Ti sei mai chiesto come hanno iniziato i grandi registi? Se il loro cammino è stato facile oppure difficile e quali altri registi negli anni hanno ispirato con il loro stile? In questa nuova rubrica risponderemo a queste ed altre domande raccontandoti la storia di autori vecchi e nuovi che hanno fatto sì che il cinema diventasse la loro professione. Benvenuto a Ritratto d’autore.
Ovviamente non potevamo iniziare questa rubrica se non parlando di colui che ha rivoluzionato Hollywood per come la conosciamo oggi; sto parlando di Steven Spielberg. Regista dinamico che si è sempre saputo muovere da un genere all’altro, regalando ai suoi fan film indimenticabili e che hanno fatto crescere milioni di spettatori. Bando alle ciance e andiamo a scoprire chi era Steven prima di diventare lo Spielberg che tutti conosciamo.
È nata una stella (l’infanzia di Spielberg)
Steven Allan Spielberg nasce nel 1946 a Cincinnati, da padre ingegnere elettronico (Arnold Meyer Spielberg) e madre (Leah Adler) restauratrice e pianista. Dal 1953 al 1957 vive in Arizona e fin da piccolo è rimasto affascinato dal mondo del cinema e nel suo cuore ha sempre saputo che cosa avrebbe poi voluto fare da grande.
Si può dire che sua madre abbia avuto un ruolo fondamentale in questo, perché era l’unica nella famiglia a sostenerlo ed incoraggiarlo a girare le sue opere, incitandolo con frasi come: “Let’ go out in the desert and make films” (Andiamo nel deserto a girare film). Infatti, armato di cinepresa 8mm, il piccolo Spielberg si divertiva a sperimentare realizzando brevi filmati di pochi minuti che in certi casi ritraevano scene cui assisteva al cinema.
La mia Momma è stata sempre forte, impareggiabile. Mi ha trasmesso la sua interiorità, la sua visione positiva del mondo e vorrei solo che fosse fiera, ieri come oggi, di me.
Diversamente da lei, il padre ha sempre pensato a questa passione del figlio come ad un hobby non accettando questo suo amore verso il cinema. Con l’arrivo dell’adolescenza Steven inizia a prendere questa sua passione più seriamente arrivando a creare con degli amici una vera e propria troupe con i quali gira cortometraggi come The Last Gunfight (1959) ed Escape to Nowhere (1961), molti dei quali avrebbero preparato il terreno per i suoi prossimi film.
Tempo dopo, per esigenze lavorative del padre, la famiglia si trasferisce in California in cui il giovane Steven vivrà uno dei momenti più difficili della sua vita in cui affronterà i problemi del bullismo, l’antisemitismo e la dislessia. Quel periodo sarà ricordato da lui come un inferno sulla terra. Inoltre in casa si aggiungono ulteriori problemi dovuti al divorzio dei genitori che va a distruggere quel sottile equilibrio nel quale Spielberg si sentiva al sicuro ed è così che all’età di 16 anni decide di smettere di fare i film.
Ma si sa, quando il cinema ti scorre nel sangue è difficile allontanarsene, infatti nel 1962 ci fu un film in particolare che lo folgorò cambiando il corso degli eventi; Lawrence d’Arabia di David Lean.
Fino a quel momento Steven Spielberg aveva considerato la sua passione un passatempo, ma grazie a questo film rivide sé stesso e da quel giorno decise che quello sarebbe stata la sua professione e niente e nessuno gli avrebbero potuto far cambiare idea.
Avrei fatto questo lavoro o sarei morto provandoci
La sua caparbietà e la sua determinazione lo portarono nel 1968 a realizzare il suo primo cortometraggio professionale, Amblin’. Il corto inizia a girare attraverso gli Studios ed i produttori e Steven prova per la prima volta la sensazione frustrante dell’attesa che lo logora dall’interno, facendogli credere che tutto il mondo si muovesse mentre lui rimaneva sempre nello stesso punto. Questa attesa viene ripagata quando conoscerà il produttore televisivo e vicepresidente della Universal, Sid Sheinberg che colpito da questo suo ultimo lavoro, decide di fargli firmare un contratto per sette anni come regista televisivo.
