Esorcizzare la paura della morte è un modo, per tutti noi, per tenerla alla larga; scherzarci su ci aiuta a non pensarci, ad allontanarla, a mitizzarla quasi.
Anche nel cinema, più volte, abbiamo assistito a questo curioso fenomeno, con film che ci hanno indorato la pillola, presentandoci la morte come un dolce passaggio verso un paradiso bello e radioso (Prossima fermata: Paradiso), dove regna l’amore (Accadde in paradiso) da dove, alle volte, si può addirittura comunicare con chi resta sulla terra (Ghost).
Solo ad un genio strampalato quale è Tim Burton, poteva venire in mente di presentarcelo come un regno popolato da strani esseri, mostri quasi, con le loro pene, e il loro da fare, i loro tormenti e le loro gioie.
Beetlejuice – Spiritello porcello, grazie a questa fantasiosa ricostruzione dei personaggi che vivono nell’aldilà, si aggiudicò addirittura l’Oscar per il miglio trucco, nel 1989 conquistando un notevole successo di pubblico e critica, e dando vita anche a una serie televisiva animata.
Un cast che oggi, e solo oggi, potremmo definire stellare; si perché all’epoca dei fatti (1988), non solo Burton aveva un passato da disegnatore in Disney e un unico film all’attivo, Pee-wee Big’s Adventure (1985), prima di dedicarsi a Batman, Edward mani di forbice, Ed Wood; ma anche lo stesso Beetlejuice, uno strepitoso Michael Keaton, non era di certo famoso. Aveva all’attivo un paio di film di Ron Howard e poco altro, sarebbe stato Bruce Wayne/Batman solo l’anno successivo, e non era certo una star in grado di lanciare e sostenere un autore ai primi progetti.
Chiudono il cerchio Wynona Ryder la figura perfetta in cui canalizzare la propria insofferenza agli stereotipi, da autore che si è trovato spesso a sentirsi fuori posto nel mondo che lo aveva circondato.
La Ryder è Lydia, la cupa figlia adolescente con tendenze dark dei Deetz, ed è perfetta nel ruolo sin dalla prima inquadratura. È in qualche modo l‘alter ego dell’autore nella storia di Beetlejuice, un ruolo che incarna con intensità tale da poter dare il via alla proficua collaborazione tra lei e il regista che negli anni successivi avrebbe portato anche al capolavoro Edward Mani di Forbice.
Anche Juliette Lewis fece un’audizione per il ruolo di Lydia; Diane Lane, Sarah Jessica Parker, Brooke Shields, e Jennifer Connelly invece rifiutarono lo stesso ruolo, cosa che tutto sommato non stupisce, considerato che lo stesso Burton lo definiva
“un copione strambo, di cui non sappiamo cosa fare”
e per il quale, alla fine si giunse a due nomi: Alyssa Milano che abbiamo conosciuto e ammirato in Streghe e Wynona Ryder, che si aggiudicò la parte.
Infine i coniugi Maitland, Geena Davis e Alec Baldwin, entrambi giovanissimi, bellissimi, e perfetti nel ruolo degli sposini freschi.
Betelgeuse, per chi non lo conoscesse, è un bio-esorcista (un fantasma che caccia gli umani affinchè lascino in pace gli spiriti) che viene evocato da Adam e Barbara Maitland, due giovani sposi che muoiono in un incidente stradale, causato da un cane, e si ritrovano a vivere come fantasmi, imprigionati nella loro dimora con un libro d’istruzioni sulla loro nuova vita da defunti.
Tutto scorre per il meglio fino a quando una famigliola viene a vivere nella loro casa, scombinandola tutta. I due tentano in tutti i modi di spaventare gli inquilini indesiderati, i Deetz, ma ogni loro sforzo finisce col fallire e con l’ incuriosire e divertire la famigliola.
La prima ad accorgersi della presenza dei fantasmi è la ragazzina tenebrosa , Lydia, che cerca di aiutare gli spiriti che solo in seguito saranno scoperti dai suoi genitori che decideranno di utilizzarli per fare dei soldi.
Quasi un film horror
La trama del film, presenta tutti gli elementi caratteristici del film horror, e infatti la sceneggiatura originale firmata da Michael McDowell e da Larry Wilson era quella di un film horror, e prevedeva Betelgeuse nella forma di demone alato, il cui obiettivo era quello di uccidere la famiglia Deetz, piuttosto che spaventarla.
