Lo scorso 25 gennaio, sfidando un calendario già saturo di attesissime uscite cinematografiche, Trent Film ha distribuito in una manciata di sale italiane Appuntamento a Land’s End, per la regia dello scozzese Gillies MacKinnon. Realizzato nel 2021, ha per protagonista Tom, un pensionato che, dopo la morte della moglie, decide di ripercorrere in senso contrario il viaggio che aveva portato la coppia a trasferirsi in Scozia dalla Cornovaglia. Con il suo abbonamento agli autobus locali, è pronto ad attraversare la Gran Bretagna da Nord a Sud: destinazione Land’s End. A dargli un volto estremamente familiare è Timothy Spall, classe 1957, uno degli attori più acuti e versatili della sua generazione.
Battersea, Londra: i primi passi di Timothy Spall
La destinazione che dovremmo raggiungere se potessimo viaggiare a ritroso nella vita di Timothy Spall è Bettersea, un’area di Londra a sud del Tamigi. Terzo di quattro figli, nacque in una famiglia della working-class: la madre lavorava come parrucchiera, il padre era un dipendente delle poste. In un’intervista rilasciata a Rich Pelley per The Guardian, ha ricordato così gli anni dell’infanzia:
«La nostra casa vittoriana a sud-ovest di Londra non aveva nemmeno il bagno, come in un romanzo di Dickens o in una pubblicità di Hovis (nota marca di prodotti da forno, N.d.R.). Io e mio fratello staccavamo i ghiaccioli dall’interno della finestra e li leccavamo come lecca-lecca. Mia mamma fu felicissima quando ci trasferimmo in un edificio comunale con bagno interno e riscaldamento centralizzato».
All’età di sedici anni, accantonata l’idea di arruolarsi nell’esercito, scelse di seguire la strada della recitazione: entrò a far parte del National Youth Theatre e s’iscrisse alla Royal Academy of Dramatic Art (RADA), dove conseguì il diploma nel 1978.
Gli esordi teatrali lo videro prendere parte a varie produzioni del Birmingham Repertory Theatre – tra le quali Mary Barnes di David Edgar (1978) – e della Royal Shakespeare Company, come Baal di Bertolt Brecht (1978), Le allegre comari di Windsor e Cimbelino di Shakespeare (1979), Tre sorelle di Anton Čechov (1979), Nicholas Nickleby di Charles Dickens (1980), Il suicida di Nikolaj Erdman e Peter Tegel (1980) e The Knight of the Burning Pestle di Francis Beaumont (1981).
Più tardi, al National Theatre di Londra, interpretò il ruolo dell’erede al trono di Francia Carlo VII, il Delfino, in Santa Giovanna di George Bernard Show (1984), nonché quello di Ligurio nella Mandragola di Machiavelli (1984).
Nel frattempo, si era assistito anche alle sue prime apparizioni cinematografiche e televisive. Sul grande schermo aveva interpretato The Life Story of Baal (1978) di Edward Bennett , Quadrophenia (1979) di Franc Roddam, prodotto dagli Who e con protagonista Sting, The Missionary (1982) di Richard Loncraine e Remembrance (1982) di Colin Gregg, il primo film con Gary Oldman. Per la televisione, nel 1981, aveva preso parte a due trasposizioni di Čechov – The Cherry Orchard di Richard Eyre e The Three Sisters di Trevor Nunn –, mentre nel 1982 aveva recitato in Oliver Twist, diretto da Clive Donner.
Nello stesso anno iniziò il sodalizio artistico più importante della sua carriera, quello col regista Mike Leigh, grazie al film per la BBC Home Sweet Home. Vi si raccontavano le vicende quotidiane di tre postini; Timothy Spall, che in loro aveva potuto rivedere la figura di suo padre, giudicò l’opera «piuttosto accurata»: «Se mi si dovesse dire che Mike Leigh è accondiscendente, io lo accuserei dell’esatto contrario: di elevare, e di rendere divertente e tragico, ciò che la maggior parte delle persone attraversa nella vita».
In seguito, l’attore sarebbe apparso in altri cinque film di Leigh: Dolce è la vita (1990), Segreti e bugie (1996), Topsy-Turvy – Sotto-sopra (1999), Tutto o niente (2002) e Turner (2014).
