Momenti di Gloria (Chariots of Fire)
Regia: Hugh Hudson; soggetto e sceneggiatura: Colin Welland; fotografia: David Watkin; scenografia: Roger Hall (con Jonathan Amberston, Len Huntingford, Anna Ridley, Andrew Sanders); costumi: Milena Canonero; colonna sonora: Vangelis; trucco: Mary Hillman; montaggio: Terry Rawlings; interpreti: Ben Cross (Harold Abrahams), Ian Charleson (Eric Liddell), Ian Holm (Sam Mussabini), Nicholas Farrell (Aubrey Montague), Nigel Havers (Lord Andrew Lindsay), Cheryl Campbell (Jennie Liddell), Alice Krige (Sybil Gordon), Daniel Gerroll (Henry Stallard), Brad Davis ( Jackson Scholz), Dennis Christopher (Charles Paddock), John Gielgud (professore di Cambridge), Lindsay Anderson (rettore Università di Cambridge), Richard Griffiths (portiere Rogers), Struan Rodger (Sandy McGrath), Benny Young (Rob Liddell), Nigel Davenport (Lord Birkenhead), Patrick Magee (Lord Cadogan), David Yelland (Principe di Galles); produzione: David Puttnam per Enigma Productions Ltd.; origine: Regno Unito – 1981; durata: 123′.
Trama
Londra,1978. Si celebra il funerale di Harold Abrahams, a cui partecipano alcuni tra gli atleti che con lui fecero parte della rappresentanza inglese alle Olimpiadi di Parigi del 1924. Un flashback porta l’azione al 1919, in un’Inghilterra post primo conflitto mondiale, narrando come fu costituita la squadra olimpica inglese. Harold Abrahams (Ben Cross) è un giovane ebreo che frequenta l’Università di Cambridge. Figlio di un ricco banchiere lituano, considera la sua velocità nella corsa un’occasione per sconfiggere i pregiudizi razziali sul suo conto all’interno dell’ambiente snob di Cambridge. Durante gli anni di università Abrahams ottiene una serie di vittorie in varie competizioni, guadagnandosi l’ammirazione dei suoi compagni di corso. E’ in questo periodo che conosce Sybil (Alice Krige), una giovane soprano, con la quale inizia una relazione amorosa. Eric H. Liddell (Charleson), figlio di genitori missionari in Cina, è un fervente cristiano appartenente alla Chiesa scozzese. Nonostante la disapprovazione della sorella Jennie (Cheryl Campbell), che critica la sua volontà di partecipare a competizioni sportive, Liddell vede nella sua abilità nella corsa un modo per onorare il talento che il Signore gli ha donato. Abrahams e Liddell si incontrano per la prima volta a Londra nel 1923. Liddell batte Abrahams in gara e quest’ultimo prende molto male la sconfitta, tanto che decide di affidarsi alla guida di Sam Mussabini (Ian Holm), un allenatore professionista che lo aiuterà a migliorare la sua tecnica. Ciò attira le critiche del suo professore e del rettore di Cambridge (sir John Gielgud e Lindsay Anderson), che gli ricordano il divieto per gli atleti della suadra olimpica di ricorrere ad allenatori professionisti. Abrahams si ostina nella sua scelta ritenendo le loro accuse determinate da mero antisemitismo, intenzionato a partecipare alle prossime Olimpiadi estive di Parigi. Nel frattempo Liddell perde una funzione religiosa in chiesa per partecipare a una corsa e sua sorella Jennie lo rimprovera, accusandolo di trascurare Dio. Ancora una volta Liddell le dice che correre per lui significa rendere onore a Dio e diffonderne la parola attraverso la notizia delle sue vittorie. Dopo un anno di duro allenamento, Abrahams e Liddell sono ammessi a rappresentare la Gran Bretagna alle Olimpiadi che si terranno in Francia. Insieme con loro fanno parte della squadra olimpica alcuni compagni di università di Abrahams: Lord Andrew Lindsay (Nigel Havers), Aubrey Montague (Nicholas Farrell), e Henry Stallard (Daniel Gerroll). Durante le Olimpiadi, Liddell apprende dai giornali che la sua corsa dei 100 metri si svolgerà di domenica. Nonostante la forte pressione del Principe di Galles e del comitato olimpico britannico, Liddell si rifiuta di correre nel giorno dedicato al Signore. Il compagno di squadra Lord Andrew Lindsay, già vincitore dell’argento nei 400 metri ostacoli, propone di cedere a Liddell il suo posto nella gara dei 400 metri che si svolgerà il martedì successivo. Liddell accetta, mostrandogli la sua gratitudine. Le sue convinzioni religiose di fronte all’orgoglio atletico nazionale fanno subito notizia in tutto il mondo. Nel frattempo Abrahams viene battuto nella corsa dei 200 metri da Charles Paddock, il corridore più famoso e con maggiore esperienza degli Stati Uniti, vincendo la medaglia d’argento. Abrahams riesce a rifarsi vincendo i 100 metri piani,e mentre sui 400 è Liddell a imporsi. In patria i due,così diversi tra loro, vengono accolti come degli eroi. La scena torna al 1978: al funerale di Abrahams manca proprio Liddell, morto in Cina nel’45 come svelano i titoli nel finale, in cui viene riproposta la corsa sulla spiaggia sulle note del celebre tema musicale.
