Rebecca – La prima moglie (Rebecca)
Regia: Alfred Hitchcock; soggetto: dal romanzo omonimo di Daphne du Maurier; sceneggiatura: Robert E. Sherwood, Joan Harrison/Philip MacDonald e Michael Hogan (adattamento); fotografia (B/N): George Barnes; scenografia: Lyle R. Wheeler; trucco: Monte Westmore; colonna sonora: Franz Waxman; effetti speciali: Jack Cosgrove e Arthur Johns; montaggio: Hal C.. Kern; interpreti: Laurence Olivier (conte Maximilian de Winter), Joan Fontaine (la seconda signora De Winter), Judith Anderson (sig.ra Dennie Danvers, la governante), George Sanders (Jack Favell), Gladys Cooper (Beatrice Lacy), Nigel Bruce (maggiore Giles Lacy), Reginald Denny (Frank Crawley), C. Aubrey Smith (colonnello Julyan), Melville Cooper (medico legale), Florence Bates (Judytta Van Hopper), Leonard Carey (Ben), Leo G. Carroll (dott. Baker), Edward Fielding (Frith); produzione: David O. Selznick per Selznick International Pictures; origine: USA – 1940; durata: 130′.
https://youtu.be/t3YJcW2UQiw
Trama
Principato di Monaco, anni ’40. La giovane dama di compagnia (Fontaine) dell’anziana signora Van Hopper conosce e sposa il ricco aristocratico Maximilian de Winter (Olivier). Costui è rimasto vedovo dopo la morte della sua prima moglie Rebecca, con la quale aveva vissuto nel castello di Manderley, un sontuoso e isolato maniero a strapiombo su un promontorio roccioso. La donna è deceduta misteriosamente, in seguito all’affondamento del suo yacht e il suo corpo, ritrovato in mare è stato tumulato nella cappella di famiglia. Il conte Max conduce la giovane moglie al castello, dove ella viene accolta dalla governante, l’austera signora Danvers (Anderson), che nutre ancora una devozione incondizionata nei confronti della memoria della sua precedente padrona. Davanti al ricordo idealizzato della contessa, di cui tutti non fanno che parlare, la nuova signora de Winter si sente impacciata e inadeguata, al punto da provare verso quel fantasma che sembra ancora aleggiare nel castello una profonda gelosia che sconfina nell’esasperazione, temendo che il marito non possa amare una donna tanto diversa come lei.
Un giorno, durante una tempesta, un vascello affonda davanti al promontorio di Manderley. I palombari, immersisi per recuperare il carico dell’imbarcazione, si imbattono nel relitto dello yacht e, esplorandolo, scoprono il cadavere della contessa, all’interno di una cabina chiusa. Notano anche che le paratie del panfilo sono state sfondate dall’interno, nel palese tentativo di affondare il natante. Il conte deve quindi affrontare una nuova inchiesta ma, prima di recarsi in città, confessa alla moglie la verità sulla morte di Rebecca. In un casolare sulla spiaggia egli aveva affrontato la moglie, che gli aveva confessato di aspettare un bambino di un altro uomo e di non averlo mai amato. In preda alla disperazione egli era avanzato verso di lei, che aveva messo un piede in fallo e aveva battuto la testa su una carrucola, ferendosi mortalmente. Per nascondere quello che egli riteneva un delitto, Max aveva poi affondato lo yacht con dentro il corpo e aveva riconosciuto il cadavere di una donna arenatosi sulla spiaggia come quello della moglie.
In città il colonnello incaricato dell’inchiesta vuole vederci chiaro e chiama dei testimoni: interviene allora Jack Favell, informato dalla Danvers, cugino e amante di Rebecca, sostenendo che la donna aspettasse un figlio suo e insinuando il sospetto che il marito l’abbia uccisa per soffocare lo scandalo. L’analisi del medico legale dimostra però che la donna non era incinta al momento della morte e il suo dottore personale, interrogato sulle sue condizioni, conferma come la paziente si fosse sottoposta ad analisi che avevano rivelato un cancro incurabile. Il caso viene archiviato come suicidio e Favell telefona alla Danvers (dietro la cabina s’intravede il profilo inconfondibile di Alfred Hitchcock): il loro piano è fallito e i due novelli sposi stanno tornando a Manderley. In un impeto di follia, non potendo sopportare l’esito della vicenda, la governante appicca un incendio che distrugge il castello. Davanti agli occhi dei due amanti il maniero viene consumato dal fuoco e con esso scompare anche il ricordo della sciagurata Rebecca.
“Una storia priva di umorismo”
Nel celebre libro-intervista che François Truffaut dedica al maestro del brivido (Il cinema secondo Hitchcock, edito in Italia nella collana Il Saggiatore) così quest’ultimo definisce il suo film. Che non considera nemmeno americano, perchè girato con un cast britannico e con una troupe inglese. Americani di sicuro erano invece lo stile e il copione, scritto dal drammaturgo Robert Sherwood. Hitchcock era stato convocato negli Stati Uniti dal vulcanico produttore David O. Selznick, per girare un film sulla storia del naufragio del Titanic. Giunto a Hollywood però il tycoon gli diceva di aver cambiato idea e di aver acquistato i diritti di un romanzo di Daphne du Maurier, appunto Rebecca. Il maestro, che aveva già messo gli occhi sulla storia ma non aveva potuto acquisirne i diritti perchè troppo cari, accetta di girare il film che ha un budget faraonico per le sue abitudini (oltre un milione di dollari).
