origine: USA – 2001; durata: 135′
Trama
Princeton, 1947. Il diciannovenne John Nash entra nella prestigiosa università, grazie ad una borsa di studio. Il ragazzo ha sporadiche interazioni social, se si esclude il suo compagno di stanza Charles, è infatti ossessionato dal trovare un’idea originale per la sua tesi di dottorato, per distinguersi dalla massa. Riesce nel suo intento, osservando proprio quelli interazioni sociali per lui così rare: da quest’intuizione nasce la tesi che, in sole 27 pagine, mette in discussione la teoria economica di Adam Smith, padre del liberismo sul quale la società americana è fondata, sviluppando la cosiddetta “teoria dei giochi”. Le sue idee gli procurano un posto di ricercatore al MIT di Boston, dove si conferma insigne matematico. Dal 1953, grazie allo spiccato talento di decodificatore, viene assunto dall’esercito americano, affinchè decifri i codici usati dall’Unione Sovietica, per aiutare gli USAa prevalere in epoca di “guerra fredda”. In questo periodo entra in contatto con William Parcher, “eminenza grigia” dell’intelligence che lo assolda per una missione segreta. Contemporaneamente conosce Alicia, studentessa di fisica, che sarà l’amore della sua vita: nonostante le sue ossessioni diventino sempre più assillanti la sposa e i due mettono al mondo un figlio. La vita di Nash viene sconvolta da una terribile scoperta: Charles, Parcher e la nipotina Marsie sono allucinazioni, provocate da una grave forma di schizofrenia. Da quel momento trascorre la vita fra manicomi e ospedali psichiatrici, imbottito di farmaci, con l’unica consolazione della moglie Alicia che decide di restargli accanto. Grazie alla sua forza mentale e ai farmaci riesce a tenere sotto controllo le allucinazioni, tornando perfino ad insegnare all’università di Princeton, che gli offre una cattedra. nel 1994 riceve il premio Nobel per l’economia, proprio grazie a quella tesi giovanile, che intanto ha rivoluzionato il mondo. Dal palco ringrazia Alicia, ma la sua malattia non lo abbandonerà mai. Dovrà conviverci: dalla platea lo applaudono le sue tre allucinazioni.
Genio e follia
La produzione non aveva pensato a Ron Howard per dirigere il film, ma il regista si è dichiarato subito entusiasta, in quanto in quel periodo cercava una storia che parlasse di malattia mentale. Il problema non è di poco conto: come trattare il tema delicato della schizofrenia da cui John Nash era affetto? Grazie alla collaborazione di Akiva Goldsman Howard arriva alla soluzione di trattare le allucinazioni come parte integrante della storia, rendendole reali sullo schermo in modo da giocare con la percezione dello spettatore, condotto a seguire il corso degli eventi attraverso gli occhi del protagonista. Quale attore scegliere a questo punto per un ruolo così impegnativo? Russell Crowe arriva sul set pochi giorni dopo aver vinto l’Oscar come miglior attore protagonista per Il Gladiatore. La sfida è notevole perchè egli non potrebbe impersonare un uomo più diverso dal virile e carismatico Massimo: John Nash è un secchione, che vive quasi isolato dal mondo, pieno di complessi e con scarse abilità comunicative e sociali. In quel momento Crowe è sulla cresta dell’onda, alla ricerca di una storia che possa esaltare il suo talento e si dedica al personaggio anima e corpo. Per affiancarlo, nel ruolo di sua moglie, l’incantevole Jennifer Connelly, il veterano Christopher Plummer, con due caratteristi di lusso come Ed Harris e Paul Bettany ad incarnare le sue ossessioni, rispettivamente l’inesistente agente segreto William Parcher e il migliore amico immaginario Charles.
Resta da spiegare al pubblico, senza annoiarlo a morte, la teoria dei giochi che è valsa al matematico il Premio Nobel per l’economia nel 1994: la strategia vincente è assicurare il maggior beneficio non solo a se stessi, ma anche agli altri. Howard usa un gruppo di belle ragazze sedute al bar e puoi guardare il filmato in alto per conoscere la brillante soluzione. Vi ricorda qualcosa? In La grande scommessa Adam McKay fa spiegare la speculazione sui mutui da una Margot Robbie in una vasca da bagno, coperta solo dalle bolle di sapone (filmato qui sotto).