La gavetta nella televisione e Duel
Così Spielberg viene mandato a Los Angeles per lavorare in televisione, ed inizia firmando un episodio del film tv Mistero in Galleria (1969); nel cast l’attrice Joan Crawford metterà il giovane Steven a dura prova esigendo da lui un atteggiamento professionale e scrupoloso.
Seguirono poi: Marcus Welby, M.D. (1970) con James Brolin, The Name of the Game (1971) con Anthony Franciosa, The Psychiatrist (1971), Owen Marshall – Counselor at Law (1971) con Tim Matheson e soprattutto il primo episodio ufficiale della serie Colombo intitolato Murder by the Book (1971) con protagonista il grande Peter Falk.
Sempre nel 1971, Spielberg girerà quello che sarebbe diventato il suo primo film in assoluto; Duel. Nato come film per la televisione, sarà successivamente divulgato nei cinema.
Anche se è visto come uno dei suoi film minori, Duel mostra già alcune delle caratteristiche del linguaggio cinematografico di Steven come: l’uomo comune (il protagonista David Mann) che si ritrova ad affrontare una minaccia più grande di lui, i problemi famigliari del protagonista e soprattutto la tematica del bullismo.
Come Spielberg spiega, il film rappresenta in parte il vissuto della sua orribile infanzia; la macchina rossa guidata dal protagonista simboleggia lui da piccolo, mentre il grosso camion che la insegue tutti quei bulli che in gioventù l’hanno terrorizzato e demoralizzato.
Questa sua opera prima lo aiuta definitivamente a staccarsi dal circuito televisivo per passare a quello cinematografico in cui farà la conoscenza di colleghi ed amici che lo accompagneranno per il resto della sua carriera.
I Movie Brats e Lo Squalo
Dopo Duel, Steven dirige Sugarland Express (1974) con Goldie Hawn e William Atherton. Il film non avrà lo stesso successo del precedente lavoro, ma sarà precursore del sodalizio con il leggendario compositore John Williams.
Fortunatamente John Williams non è l’unico che trova in quegli anni, perché dopo di lui sarebbero arrivati altri illustri amici: George Lucas, Francis Ford Coppola, Martin Scorsese e Brian De Palma. Insieme sono poi diventati I Movie Brats, coloro che rivoluzionarono il sistema Hollywoodiano portandolo a quello che tutti conosciamo oggi.
Cosi come fu per Francois Truffaut che diede inizio alla Nouvelle Vague grazie al film I 400 Colpi, anche Spielberg inaugurò il periodo della New Hollywood con un’opera che divenne il suo lascia passare per il futuro; Jaws.
La lavorazione di Jaws, a detta di Spielberg, fu un vero e proprio caos. La sceneggiatura non c’era e veniva scritta mentre giravano, le scene sulla barca erano girate in mare aperto e non in studio il che non rendeva le cose facili e in più lo squalo meccanico affondava di continuo tant’è che all’epoca era stato ribattezzato come “il grande stronzo bianco”.
Nonostante tutti questi problemi il film si rivelò un vero successo facendo incassare a Steven e alla Universal circa 470 milioni di dollari, un vero e proprio record. Jaws riceve una nomination ai Golden Globe e vince l’Oscar per la miglior colonna sonora composta ovviamente da John Williams.
Il cinema d’Avventura: Indiana Jones
Nel 1977 Steven si dedica al film di fantascienza Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo che ridefiniva le caratteristiche della fantascienza classica portandola nell’era moderna adottando dei sistemi di ripresa ed effetti speciali all’avanguardia che anticiparono ciò che avvenne con Star Wars di George Lucas. Pensa che l’idea originale di questo film Spielberg l’ha avuta da un suo vecchio cortometraggio intitolato Firelight (1964), anch’esso raccontava di UFO ed incontri ravvicinati.