Auf Wiedersehen, Pet: il successo televisivo di Timothy Spall
La carriera televisiva di Timothy Spall raggiunse l’apice con le prime due stagioni della serie Auf Wiedersehen, Pet (1983-1984 e 1986), creata da Franc Roddam e trasmessa da ITV. I protagonisti erano sette lavoratori edili britannici che lasciavano il Regno Unito per cercare lavoro in Germania, trasferendosi a Düsseldorf. Spall interpretava il goffo Barry Taylor, un elettricista proveniente dal Black Country, nelle Midlands Occidentali inglesi: i compagni, pur nutrendo per lui un certo affetto, erano soliti prenderlo in giro per la sua ridondanza e il suo pessimismo.
Nel 2000, la prima stagione della serie fu inserita nella classifica dei 100 migliori programmi TV britannici stilata dal British Film Institute. Nel 2015, in un sondaggio indetto da Radio Times per celebrare i sessant’anni di ITV, Auf Wiedersehen, Pet arrivò ad affermarsi come il miglior programma mai trasmesso dalla rete. La serie aveva frattanto fatto ritorno sugli schermi di BBC One, con una terza stagione nel 2002 e una quarta nel 2004.
Il rapporto dell’attore con il mezzo televisivo non avrebbe mai conosciuto interruzioni, neppure nei momenti di maggiore attività cinematografica. Dopo aver interpretato accanto a Colin Firth il film TV di Giles Foster Dutch Girls (1985), Spall fu protagonista, in particolare, di The Tale of Little Pig Robinson (1990), per la regia di Alan Bridges, e della serie in tredici episodi Frank Stubbs Promotes (1993-1994), diretta da Simon Nye.
Tra un grande varietà di progetti, si distinsero poi le tre stagioni della sitcom Outside Edge (1994-1996), dirette da Richard Harris, la miniserie di Stephen Poliakoff Shooting the Past (1999), con Lindsay Duncan e Liam Cunningham, la miniserie The Think About Vince (2000) di Christopher King, il film TV di Danny Boyle Vacuuming Completely Nude in Paradise (2001) e il film diretto da Loncraine per HBO My House in Umbria (2003).
Si può notare come, negli stessi anni in cui grandi produzioni cinematografiche regalavano a Timothy Spall una fama planetaria solo grazie a parti secondarie, la televisione gli affidasse ruoli da protagonista. Accadde con i film TV Cherished (2005) di Robin Shepperd, Mr. Harvey Lights a Candle (2005) di Susanna White, Mysterious Creatures (2006) di David Evans e The Fattest Man in Britain (2009) di David Blair, nonché con la miniserie diretta da Coky Giedroyc Oliver Twist (2007), nella quale interpretò un inedito Fagin.
Il pubblico ha potuto persino vederlo nei panni di se stesso nella docuserie di BBC Four Timothy Spall at Sea (2010-2012): un progetto diviso in tre parti che lo ha seguito a bordo della sua chiatta olandese mentre circumnavigava la costa britannica insieme alla moglie, Shane Baker.
La sua presenza sul piccolo schermo è rimasta costante fino a oggi: negli ultimi dieci anni è stato protagonista, tra l’altro, delle serie Blandings (2013-2014) di Guy Andrews, The Enfield Haunting (2015) di Kristoffer Nyholm, Fungus the Bogeyman (2017) di Catherine Morshead e The Sixth Commandment (2023), scritta da Sarah Phelps e diretta da Saul Dibbs.
Da Mike Leigh a Harry Potter: Timothy Spall e il cinema
Nella ricca carriera di Timothy Spall, il cinema è stato a lungo un territorio non troppo esplorato. Dopo Quadrophenia, Franc Roddam tornò a sceglierlo per il suo secondo lungometraggio, La sposa promessa (1985). Il primo ruolo importante gli fu però offerto da Ken Russell in Gothic (1986), un’orrorifica rievocazione degli incontri intrattenuti a Villa Diodati, sul lago di Ginevra, da Lord Byron (Gabriel Byrne), Percy Bysshe Shelley (Julian Sands), Claire Clairmont (Myriam Cyr) e Mary Shelley (Natasha Richardson); Timothy Spall venne scelto per il ruolo del dottor John Polidori.