Cenerentola al ballo
Meno di 6 milioni di dollari. Tanto è costato al produttore David Puttnam Momenti di Gloria. Le riprese si sono tenute dall’aprile al giugno 1980 tra Inghilterra e Scozia. La scena della corsa degli atleti illuminati dal sole che corrono sulla spiaggia, filmata al ralenti e imitata in tutto il mondo è stata girata sulla West Sands Beach a Fife, Saint Andrews, in Scozia. Presentato in concorso al Festival di Cannes, pur non vincendo la Palma d’Oro il film britannico riceve una menzione speciale da parte della giuria e un riconoscimento a Ian Holm come miglior attore non protagonista per il ruolo dell’allenatore Sam Mussabini. Arrivato in USA, rastrella un ragguardevole incasso di 55 milioni di dollari che soddisfa la Warner Bros,società che ne detiene i diritti di distribuzione per gli Stati Uniti. L’assenza di star di primo piano nel cast, nel quale tuttavia figurano caratteristi di lusso come John Gielgud e Lindsay Anderson, non nuoce ad un film che possiede ritmo e astuzia tali da toccare il cuore dell’audience oltreoceano, con una storia che mescola fervore religioso e riscatto sociale. Ai Golden Globe la stampa premia Momenti di Gloria col trofeo al miglior film straniero e passa oltre, mentre le nomination agli Oscar sono sette,tra le quali figurano quelle prestigiose per il miglior film e la regia. Alla vigilia i favoriti sono altri e nulla lascia presagire qualcosa più di una semplice comparsata per Hugh Hudson e i suoi corridori coraggiosi.
Il racconto del redattore
La notte del 29 marzo 1982,con tredici nomination è Reds di Warren Beatty il film da battere. Il soggetto del film è spinoso per l’epoca reaganiana, nella quale si respira un clima di rinnovata Guerra Fredda: la storia di John Reed, padre del comunismo yankee. Giornalista e amico personale di Lenin, dopo aver raccontato la rivoluzione messicana egli partecipa all’Ottobre rosso che consegna la Russia ai bolscevichi,narrando la fine dell’Impero degli Zar nella celebre cronaca I dieci giorni che sconvolsero il mondo,senza farsi mancare una storia d’amore con la compagna di una vita Louise Bryant-Diane Keaton. La pioggia di premi che molti si aspettano non si concretizza: tre Oscar a Beatty regista, alla non protagonista Maureen Stapleton per il personaggio della pasionaria anarchica Emma Goldman e alla ispirata fotografia di Vittorio Storaro, che dal palco ringrazia il regista-divo: nonostante si sia dovuto girare in Finlandia, a causa del divieto imposto dalle autorità sovietiche, le immagini e i paesaggi invernali fotografati dall’autore italiano lasciano estasiati. Resta all’asciutto Jack Nicholson, che nel film è il drammaturgo Eugene O’Neill ed estorce alla critica superlativi assoluti. Tre statuette per Sul Lago dorato di Mark Rydell: due Oscar ai ‘Golden Oldies‘ protagonisti, Katharine Hepburn e Henry Fonda (per la prima è il quarto,record assoluto, mentre è il secondo,dopo quello onorario dell’anno precedente per Fonda) che interpretano due anziani coniugi cui la figlia scapestrata lascia il tredicenne rampollo del suo ultimo fidanzato per l’estate. L’amicizia tra il vecchio Norman e il bambino contribuisce a rinsaldare il rapporto tra padre e figlia, che finiranno per riconciliarsi. I due mattatori sono assenti, i trofei vengono ritirati da Jane Fonda, che ha prodotto il film anche per avere l’occasione di recitare accanto all’anziano genitore (nella sceneggiatura che vince il terzo Oscar all’opera, ella mette molto del suo: il difficile rapporto col padre, ritrovato dopo anni, non è casuale). La vittoria di Fonda sbarra la strada soprattutto al crepuscolare Burt Lancaster di Atlantic City (il film del francese Louis Malle non vince nulla), in cui un vecchio gangster tira fuori dai guai la giovane Susan Sarandon, con la quale ha avuto un’avventura: l’interpretazione del vecchio leone è eccellente e viene premiata dai critici di New York. Il campione d’incassi dell’annata I predatori dell’Arca Perduta, frutto della collaborazione fra George Lucas e Steven Spielberg, fa man bassa di premi tecnici (cinque per la scenografia, il montaggio, il suono, gli effetti speciali visivi più un Oscar speciale gli effetti sonori). Nonostante gli sfuggano i riconoscimenti principali lo spericolato archeologo Indiana Jones interpretato da Harrison Ford in seguito all’improvvido rifiuto di Tom Selleck diventa uno dei personaggi più popolari della storia del cinema, guadagnando cifre da capogiro con tre seguiti e un quinto film in arrivo. L’Oscar per il trucco, appena istituito come categoria fissa, va al movimentato Un lupo mannaro americano a Londra di John Landis. Dopo il tributo onorario all’anziana Barbara Stanwyck, dark lady per eccellenza del cinema anni ’40, la serata si chiude col trionfo a sorpresa di Momenti di Gloria: quattro Oscar al film (in alto il filmato originale della consegna), alla sceneggiatura originale di Colin Welland, ai costumi e alla colonna sonora del musicista greco Vangelis, che scala le Hit Parade.
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Film incantevole ed esemplare per gli amanti dell’atletica!!!
Grazie per il feedback. “La falcata lunga è la morte dello scattista”. Questa me la sono anche giocata all’esame di maturità.