Nel 1979 Steven Spielberg si cimenterà con il genere comico con John Belushi ed è così che nasce 1941 – Allarme a Hollywood che si rivelerà il suo primo flop al cinema. Niente è ancora perduto, perché in soccorso del regista arriva l’amico George Lucas presentandogli l’idea di una storia che vedeva come protagonista un archeologo che si occupava del ritrovamento di reperti soprannaturali. Spielberg non ci pensa due volte ed accetta, da quel momento nacque Indiana Jones.
Il famoso avventuriero con il volto di Harrison Ford fa la sua prima apparizione nel 1981 con I predatori dell’Arca Perduta in cui Spielberg dà il meglio di sé fra humour slapstick, montaggio adrenalinico e spettacolarità effettistica. Il film fa uso di un budget di 20 milioni di dollari, che Steven promette di non sforare ed incassa quasi 390 milioni di dollari con grande sorpresa di tutti. Ancora una volta l’uomo comune che si ritrova ad essere un eroe cattura l’interesse dei fan ed incentiva Steven a continuare la saga fino ad arrivare a quello che sarà Indiana Jones e la Ruota del Destino che vedremo nel 2023.
E.T. un piccolo alieno Made in Italy
Ebbene sì, E.T. è un nostro lontano parente. Carlo Rambaldi è stato un effettista molto famoso in campo cinematografico che, oltre ad aiutare Spielberg in Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, è conosciuto da tutti come il padre di E.T. l’extra-terrestre che il nostro Steven diresse nel 1982 e che lo consacrò ancora una volta come uno dei registi commerciali più intimi e profondi di tutti i tempi, il suo linguaggio semplice ti arriva al cuore e a quel punto non puoi fare a meno di ammirarlo.
Ciò che spicca maggiormente nei film di Steven è il rapporto con i suoi attori bambini ed E.T. è un ottimo esempio. Infatti i bambini appaiono veri, puri e più coraggiosi persino degli adulti, Spielberg li dirige con una cura quasi paterna e con il massimo rispetto. Non li tratta come bambini, bensì discute con loro come suoi pari perché nel profondo anche lui stesso guarda il mondo con gli occhi dell’innocenza.
La cinepresa era la mia penna e scrivevo le parole tramite il suo obiettivo.
La Maturità: Empire of the Sun e Schindler’s List
Nel 1987 avviene un cambiamento radicale nello stile di Spielberg, infatti decide di dimostrare al pubblico ed ai critici di saper realizzare dei film impegnati, ed è così che nasce Empire of the Sun, il film che lanciò la carriera di Christian Bale. Ancora una volta il nostro regista sfrutta la giovane età del protagonista per raccontare, attraverso gli occhi di quest’ultimo, del come la guerra rovini l’infanzia dei bambini facendogli crescere troppo in fretta, buttandoli in un mondo crudele ed oscuro.
La maggior parte dei fan purtroppo non riesce a comprendere la scelta di Steven, reputando il film troppo ambizioso e distante dalle sue precedenti opere. Poi nel 1993 arrivò Schindler’s List e tutti dovettero ricredersi.
Schindler’s List è ricordato da Steven Spielberg come il film che ha cambiato completamente la sua prospettiva sul cinema ed emotivamente fu il più difficile che avesse mai girato fino a quel momento. Fare un film sulla Shoah per lui era una follia, aveva paura di deludere troppe persone. E se non fosse stato per gli amici ed i parenti accanto a lui che lo spinsero a realizzarlo, forse non avremmo mai ottenuto una testimonianza così sincera, coraggiosa e commovente sull’Olocausto che colpì sei milioni di Ebrei e dell’uomo che con tanti sacrifici riuscì a salvarne più di 1200. Grazie a questo capolavoro, Steven ottenne per la prima volta l’Oscar come miglior regista.
Dai dinosauri alla spiaggia di Omaha
Il 1993 non è stato solo l’anno di Schindler’s List, ma anche quello in cui il cinema avrebbe cambiato per sempre il modo di pensare e vedere gli effetti speciali. Jurassic Park fu il film che brutalmente spazzò via con un colpo di coda tutto quello che era stato concepito per gli effetti visivi, facendo entrare prepotentemente nell’immaginario collettivo quella che sarebbe diventata la computer grafica.
