Il Discorso del Re (The King’s Speech)
Regia: Tom Hooper; soggetto e sceneggiatura: David Seidler; fotografia: Danny Cohen; scenografia: Eve Stewart; costumi: Jenny Beavan; trucco: Frances Hannon; colonna sonora: Alexandre Desplat; montaggio: Tariq Anwar; interpreti: Colin Firth (principe Albert/Re Giorgio VI), Helena Bonham Carter (Elizabeth Bowes-Lyon), Geoffrey Rush (Lionel Logue), Guy Pearce (Re Edoardo VIII), Timothy Spall (Winson Churchill), Miachel Gambon (Re Giorgio V), Derek Jacobi (Arcivescovo Cosmo Lang), Jennifer Ehle (Myrtle Logue), Anthony Andrews (Stanley Baldwin), Calire Bloom (Mary di Teck), Eve Best (Wallis Simpson), Freya Wilson (principessa Elizabeth), Ramona Marquez (principessa Margaret), Calum Gittins (Laurie Logue), Dominic Applewhite (Valentine Logue), Roger Parrot (primo ministro Neville Chamberlain); produzione: Iain Canning, Emile Sherman e Garet Unwin per See-Saw Films, Bedlam Productions; origine: Regno Unito – 2010; durata: 118′.
Trama
Nel 1925, il figlio cadetto del Re Giorgio V, il principe Albert (Firth), devetenere il discorso di chiusura della British Empire Exhibition, parlando per la prima volta in pubblico. Un forte problema di balbuzie lo blocca, provocando grande imbarazzo tra i presenti e convincendolo a sospendere qualsiasi orazione pubblica. Nel 1934, dopo svariate terapie inutili e dopo aver consultato eminenti logopedisti senza risultato, sua moglie la Duchessa di York (Bonham Carter) si reca nello studio di Lionel Logue (Geoffrey Rush), esperto di problemi del linguaggio,noto per i suoi metodi innovativi ma poco ortodossi. Il Principe viene convinto ad incontrarlo e il terapeuta gli fa recitare un passo dell’Amleto mentre ascolta, in cuffia, musica a tutto volume, registrando la voce in un dittafono. Spazientito, egli interrompe la seduta ma porta con sè il disco. Riascoltandosi, realizza di aver recitato il passo alla perfezione, senza esitazione o difficoltà nello scandire le parole di Shakespeare. Egli torna allora nello studio di Logue, accettando di sottoporsi alla terapia, la quale prevederà un impegno quotidiano. Nel frattempo la salute di Re Giorgio peggiora e il monarca muore, proprio mentre il suo primogenito si invaghisce di una divorziata, l’americana Wallis Simpson: decide di salire al trono col nome di Edoardo VIII, ma persevera nella frequentazione della donna, provocando grave imbarazzo con la sua condotta. Il difficile rapporto col fratello maggiore è il motivo che fa scontrare Logue e Albert, che decide di interrompere la cura, nonostante i suoi evidenti progressi. Infine, pur di sposare la sua amante, il Re decide di abdicare in favore del fratello che ora, data la propria posizione, non potrà più sottrarsi a parlare in pubblico. Riprende la terapia e si prepara all’incoronazione, sotto l’occhio vigile dell’arcivescovo Lang, che non vede di buon occhio l’amicizia tra il futuro Re e il terapeuta. Egli fa svolgere indagini su di lui, scoprendo che l’esperto è un attore fallito, privo di titoli accademici. Ciò porta i due a una discussione accesa ma Logue racconta di non averlo ingannato e di essersi formato sul campo, aiutando i soldati traumatizzati dalla guerra a risolvere i problemi del linguaggio. Questa spiegazione convince Albert a concedergli nuovamente fiducia. Il Principe ascende al trono col nome di Giorgio VI. Nel 1939, Re Giorgio prepara il discorso alla nazione che annuncia l’entrata in Guerra contro la Germania, da trasmettere via radio; Logue riesce a calmare il Re e gli rimane accanto durante la lettura, accompagnandolo con gesti ritmici e aiutandolo con lo sguardo a mettere in pratica le tecniche imparate. Il discorso è un successo e suscita grande emozione nei sudditi britannici: dopo aver ringraziato Logue, Re Giorgio si affaccia al balcone di Buckingham Palace con la moglie e le due figlie, salutando la folla accorsa ad applaudirlo.
