Twin Peaks – Fuoco cammina con me torna sul grande schermo dopo 26 anni; il prequel di una delle più note serie televisive degli anni ’90 continua a inquietare il pubblico.
Incoraggiato dall’enorme successo delle prime due stagioni della serie televisiva I segreti di Twin Peaks, David Lynch decide di portare sul grande schermo la storia di Laura Palmer, parte primissima, ovvero come sono iniziate le sue disgrazie.
Lynch scrive la sceneggiatura con l’aiuto di Mark Frost e, probabilmente, di dosi di LSD che avrebbero fatto impallidire Jimi Hendrix. Scherzi a parte, il regista di Eraserhead non si smentisce e gira un altro film visionario, onirico, con costanti premonizioni del peggio che sta per accadere. Un immaginario che non può non ricordare le atmosfere di Stephen King. Non è un caso che Stanley Kubrick, mentre girava Shining, lo proiettasse più volte al cast, come esempio.
Intanto la location sembra molto simile a quella di molti romanzi di King, ambientati nel Maine.
Dalle targhe delle auto vediamo, invece, che siamo nello stato di Washington, ossia alla stessa latitudine, ma dalla parte opposta degli States, dal lato del Pacifico, anziché dell’Atlantico. Ma l’atmosfera è la stessa: la provincia nordamericana fatta di bugie, omissioni, meschinità, violenza, crudeltà, tutto sotto l’apparenza di una serenità da White Mill, ovvero da Mulino Bianco.
Come spesso fanno i grandi registi, anche David Lynch si ritaglia una comparsata nel film nel ruolo di Gordon Cole, un capo dell’FBI affetto da sordità, la stessa menomazione di cui soffre Truffaut in Effetto notte. Impossibile non pensare a una citazione. Nel film di Truffaut il regista, impersonato dallo stesso Truffaut, è sordo; a simboleggiare, ironicamente, la sordità, e quindi l’indifferenza, del genio creatore, che non si sogna neppure di stare a sentire quelli che gli sono intorno. Quali siano stati gli intenti di Lynch non si sa. Irene Bignardi, che seguì il film al festival di Cannes del 1992 per La Repubblica, malignò che Gordon era diventato sordo a sentire la colonna sonora di Angelo Badalamenti.
Oltre a Lynch gli attori sono tutti, salvo poche eccezioni, gli stessi della serie. E qui c’è la prima sorpresa; mentre nella serie televisiva, tolti Kyle MacLachlan, ossia l’agente dell’FBI Dale Cooper, e Sheryl Lee, ossia Laura Palmer, tutti recitano male senza remissione, nel film nessuno recita malissimo, neppure Ray Wise, ovvero Leland Palmer, padre di Laura, che nella serie, invece, è veramente pessimo. E poi c’è David Bowie, che non fa una grande parte, ma è pur sempre Bowie e a noi ci basta.
Eppure, tanto ebbe successo la serie televisiva quanto non piacque il film.
Già alla presentazione a Cannes il pubblico si dimostrò alquanto freddo e la critica lo stroncò all’unanimità. Vero è che chi non aveva già visto la serie rischiava di non capirci granché, visto anche l’impianto caotico del film. Dall’altro lato, i fan della serie lo trovavano troppo cupo e privo di humor. Effettivamente Laura Palmer piange più di una madonna in un convegno di comunisti e la presenza limitata di Dale Cooper limita, a sua volta, tutti gli spunti umoristici che nella serie erano suo appannaggio quasi esclusivo. D’altro canto Kyle MacLachlan non partecipò volentieri al film e la sua parte, alla fine, dovette essere ridotta drasticamente. Rimangono anche molti punti oscuri nella storia, forse perché, dopo aver girato materiale per oltre quattro ore, la produzione fu bloccata perché troppo costosa mentre, pare, che Lynch stesse progettando addirittura altri due film sfruttando il soggetto di Twin Peaks.
Solo ultimamente Fuoco cammina con me è stato rivalutato e, vedendolo oggi, effettivamente, non sembra il miglior film di Lynch, ma è più che dignitoso.
Perché? Forse proprio perché in questi anni Twin Peaks è entrato nell’immaginario comune. Come chiunque sa cosa sia un vampiro senza aver letto necessariamente Dracula o Carmilla o, addirittura, senza aver nemmeno mai visto un film di vampiri; come chiunque sa cosa sia l’inconscio anche se non ha mai visto un libro di Freud neppure sugli scaffali di una libreria, tutti sanno cosa sia Twin Peaks o, almeno, conoscono l’atmosfera della la small town nordamericana mediata, magari, proprio dai libri di Stephen King. L’atmosfera di Twin Peaks è diventata familiare e, come si sa, ciò che è familiare ci piace di più. Le prime opere cubiste o astratte non piacevano, non per pregiudizio, ma perché non erano mai state viste, ma anche davanti ai quadri di Giotto storcevano la bocca perché non c’era lo sfondo dorato.