Scelti gli interpreti, i problemi non tardano ad arrivare, come racconta lo stesso regista:“Dopo ‘Via col Vento’ Selznick era ossessionato dall’idea che il pubblico si sarebbe infuriato per qualunque modifica apportata rispetto al romanzo. Mi ricorda la storia delle due capre che stanno mangiando le bobine di un film tratto da un best-seller e una dice all’altra: ‘Personalmente preferisco il libro’.” Si sa che chi investe denaro ha molto peso nelle scelte, così il regista inglese s’ingegna per ritrarre una storia lontana dai canoni cui era abituato, aggiungendo l’elemento di suspense derivante dal conflitto tra i personaggi. Nel film la figura della governante si staglia imponente sulla protagonista che appare come vittima – così insignificante da non essere mai chiamata per nome – del confronto con la perfetta Rebecca. La signora Danvers, interpretata alla perfezione da Judith Anderson, è uno dei villain più riusciti nella carriera del regista, tanto più terrificante perchè appare all’improvviso ogni qual volta la sua nuova padrona si trova in difficoltà. Per tutta la durata della storia non la vediamo mai muoversi, come se fosse essa stessa un fantasma severo e inquisitore. Riguardo all’atmosfera morbosa e all’ambientazione, Hitchcock stesso ammette che il maniero (la casa in realtà è un modellino, così come il viale d’accesso) è uno dei personaggi principali del film. Il suo isolamento dal mondo, senza nemmeno una collocazione geografica verosimile, accentua nello spettatore la sensazione che la novella sposa Joan Fontaine sia in trappola. Il regista riesce anche a convincere Selznick che formare con le volute di fumo una gigantesca “R” nel cielo sia un espediente scenico finale esagerato e lo riduce a un semplice cuscino con l’iniziale ricamata che brucia. Della pellicola si segnalano tre remake: uno del 1979, prodotto dalla BBC, uno nel 2008 realizzato da Riccardo Milani per la RAI come fiction in due episodi con Alessio Boni, Cristiana Capotondi e Mariangela Melato nel ruolo di Mrs.Danvers uno del 2020 con Lily James e Kristin Scott Thomas, disponibile dal 21 ottobre su Netflix (qui sotto il trailer).
Il responso del botteghino è caloroso, gli incassi rispecchiano le attese: ingaggiare come protagonisti due divi come Olivier (in verità un po’ ingessato: quell’anno è anche un tormentato Darcy in Orgoglio e Pregiudizio di Robert Z. Leonard) e Joan Fontaine ripaga. Il coro di lodi per quest’ultima è il più assordante, anche se le malelingue del gossip insinuano che la parte della giovane affetta da complesso di inferiorità verso un’altra figura femminile le sia riuscita così bene anche a causa del rapporto con la sorella maggiore Olivia De Havilland. Rebecca si presenta alla notte delle stelle con undici nomination, comprese quelle per il film e la regia.
Il racconto del redattore
Il 27 febbraio 1941,al Biltmore Hotel il comico Bob Hope vedendo le statuette dorate si lascia scappare un ironico:“Ah, Selznick le ha riportate indietro?”riferito alla premiazione a pioggia di Via col Vento, dell’anno precedente. La rosa dei finalisti del 1941 è ricchissima. Oltre al quarantenne inglese Alfred Hitchcock, in gara con Rebecca – La prima moglie e Il prigioniero di Amsterdam c’è il grande John Ford con due pellicole di solido cinema ‘sociale’,tanto caro al presidente Roosevelt che invia ai commensali un saluto e un elogio filmato a Hollywood: Viaggio senza fine e soprattutto Furore sono opere ricche di pathos e, mentre il primo non raccoglie nulla, il secondo,tratto dal libro di John Steinbeck, vince 2 premi per la migliore attrice non protagonista Jane Darwell, madre di famiglia in viaggio verso ovest dall’Oklahoma (“Siamo vivi. Siamo il popolo, la gente che sopravvive a tutto.Nessuno può distruggerci, nessuno può fermarci. Noi andiamo sempre avanti.”) e soprattutto per la miglior regia. Sconfitto dell’annata è Charlie Chaplin: Il grande dittatore, ispirato film pacifista con un mite barbiere scambiato per il tiranno Adenoid Hinckel- Adolf Hitler ha cinque nomination e non vince niente. Migliore attrice protagonista femminile dell’annata è Ginger Rogers, grazie al rifiuto di Katharine Hepburn, nel primo ruolo serio dopo tanti musical per Kitty Foyle,ragazza innamorata;anche in questo caso la favorita Joan Fontaine alza bandiera bianca, così come la memorabile Bette Davis e l’immensa Hepburn, protagoniste rispettivamente di Ombre malesi di William Wyler e di Scandalo a Filadelfia di George Cukor, che regala l’unico Oscar della carriera a James Stewart (a parer mio risarcito per la statuetta mancata l’anno precedente con Mister Smith va a Washington). Tre trofei meritatissimi alla fotografia a colori,alla scenografia e agli effetti speciali sono il bottino de Il Ladro di Baghdad, sforzo produttivo dei fratelli Korda da uno dei racconti delle Mille e una notte. Per L’uomo del West vince il terzo Oscar della carriera l’idolo dei caratteristi Walter Brennan. La serata si conclude con Rebecca – La prima moglie incoronato miglior film (vince anche per la miglior fotografia in bianco e nero).Selznick ritira baldanzoso l’Oscar,mentre Hitchcock, alla prima di sei infruttuose nomination, mastica amaro per la sconfitta nella gara per la migliore regia.
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