Il fascino di una storia vera
Il Discorso del Re è un progetto nato da una sceneggiatura di David Seidler, il quale ne ha anche sperimentato una versione teatrale, prima di pensare ad un film. Il fatto che si tratti di una storia vera convince l’Istituto Cinematografico Britannico a stanziare un contributo di un milione di sterline: intorno all’idea si associano una serie di produttori indipendenti, con l’appoggio dei fratelli Weinstein, che scelgono come regista il promettente Tom Hooper e i due protagonisti: Colin Firth per il ruolo del Principe Albert e il premio Oscar Geoffrey Rush per la parte del suo originale terapeuta e amico. A loro vengono affiancati mostri sacri del cinema britannico, da Helena Bonham Carter, ironica Duchessa di York, a Michael Gambon, autoritario Giorgio V. Hooper riesce a girare il film in modo delicato e minimale, grazie a inquadrature fisse e all’uso di obiettivi leggermente deformanti, trasmettendo il senso di soffocamento del protagonista, condotto dagli eventi ad abbracciare un destino del quale non si sente all’altezza. Il resto viene lasciato all’interpretazione degli attori, immersi spesso in ambienti spogli, che inducono lo spettatore a soffermarsi sull’attività di Logue, che aiuta il suo paziente a guardarsi dentro per scoprire gli ostacoli, creati dall’educazione, dalla mancanza di autostima, dal profondo senso del dovere che bloccano la sua capacità di espressione e gli impediscono di trovare la sua voce.
Con un incasso globale di oltre 400 milioni di dollari, il Discorso del Re conquista pubblico e addetti ai lavori. Vince il Toronto Film Festival e si presenta ai Golden Globe di gennaio con ben 7 nomination, portando però a casa solo il premio al miglior attore in un film drammatico (Colin Firth). Agli Oscar il film di Hooper parte con 12 candidature, favorito per la corsa alla statuetta per il miglior film.
Il racconto del redattore
Nella serata condotta dagli esordienti James Franco e Anne Hathaway (brillante e controverso il suo discorso di apertura, che puoi vedere in alto) la rosa dei pretendenti al premio più ambito è nutrita. Ci sono storie vigorose come quella del pugile di The Fighter di David O. Russell (vince per gli attori non protagonisti Melissa Leo e Christian Bale) o quella di 127 ore di Danny Boyle, nel quale James Franco è costretto a una scelta difficile per salvarsi la vita quando resta bloccato in un crepaccio o ancora quella di un altro film indipendente, Un gelido inverno che conta sulla recitazione della ventenne Jennifer Lawrence. Ci sono poi i due film che si dividono i premi tecnici: il visionario Inception di Cristopher Nolan, che ci trasporta in un mondo parallelo e si afferma per la fotografia, il sonoro, il montaggio sonoro e gli effetti speciali e la rilettura noir firmata Tim Burton del classico Alice in Wonderland, premiata per scenografia e costumi. Meritano una menzione anche Il cigno nero di Darren Afonosky (candidato alla regia) che regala l’Oscar da protagonista a Natalie Portman, The Wolfman premiato per il trucco e il remake de Il Grinta, girato dai fratelli Coen, che punta tutto sul carisma di Jeff Bridges: in effetti risulta superiore all’originale ma resta all’asciutto (10 nomination e neppure un premio), oltre al commovente Toy Story 3 che merita la candidatura alla statuetta principale, ma vince solo come miglior film d’animazione. Alla fine, Il Discorso del Re rispetta il pronostico della vigilia, imponendosi con 4 Oscar di rilievo: miglior film, regia, sceneggiatura e attore protagonista (in basso la consegna del premio al miglior film).