Erano presenti anche diverse scene disturbanti. In una, Beetlejuice assumeva le sembianze di uno scoiattolo rabbioso e straziava Cathy. In un’altra, cercava di violentare Lydia.
Anche il finale era differente. Beetlejuice veniva eliminato con un esorcismo e finiva intrappolato tra i Vermi delle Sabbie. La casa dei Maitland era risucchiata nel plastico della cittadina costruito da Adam e i Deetz tornavano a New York, lasciando Lydia a vivere con i due fantasmi nel mondo in miniatura.
Tuttavia l’addio di McDowell e Wilson per divergenze creative e l’ingaggio di Warren Skaaren, hanno cambiato faccia al film. Il diverso epilogo della pellicola però, non è stata una scelta dello sceneggiatore, scomparso prematuramente nel 1990. A volere un finale differente è stato Tim Burton, dopo che nei test screening il pubblico aveva mostrato grande simpatia per Beetlejuice.
Il successo dello spiritello porcello convinse il regista a regalargli una chance, confinandolo nel limbo e facendolo vedere mentre importuna una donna segata in due (le gambe della quale, per la cronaca, erano della fidanzata dell’epoca di Burton) e per questo viene punito da uno stregone.
Betelgeuse, colui che da il nome al film infatti, non appare se non dopo i primi venticinque minuti di pellicola e alla fine appare in meno del venti percento della sua durata totale (17.5 minuti); Michael Keaton ha effettuato solo due settimane di riprese.
Un altro cambiamento radicale nella trama di Beetlejuice è stata l’introduzione della scena della cena, quella che è senza dubbio la sequenza più memorabile del film, e che ha rischiato di rimanere sul pavimento della sala di montaggio.
Inizialmente, per il ballo della possessione collettiva, Burton e il suo team avevano pensato di utilizzare una canzone del gruppo doo woop The Ink Spot.
Poi, Catherine O’Hara e Jeffrey Jones (interpreti dei coniugi Deetz) hanno convinto il regista a usare Day-O (Banana Boat) di Harry Belafonte, e quando Glenn Shadix, che nel film interpreta Otho, è morto nel settembre 2010, l’ultimo brano eseguito al suo servizio funebre è stato proprio Day-O (The Banana Boat Song).
La scena richiese un enorme lavoro per girare la coreografia (filmata in 5 giorni), realizzare gli effetti speciali dei gamberetti che diventano una mano demoniaca e sincronizzare le labbra degli attori con la musica, ma a Warner Bros non piacque e i produttori chiesero a Burton a eliminarla.
Fortunatamente però, cambiarono idea e la scena fu (ri)messa dove doveva stare. Day-O è diventata una sorta di marchio di fabbrica per Beetlejuice e all’inizio della pellicola si può sentire il compositore del film, Danny Elfman, mentre la canta.
Il cambio di genere
Dopo il cambio di sceneggiatura quindi, la storia si è spostata su un filone più ironico, creando una commedia horror/grottesca, in cui lo spettatore non prova mai il terrore, ansia o suspense, ma è completamente avvolto dall’allegria e dai colori di un mondo assurdo in cui anche l’aldilà è una grande azienda e la vita di un fantasma, in fin dei conti, non è così semplice.
Oltre ai protagonisti principali, nella pellicola compaiono infatti diversi personaggi secondari, quasi tutti abitanti dell’Altro Mondo.
Durante la cena dei Deetz, Otho dice:
“i suicidi finiscono a fare gli impiegato pubblici nell’Aldilà”
e la sua dichiarazione trova conferma nei vari dipendenti che Adam e Barbara incontrano mentre sono nella sala d’attesa dell’Altro Mondo, che sono nelle stesse condizioni di quando sono morte e il modo in cui sono morti viene mostrato chiaramente.
La segretaria Miss Argentina ad esempio, si è tagliata i polsi e tra i lavoratori ci sono anche un uomo impiccato e un altro che si è buttato sotto un autobus.
Tuttavia, i Maitlands, che sono annegati, non sono bagnati; Tim Burton pensò infatti che tenere gli attori bagnati tutto il tempo delle riprese avrebbe arrecato loro troppo disagio.