I film interpretati negli anni successivi consolidarono la sua fama di grande caratterista: da Un prete da uccidere (1988) di Agnieszka Holland, con Cristopher Lambert, a Robinson Crusoe – La storia vera (1989) di Caleb Deschanel, da La casa n° 13 in Horror Street (1988) di Harley Cokliss a 1871 (1990) di Ken McMullen, passando per le collaborazioni con cineasti del calibro di Clint Eastwood, in Cacciatore bianco, cuore nero (1990), e di Bernardo Bertolucci, ne Il tè nel deserto (1990). Risale al 1990 anche Dolce è la vita di Mike Leigh.
Dopo tanta televisione e altre incursioni a teatro – sul palcoscenico del National Theatre, in Sogno di una notte di mezza estate (1992) –, fu chiamato a interpretare Shakespeare sul grande schermo da Kenneth Branagh, dapprima in Hamlet (1996) e poi nella commedia Pene d’amor perdute (2000).
Quando il cinema era sul punto di riservargli le prime grandi soddisfazioni, si trovò ad affrontare uno dei periodi più difficili della sua vita. Alla vigilia dell’anteprima di Segreti e bugie, che sarebbe valso a Mike Leigh la Palma d’oro al Festival di Cannes e cinque nomination agli Oscar, scoprì di essere affetto da una grave malattia. Molti anni più tardi, al The Graham Norton Show, sulla BBC, avrebbe ricordato con sottigliezza e humour quei giorni di maggio del 1996:
«Mi fu diagnosticata la leucemia il giorno in cui sarei dovuto andare a Cannes, e quando vidi tutti sfilare sul tappeto rosso avevo la mia prima chemio attaccata direttamente al cuore». Il suo racconto entrò nei particolari: «Quando non sai se vivrai o morirai, sei in uno stato di profondità. Ricordo che andavo al parco tra un trattamento e l’altro, e guardavo un albero, e per la prima volta pensavo davvero che cosa straordinaria fosse. E per circa dieci minuti ho pensato che fosse veramente un bell’albero. E poi, dopo un po’, l’ho fatto di nuovo, e a un certo punto ho pensato: sai, questa cosa della profondità è un tantino sopravalutata.
Così, quando ho iniziato a essere meschino, a battibeccare con le persone che amavo, a urlare contro la gente nel traffico e a essere ridicolo, buffo e scurrile, ho capito che stavo migliorando». Morale della favola? «Quando stai morendo, tendi a essere profondo. Perciò non temere mai di essere un meschino sciocco. Significa che non stai morendo».
Dopo il ritorno in scena con Still Crazy (1998) di Brian Gibson, la filmografia di Timothy Spall si arricchì in breve tempo di un gran numero di titoli: tra gli altri, Brivido di sangue (1998) di Po-Chih Leong, The Clandestine Marriage (1999) di Christopher Miles, Vatel (2000) di Roland Joffé, Intimacy – Nell’intimità (2001) di Patrice Chéreau – vincitore dell’Orso d’oro al Festival di Berlino –, Evasione fortunata (2001) di Peter Cattaneo, Vanilla Sky (2001) di Cameron Crowe, Il vecchio che leggeva romanzi d’amore (2001) di Rolf de Heer e L’ultimo samurai (2003) di Edward Zwick. Fu inoltre tra i doppiatori di Galline in fuga (2000) di Peter Lord e Nick Park, prestando la propria voce al topo Frego.
Nel 2002, per la prima volta, Leigh gli assegnò un ruolo da protagonista, in Tutto o niente; nel 2000 era stato insignito dalla Regina Elisabetta del titolo di Ufficiale dell’Eccellentissimo Ordine dell’Impero Britannico.
Nel 2004 prese parte alla black comedy di Brad Silberling Lemony Snicket – Una serie di sfortunati eventi, con Jim Carrey, e soprattutto apparve nel terzo capitolo di una delle saghe più amate di sempre: Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, per la regia di Alfonso Cuarón.
Il suo abietto personaggio, Peter Minus, soprannominato “Codaliscia” perché capace di trasformarsi in un topo, avrebbe accompagnato tutti i successivi episodi della saga ideata da J. K. Rowling: Harry Potter e il calice di fuoco (2005) di Mike Newell e, per la regia di David Yates, Harry Potter e l’Ordine della Fenice (2007), Harry Potter e il principe mezzosangue (2009), Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 1 (2010) e Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2 (2011).
