La Corte Suprema abolisce la tutela federale sul diritto all’aborto
Ciò che molti temevano è accaduto. La decisione era nell’aria a causa della nuova composizione della Corte Suprema, con tre giudici di area conservatrice nominati da Trump prima delle elezioni del 2020. Vi avevamo già informato come alcuni Stati, come la Georgia e Louisiana, avessero emanato leggi anti-abortiste (qui il nostro articolo), provocando nel mondo del cinema una vera e propria sollevazione, con tanto di dichiarazioni di molti produttori intenzionati a spostare i propri uffici e i propri studi al di fuori di questi stati.
Nel 1973 il caso Roe contro Wade aveva sancito la tutela federale sul diritto di abortire fino al settimo mese di gravidanza (cioè fino al momento in cui il feto fosse diventato autosufficiente, potendo sopravvivere al di fuori del grembo materno) e anche oltre se la salute della donna fosse stata in pericolo. Il precedente – quello degli USA è un sistema giuridico di Common Law nel quale la norma si basa sul precedente giudiziale più che sulla codificazione come avviene in Italia – aveva dunque fatto uscire dalla clandestinità gli aborti, rendendoli più sicuri (a tal proposito il film Le regole della casa del sidro affronta apertamente il tema di cosa fosse l’aborto prima della legalizzazione).
Dal 24 giugno scorso la Corte Suprema ha però ribaltato quel verdetto, per cinque voti contro quattro, prendendo una decisione di segno opposto sul caso Dobbs contro l’Organizzazione per la salute delle donne di Jackson, affermando il principio secondo il quale quello all’aborto non sia un diritto tutelato dalla Costituzione degli Stati Uniti d’America.
Da quel momento la competenza sulla legislazione riguardante l’aborto è tornata quindi ai singoli Stati. In 22 finora hanno seguito l’esempio di Georgia e Louisiana nei quali è entrato in vigore il cosiddetto Heartbeat Bill, che considera legale l’aborto solo se esso avviene entro le prime sei settimane di gravidanza (cioè quando dall’ecografo diventa udibile il battito del cuore del feto), mentre alcuni di essi hanno emanato norme ancora più restrittive.
Mentre i conservatori esultano, i progressisti non restano a guardare: il presidente degli USA Joe Biden ha subito chiarito la sua posizione in merito: “Oggi è un giorno triste per la Corte e per il paese”e ha aggiunto: “Ora senza il precedente Roe, bisogna essere chiari, la salute e la vita delle donne in questa nazione è a rischio” . Nel mondo del cinema si sono espressi molti attori, registi e produttori usando termini ancora più forti.
Il presidente degli Stati Uniti, parlando da Madrid a margine della riunione della NATO, ha detto di essere pronto a sostenere un’eccezione delle regole del Senato americano per eliminare l’ostruzionismo (filibustering) repubblicano e consentire l’approvazione di una legge che codifichi il diritto all’aborto a livello federale: sarebbe un’impresa titanica. Il Congresso infatti ha sempre evitato il tema in passato, lasciando alla giurisprudenza il compito di decidere in merito.
Nel frattempo ben 150 esponenti dell’industria cinematografica, ancora prima della decisione – tra cui le cantanti Ariana Grande, Miley Cyrus, Selena Gomez – hanno apposto la loro firma su una lettera nella quale hanno ribadito il proprio sostegno ad una politica di libera scelta, di tutela della salute riproduttiva e sul diritto alla privacy e all’autonomia personale sui trattamenti medici.
In seguito alla decisione di venerdì scorso Barack e Michelle Obama, Taylor Swift, Halle Berry, Viola Davis, Cynthia Nixon, Elizabeth Banks, Keke Palmer, Danny DeVito, Stephen King e molti altri autorevoli esponenti hanno criticato il verdetto della corte attraverso i social media.
Molte donne hanno inoltre voluto raccontare la propria esperienza sull’aborto, una decisione che esse non hanno preso a cuor leggero. Tra loro Whoopi Goldberg, Chelsea Handler (stand up comedian americana) , Laura Prepon (Orange Is the New Black) and Jameela Jamil (The Good Place) e Alyssa Milano (Streghe).
“È una decisione terribile e difficile da prendere. Se non hai i mezzi per capire e iniziare la conversazione con: ‘so quanto questo sia difficile per te’ e cominci dicendomi che brucerò all’inferno, significa che non mi consideri come un essere umano, sia che io sia della tua stessa religione o meno e ciò non è accettabile.”
Whoopi Goldberg
Studi cinematografici e giganti dello streaming come Disney e Netflix intanto hanno dichiarato che inseriranno le spese necessarie per il viaggio verso un altro stato per abortire all’interno dell’assicurazione sanitaria prevista per le loro dipendenti. Negli USA sono ancora molti gli stati favorevoli alla libertà di scelta come lo stato di New York, la California e la Florida, dove recentemente un giudice si è pronunciato contro il divieto.