I morti che affollano gli uffici ultraterreni sono anche vittime di incidenti, come il campeggiatore morso da un serpente, il surfista ucciso da uno squalo e la squadra di football che i Maitland trovano nell’ufficio di Juno.
Attraverso la finestra della stanza, si vede addirittura un cinema pieno di scheletri e fantasmi che, nelle intenzioni di Burton, doveva dare l’impressione agli spettatori del film di essere essi stessi osservati dalle creature dell’Aldilà.
Sembra quasi di essere all’interno di un girone dantesco, dove le anime dei defunti hanno il loro da fare, le loro pene da scontare, i loro dispiaceri, come l’impiegato preoccupato del proprio colorito e talmente magro da scomparire nella fessura di un muro.
Anche le vittime delle stragi non sono esenti da questo strano mondo ultraterreno.
Mentre Adam e Barbara sono seduti in sala d’attesa, una voce ripete più volte:
“Il volo 409 è in arrivo al gate 3”
L’annuncio fa riferimento a un drammatico fatto di cronaca, ovvero lo schianto dell’aereo United Airlines 409, avvenuto il 6 ottobre 1955 nei pressi di Centennial, in Wyoming; nell’incidente morirono 66 persone e ancora oggi le cause della tragedia non sono note.
A dire il vero, l’atmosfera surreale, a metà strada fra un cartone animato e un dipinto naif, è anche all’esterno, a partire dalle scene e dalla stessa casa degli sposini. Colori vivaci, vivi, brillanti, che attirano lo spettatore e lo incantano.
Persino da cupa e solitaria Lidya si colora, di un rosso acceso per la precisione, quando compare in un abito fiammante in compagnia di Beetlejuice che vuole a tutti i costi sposarla. La scelta di questo colore, sembrerebbe un omaggio al mondo anglosassone, dove un famoso detto recita:
“Married in red, better off dead” (Meglio morti che sposati in rosso).
Riferimenti e scene cult
Oltre alla già citata scena dei gamberi che prendono vita, uno delle più belle e divertenti, sicuramente l’ultima scena del film, quando a Lidya, che finalmente riesce a prendere un bel voto in matematica, aiutato nello studio dai suoi amici trapassati, viene concesso un piccolo “svago”: librarsi in aria sulle note di Calypso.
Esilaranti e incomprensibili, almeno all’inizio, a chi non ha mai visto il film, le scene in cui i novelli deceduti non sanno di essere morti, e si ritrovano dinanzi a fenomeni, che hanno davvero del pranormale.
Dita che prendono fuoco, specchi che non riflettono, ricordi svaniti, per non parlare dei trucchi che i due escogitano, per cercare di paventare i nuovi coinquilini: terribili tentativi che altro non fanno che suscitare grasse risate.
Nel film ci sono anche quelli che sembrano due riferimenti ad altrettanti personaggi delle pellicole successive di Tim Burton.
Quando Beetlejuice viene invocato da Lydia infatti, emerge dal plastico di Adam con le sembianze di una di giostra, e in cima al tendone-cappello c’è una testa che assomiglia moltissimo a quella di Jack Skeletron, il protagonista di Nightmare Before Christmas (1993).
Inoltre, lo spiritello porcello sfoggia delle orecchie ad ali di pipistrello che fanno inevitabilmente pensare a Batman.
Michael Keaton ci ha senz’altro regalato uno dei personaggi più simpatici, irriverenti e orripilanti del cinema degli ultimi 30 anni; volgare e scorretto ma anche travolgente e spumeggiante (come direbbe The Mask), in pochi minuti riesce a catalizzare l’attenzione dello spettatore, che riesce ad immaginare cosa aspettarsi da una mente così folle, instabile e imprevedibile.
Tim Burton tuttavia, inizialmente aveva immaginato il bio esorcista come un personaggio dall’approccio rilassato e per portarlo sullo schermo aveva pensato a Sammy Davis, Jr., una delle sue star preferite fin dall’infanzia, leader dei Rat Pack gruppo musicale degli anni cinquanta, ma ai dirigenti degli studios non piaceva affatto l’idea di affidare la parte al musicista allora 63enne e ha propose a Burton di prendere in considerazione il giovane Keaton. Il regista non conosceva l’attore, ma si è convinto rapidamente delle sue qualità, al punto da volerlo con sé anche in Batman (1989) e Batman – Il ritorno (1993).