Con Jurassic Park, Steven Spielberg regala al pubblico dei dinosauri vivi e possenti che passeranno alla storia dando il via ad una saga duratura e proficua che è giunta alla sua conclusione con l’ultimo capitolo Jurassic World: Il Dominio. Una meravigliosa dimostrazione di come storia ed effetti possano convivere generando un meraviglioso mix finale.
Vento incessante e mare agitato. Sulla spiaggia, i soldati appena sbarcati dalle scialuppe vengono massacrati dalla scarica dei proiettili nemici. Le pallottole fischiano sull’acqua e sulla terraferma e si mischiano alle urla strazianti dei corpi dei soldati sparpagliati sulla sabbia tinta di sangue.
https://www.youtube.com/watch?v=h4J8Sr54HJE&list=PLy7kUHp8lR9XLGf6ucJZ058r7drk8T582&index=13&t=15s
È il 1998 e Steven Spielberg sta girando la prima sequenza di Salvate il Soldato Ryan in cui fa vivere allo spettatore i primi venti minuti dello sbarco in Normandia nel modo più sconvolgente, crudo ed iper realistico che nessuno si sarebbe sognato di realizzare. Sarà più tardi Tarantino nel 2009 con Bastardi senza Gloria a confermarne il modello. Spielberg ha sempre amato i film di guerra e quest’opera è stata per lui il coronamento di un sogno, ma principalmente l’occasione per riallacciare i rapporti con il padre che fino a quel momento aveva tenuto distante e lo fa dedicandogli Salvate il soldato Ryan. Questo suo lavoro imponente gli varrà il secondo Oscar a miglior regista.
Dopo questo film l’approccio di Spielberg cambiò molto, mise da parte i film di avventura e fantascienza per dedicarsi ad opere appartenenti alla vera storia americana e che raccontavano la schietta realtà del mondo, così nacquero film come: Munich (2005), War Horse (2011), Lincoln (2012), Il Ponte delle Spie (2015) e The Post (2017).
Gli ultimi anni…fino a The Fabelmans
Non che nell’ultimo periodo non abbia provato a fare anche opere di fantascienza come Minority Report (2002) e La Guerra dei Mondi (2005), ma il risultato appariva sempre molto cupo e distante dal suo stile precedente.
Ma nell’ultimo periodo, Steven ha riacquistato la voglia di giocare e sperimentare con i generi più disparati e ciò lo ha dimostrato nel film Ready Player One (2018) tratto dall’omonimo romanzo di Ernest Cline in cui Spielberg pare ritrovare il giovane sé stesso dei tempi di Indiana Jones, regalando al pubblico un’avventura emozionante in cui tuffarcisi appieno per immergersi in un mondo fatto di citazioni e rimandi al cinema da lui tanto amato.
Il suo cammino è proseguito lavorando su progetti che prima non avrebbe mai sperimentato, come il remake del Musical West Side Story (2021) e il suo primo lavoro autobiografico The Fabelmans (2022). Quest’ultimo è un lavoro intimo che racconta come è nata la sua passione e il come la macchina da presa sia sempre stata la sua unica scuola nel cinema, ma soprattutto è un messaggio di speranza verso tutti quei giovani registi nel mondo che ancora non hanno trovato la giusta strada da seguire. Con questo film Steven li incoraggia a continuare e a non arrendersi mai, perché se credi in un sogno prima o poi apparirà davanti ai tuoi occhi, cosi come i titoli di un film.
Grazie a The Fabelmans, Steven si è aggiudicato ben due Golden Globe per Miglior Film Drammatico e Miglior Regista. Il giusto riconoscimento ad un autore che ha fatto tanto per il cinema e che ancora oggi non ha smesso di meravigliare i suoi spettatori.
An amazing moment for Steven Spielberg! Congratulations on your WIN for Best Director – Motion Picture for the film @thefabelmans! 🙌
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— Golden Globe Awards (@goldenglobes) January 11, 2023