<<In movie making Nobody knows anything>>
William Goldman, scrittore e sceneggiatore, due volte premio Oscar per Butch Cassidy (1969) e Tutti gli uomini del presidente (1976) è morto il 18 novembre scorso a New York, all’ età di 87 anni. Nato a Chicago nel 1931, inizia a scrivere in giovane età, trovando molte difficoltà a vincere la diffidenza degli editori che ne rifiutano i primi lavori. Questo è il motivo che lo spinge a dedicarsi alla scrittura di sceneggiature per il cinema: i suoi copioni, dotati di uno stile fluido e dialoghi serrati, piacciono ai produttori Jerry Gershwin ed Elliott Kastner, che lo ingaggiano per scrivere l’adattamento per il grande schermo del popolare romanzo di Ross Macdonald Bersaglio Mobile che diventerà il film Detective’s Story , diretto da Jack Smight con Paul Newman e Lauren Bacall (1966). La pellicola riscuote un grande successo di critica e pubblico, fruttando a Goldman un Edgar Award per la migliore sceneggiatura cinematografica del 1967.
Nel 1969 La 20th Century Fox gli affida, per la cifra record di 400.000 dollari, la scrittura di un film su due leggende del vecchio West,capi di una banda di fuorilegge: Butch Cassidy e Sundance Kid. Lo studio fa le cose in grande: affida la regia a George Roy Hill, il quale conferisce al film quel tocco scanzonato e leggero che ben si attaglia ai due divi più amati dal pubblico femminile, Paul Newman e Robert Redford. La colonna sonora, premiata con l’ Oscar è affidata a Burt Bacharach che scandisce le imprese dei due banditi al ritmo della celebre Raindrops keep falling on my head. Il successo è fragoroso, con un incasso di 102 milioni di dollarI solo negli USA, a fronte di un costo di soli 6.000.000 $. Molto del merito va ascritto alle battute di Goldman (“Parlami delle banche australiane” “Sono ricche, mature e succulente” “Le banche o le donne?” “Oltre le banche, anche le donne…” ).
La carriera di Goldman decolla e ora gli editori fanno a gara per accaparrarsi i diritti dei suoi romanzi, molti di essi adattati poi da lui stesso per il cinema – da ricordare almeno The princess Bride e Il Maratoneta- senza dimenticare la seconda statuetta, conquistata col controverso e avvincente Tutti gli uomini del Presidente di Alan J. Pakula, tratto dal racconto dei giornalisti che smascherarono lo “scandalo del Watergate”, Bob Woodward e Carl Bernstein (interpretati rispettivamente da Dustin Hoffman e Robert Redford) e la terza nomination col copione di Misery non deve morire (1990) adattamento del best-seller di Stephen King, molto apprezzato dallo stesso romanziere americano, con l’inquietante Kathy Bates che rapisce e segrega il suo scrittore preferito, per impedirgli di uccidere un’ eroina letteraria.
Risalgono agli anni della stesura di Tutti gli uomini del presidente i primi contrasti con l’industria cinematografica: Goldman fu scelto da Robert Redford, vero promotore del film, dopo che egli stesso aveva bocciato il primo copione di Nora Ephron ed ebbe non poche difficoltà a far digerire ai produttori, convinti che coi film “politici” non si guadagnasse un dollaro, la scelta di rappresentare i fatti così come avvennero, tentativi di insabbiamento e minacce al Washington Post comprese. In un’intervista del 1997, concessa al giornalista Charlie Rose, lo scrittore, ormai sessantaseienne, spiega il proprio punto di vista: nel 1983 lo sceneggiatore coniò il famoso detto secondo cui a Hollywood “nessuno sa niente”, quando si tratta di prevedere quali film andranno meglio al box office: per quanto ci si sforzi non serve rincorrere i gusti del pubblico, quanto produrre un film al meglio delle proprie possibiltà, scrivendolo con onestà intellettuale (ho mantenuto il link nell’ articolo, anche se purtroppo l’ intervista è senza sottotitoli).
Nel 1985 riceve anche il Laurel Award, il premio alla carriera assegnato dal Writers Guild of America, il sindacato degli sceneggiatori e negli ultimi anni della sua vita ha continuato a lavorare, aiutando altri sceneggiatori a seguire le sue orme: è stato mentore di Alan Sorkin e ha collaborato con Matt Damon e Ben Affleck alla stesura di Will Hunting. Ha sempre rifiutato di trasferirsi a Los Angeles, per mantenere un certo distacco dagli studios, a sottolineare quanto egli si considerasse uno scrittore, prima di uno sceneggiatore. Mancherà a tutti noi.