L’operazione funziona e A Beautiful Mind recupera in fretta i 60 milioni di dollari di budget, incassando 170 milioni di dollari sul solo mercato nord-americano. Ai Golden Globe il film di Ron Howard è quello che vince di più con 4 premi (miglior film drammatico, miglior attore protagonista, miglior regia, miglior sceneggiatura) e si presenta agli Oscar con 8 nomination.
Il racconto del redattore
L’appuntamento con le stelle è la sera del 24 marzo 2002 al Kodak Theatre di Hollywood e nella cinquina di film finalisti ce n’è davvero per tutti i gusti. Il concorrente più agguerrito di A Beautiful Mind è il blockbuster dell’anno, diretto da Peter Jackson: Il Signore degli Anelli – La Compagnia dell’Anello, che si appresta a diventare un fenomeno planetario, incassando quasi 900 milioni di dollari solo dal botteghino, a fronte di un budget stimato di 93 milioni. Alla fine le tredici nomination ricevute dal film si trasformano in quattro meritati Oscar per la fotografia, il trucco, gli effetti speciali e la colonna sonora. Nell’elenco dei concorrenti riappare un musical, Moulin Rouge! di Baz Luhrmann, vagamente ispirato a La traviata di Giuseppe Verdi. La contrastata storia d’amore fra Nicole Kidman (Golden Globe come miglior attrice in un film musicale) e Ewan McGregor, che nella propria colonna sonora accoglie numerosi successi della musica pop reinterpretati dai protagonisti per l’occasione, manda all’incasso solo due delle otto candidature ricevute, per la scenografia e i costumi. La ‘Cenerentola’dell’edizione (sei infruttuose segnalazioni) è il drammatico In the Bedroom di Todd Field, nel quale spicca l’intensa interpretazione di Sissy Spacek. A chiudere la cinquina l’elegante gioco di società Gosford Park, del grande Robert Altman: una raffinata satira sociale tinta di giallo che riceve l’Oscar per la sceneggiatura originale di Julian Fellowes.
Tra gli attori le sorprese dell’edizione; battendo Russell Crowe e Sean Penn, Denzel Washington conquista il suo secondo Oscar (il primo da protagonista) per il ruolo di un poliziotto corrotto nel teso Training Day di Antoine Fuqua. Ancora più inatteso il premio alla miglior attrice protagonista: le favorite Nicole Kidman e Sissy Spacek applaudono la vittoria di un’euforica (già insignita peraltro dell’Orso d’argento a Berlino) Halle Berry, madre coraggio accanto Billy Bob Thornton nel crudo Monster’s Ball. Tra i film d’animazione la Dreamworks fa lo sgambetto alla Disney con il divertente Shrek che vince la statuetta, lasciando a Monsters & Co. della Pixar l’Oscar alla miglior canzone. L’Italia festeggia Pietro Scalia, premiato per il montaggio dell’ adrenalinico Black Hawk Down di Ridley Scott, ambientato durante la guerra in Somalia (il film vince anche per il suono). Bottino magro anche per l’altro war movie dell’annata, Pearl Harbor, che porta a casa uno striminzito Oscar al montaggio sonoro. Miglior film straniero è incoronato il bosniaco No man’s land. Una grande serata per gli afroamericani termina con la statuetta alla carriera per Sidney Poitier, mentre a Robert Redford viene consegnato un Oscar speciale per il contributo dato al cinema indipendente con la creazione del Sundance Film Festival. A Beautiful Mind è riconosciuto miglior film dell’anno (in alto il filmato originale della premiazione) e Ron Howard il miglior regista; la biografia di John Nash vince anche per l’attrice non protagonista Jennifer Connelly e per l’ingegnoso adattamento di Akiva Glodsman.
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