Il personaggio del titolo prende il nome dalla seconda stella più luminosa nella costellazione di Orione (la decima più brillante del cielo notturno, mediamente): Betelgeuse. il vero nome del personaggio infatti è Betelgeuse, è stato solo in seguito scritto Beetlejuice nel titolo perché più divertente e più facile da commercializzare.
All’epoca dell’uscita del film infatti, al simpatico bioesorcista furono dedicati gadgets e pupazzi; persino i parchi a tema della Universal gli hanno spalancato le porte. Dal 1992, in Florida ed in Giappone, viene infatti presentato Beetlejuice’s Rock ‘N’ Roll Graveyard Revue, uno spettacolo dal vivo che combina i leggendari mostri della Universal, come Frankenstein, Uomo Lupo e Dracula, con le incursioni dello Spiritello Porcello.
Beetlejuice, nel 1998, è stato il primo DVD spedito dalla nascente Netflix, che all’epoca noleggiava i DVD per posta: internet era ancora agli albori infatti e a tutt’oggi, a distanza di 30 anni, il film si trova all’ottantesimo posto nella classifica delle migliori 100 commedie di sempre secondo l’FI’s 100 Years… 100 Laughs.
La pellicola ha portato a casa oltre 73 milioni di dollari a fronte di un costo di 13, risultando il decimo migliore incasso del 1988; ma Beetlejuice non è stato solo un successo commerciale. Lodato dalla critica e premiato con l’Oscar per il Migliore trucco nel 1989, ha conquistato una generazione di spettatori dopo l’altra ed è diventato un vero e proprio cult.
Tuttavia, nonostante questo successo, non è mai arrivato un sequel che probabilmente in moltissimi aspettavano. L’idea pare esserci da molto tempo, ma non si è mai concretizzata. Nell’ultimo periodo però paiono invece riaccese le speranze di vedere un Beetlejuice 2.
Secondo quanto riporta il sito We Got This Covered, pare che la Warner Bros sia seriamente intenzionata a rimettere insieme il vecchio cast con Keaton e Winona Ryder, diretti sempre da Burton per dare vita a questo sequel.
Ad ulteriore conferma di queste voci è arrivata anche un’intervista che Danny Elfman, compositore della colonna del film, ha rilasciato a JOE. L’artista ha confessato di aver incontrato un anno fa Micheal Keaton che gli avrebbe chiesto se questo agognato Bettlejuice 2 si sarebbe effettivamente fatto.
“Ne sai più di me”
avrebbe risposto Elfman all’attore. La situazione è nebulosa ma pare certo che qualcosa bolla in pentola.
l film ha comunque generato uno spin-off d’animazione da composta da 4 stagioni e 109 episodi da 30 minuti ciascuno, andata in onda negli USA dal 9 settembre 1989 al 6 dicembre 1991.
In Italia, il cartoon è arrivato con grande ritardo, nel 1998, ed è stato trasmesso con il titolo In che mondo stai Beetlejuice? La serie si discosta radicalmente dal film e il bio esorcista è rappresentato come uno spiritello bizzarro ma non malvagio, che adora fare scherzi paurosi ed è molto amico di Lydia. A sua volta, la ragazzina conserva degli aspetti dark, ma ha un carattere solare e ottimista.
I Maitland non esistono in questo spinoff, ma Lydia, studentessa universitaria ha dei nuovi amici mostruosi: uno scheletro bodybuilder e un ragno ballerino di tip-tap. I Deetz invece, vorrebbero costruire un albergo di lusso sull’isola hawaiana di Kanooka, senza curarsi delle gravi conseguenze ambientali, finendo con lo scatenare l’ira non solo della popolazione locale, ma anche degli spettri. Questi ultimi invocherebbero Beetlejuice, con le conseguenze che si possono immaginare.
Chi vede questo film per la prima volta, contro ogni precoce e avventata previsione, ne viene rapito. Al di là del grande genio che è Tim Burton, a nessuno verrebbe mai in mene di immaginare un trapasso del genere, e forse è proprio così che dovremmo immaginarlo per non esserne impauriti.
Forse davvero può bastare disegnare una porta su un muro con il gesso e dare tre colpetti, per trovarsi dall’altra parte, senza paura, senza timore; si perché la vostra assistente tombale si prenderà cura di voi, vi omaggerà del Manuale del novello deceduto, e vi aiuterà a sentirvi come a casa vostra.