Benché potesse facilmente prevedere che le avventure del maghetto più famoso del mondo gli avrebbero dato grande popolarità, quando aveva saputo di essere parte del progetto aveva istintivamente pensato ai colleghi di set: «Ho scoperto che ci saremmo stati io, David Thewlis, Gary Oldman, Alan Rickman, tutti della stessa generazione, con Daniel (Radcliffe). Tutti tra i migliori attori inglesi, quindi ero molto contento. Daniel era adorabile, e all’epoca era così giovane, era un attore che stava crescendo in mezzo a tre non solo dei miei contemporanei, ma dei miei attori preferiti».
Il suo entusiasmo per quell’esperienza non si sarebbe mai attenuato, come emerso anche poco tempo fa da un’intervista a Repubblica: «È ancora un grande successo perché è una storia straordinaria, un grande strumento per avvicinare i bambini alla lettura e qualcosa che può essere tramandato di generazione in generazione. Negli anni, visto che ho interpretato un personaggio terribile, mi aspettavo insulti per strada, invece ho sempre trovato cordialità. Evidentemente i cattivi piacciono quanto i buoni».
La carriera cinematografica di Timothy Spall non cessò di articolarsi su più fronti. Dividendosi tra Hogwards e il mondo dei babbani, alternò ruoli da protagonista – ad esempio, in Pierrepoint (2005) di Adrian Shergold e in Reuniting the Rubins (2010) di Yoav Factor – a parti secondarie in film quali Houdini – L’ultimo mago (2007) di Gillian Armstrong, Come d’incanto (2007) di Kevin Lima, Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street (2007) di Tim Burton e Appaloosa (2008) di Ed Harris.
Per la regia di Tom Hooper interpretò poi due personaggi reali: l’allenatore di calcio Peter Thomas Taylor ne Il maledetto United (2009) e il primo ministro inglese Winston Churchill nel pluripremiato Il discorso del re (2010).
Il suo più grande successo personale arrivò nel 2014, grazie a Turner: l’opera di Mike Leigh sul grande pittore William Turner gli valse il premio come miglior interprete maschile al Festival di Cannes, l’European Film Award come miglior attore e molti altri riconoscimenti in giro per il mondo.
Alcuni dei film che seguirono lo videro interpretare personaggi della contemporaneità: il politico unionista nordirlandese Ian Paisley ne Il viaggio (2016) di Nick Hamm, lo storico revisionista David Irving in La verità negata (2016) di Mick Jackson e un altro pittore, L. S. Lowry, in Mrs Lowry & Sons (2019) di Adrian Noble.
Nel frattempo, la sua evidente perdita di peso non era passata inosservata. L’attore, smentendo le voci che gli attribuivano nuovi problemi di salute, spiegò all’Independent che era stata una scelta volontaria e strettamente legata alla sua professione: «A un certo punto mi è scattato qualcosa. Ho iniziato a pensare: “Non so quanto tempo mi resta. Voglio essere al centro delle cose”. Volevo vedere se potevo, e in molti mi stanno dando questa possibilità. E la cosa mi piace molto. Non so se andrà avanti per sempre, ma le parti mi stanno arrivando».
Non gli erano mancate, in effetti, offerte di grande qualità. Oltre ad avere interpretato Il guardiano di Harold Pinter sul palco dell’Old Vic di Londra (2016), era stato nuovamente diretto da David Blair in Away (2016), con Juno Temple; Sally Potter lo aveva poi voluto al fianco di Kristin Scott Thomas in The Party (2017) e, nello stesso anno, era tornato a collaborare con Richard Loncraine in Ricomincio da noi. Nel film di Ron Scalpello Impero criminale (2019) aveva inoltre prestato il proprio volto al malavitoso Clifford Cullen.
In anni più recenti è stato protagonista di It Snows in Benidorm (2020), diretto da Isabel Coixet, della commedia di Daniel Graham The Grand Duke of Corsica (2021), del già citato Appuntamento a Land’s End, del film di Ian Puleston-Davies Bolan’s Shoes (2023) e di Northern Comfort (2023), per la regia dell’islandese Hafsteinn Gunnar Sigurðsson. A queste opere si sono aggiunte alcune produzioni per il grande pubblico, tra cui Spencer (2021) di Pablo Larraín, This Is Christmas (2022) di Chris Foggin, The Pale Blue Eye – I delitti di West Point (2022) di Scott Cooper, con Christian Bale, e Wicked Little Letters (2023) di Thea Sharrock.
L’ultima apparizione di Timothy Spall nei cinema inglesi risale alle scorse festività natalizie, quando ha vestito i panni di un gracile Babbo Natale nel film di Edward Hall The Heist Before Christmas (2023).