Avete mai riflettuto sul fatto che alcuni film, serie TV e cartoni animati degli anni ’80 e ’90 che ci hanno accompagnato per anni, ad un certo punto hanno smesso di essere trasmessi dalle reti TV?
Bene, niente paura, ci pensiamo noi a rinfrescarvi la memoria, ripescando dal dimenticatoio una commedia che ci ha fatto ridere e divertire e che raccontava una storia davvero assurda, ma non impossibile a pensarci bene.
Weekend con il morto è uscito il 9 febbraio 1989 a Barcellona, commedia degli equivoci diretta Ted Kotcheff.
Probabilmente, alla maggior parte di noi, questo nome sarà più o meno sconosciuto, ma agli amanti del genere, sicuramente no.
Quando parlo di “genere” non mi riferisco tuttavia al filone comico del quale questa pellicola fa parte, ma ad uno del tutto diverso.
Si perché, strano a dirsi, Ted Kotcheff ha infatti diretto il celebre Rambo, e si che i due film non potrebbero essere più diversi, anche se hanno una cosa in comune: sono entrambi dei cult.
Dopo Rambo appunto, uscito nel 1982, Kothceff con Weekend con il morto virò verso quella che viene definita commedia demenziale, slapstick o B-movie ma che col tempo si è posta come punto di riferimento per tantissime altre pellicole dello stesso genere e che conquistò già allora il pubblico, incassando più di 30 milioni di dollari e vendendo tantissime copie in home video.
Gli ingredienti per la presa immediata sugli spettatori, in effetti, c’erano tutti: l’atmosfera vacanziera e spensierata; uno spunto narrativo semplicissimo ma sviluppato alla grande dallo sceneggiatore; equivoci, battute al fulmicotone e la bravura dei protagonisti e, soprattutto, del “morto” Terry Kiser, sballottato in ogni dove e talmente credibile da risultare un vero cadavere.
Tutto questo ha fatto si che il film non invecchiasse mai e che continuasse a far ridere dando vita addirittura ad un sequel Weekend con il morto 2 (1993), diretto da Robert Klane, con gli stessi protagonisti, che non riuscì tuttavia a bissare i fasti del primo capitolo, fermandosi a circa 12 milioni d’incasso al box office mondiale.
Ma la storia, ve la ricordate?
Larry Wilson e Richard Parker, due giovanissimi addetti al computer di una società assicuratrice, sono fieri di una loro scoperta nei tabulati: per un solo sinistro risultano effettuati quattro pagamenti. Sicuri di un premio e forse di una promozione lo dicono al loro principale, Bernie Lomax, il quale, dopo i rallegramenti di rito, li invita intanto per un festoso week-end nella sua bella villa in riva al mare.
I due ingenui non hanno capito che Lomax è il colpevole dell’imbroglio e sbarcano tutti allegri su di un’isola, ma ignorano anche che Lomax ha incaricato un boss malavitoso di eliminarli.
Il delinquente, la cui ragazza lo tradisce con Lomax, decide perà di vendicarsi, dando mandato ad un suo scagnozzo (Paulie) di uccidere Lomax al posto di Larry e Richard.
Il tutto avviene nella villa, per cui questi ultimi si ritrovano con il morto fra i piedi, e temono di essere arrestati e accusati del delitto.
Ai ragazzi non resta che escogitare piani (tutti fallimentari) per sbarazzarsi del cadavere, ma quando il salotto di Lomax viene invaso da una folla di amici, nessuno in realtà si accorge che “il re delle feste” è morto e questo irretisce il sicario, che ritiene di non aver portato a termine la sua missione.
Da qui i vari gli equivoci e una sparatoria finale, dopo la quale Larry e Richard prenderanno il traghetto e torneranno a casa.
Girata a Manhattan, questa commedia in pieno stile americano ci catapulta negli anni ’80 dei lupi di Wall Street, degli uffici e delle auto di lusso, dei sigari e della coca, delle belle donne e della ricchezza sfrenata.
È la dimostrazione lampante di come, un bravo regista, possa infondere ritmo a una storia, e come un buon occhio dietro la macchina da presa possa regalare stile anche a una commediola e quando parliamo di ritmo, non ci riferiamo solo a quello della storia in se, ma anche alla scelta della colonna sonora firmata dal grande Andy Summers, ex membro dei Police per non parlare del’azzeccatissimo, pezzo reggae che apre il film Hot and Cold di Jermaine Stewart.
Il clima cameratesco del film, convinse il regista a concedersi anche un cameo nella sua stessa pellicola e infatti ad un certo punto, compare nei panni di Richard.
Le idee visive non mancano, come il tetto in cui i due protagonisti, Larry e Richard, vanno a prendere un po’ d’aria e che chiamano “la spiaggia” perché c’è una piccola piscina gonfiabile, ma l’asfalto si scioglie per il caldo.
Poi entra in scena Terry Kiser nei panni del boss Bernie Lomax, e non ce n’è più per nessuno: Lomax è l’incarnazione dl sogno americano, il classico belloccio di mezza età con i soldi, tanti, che può permettersi qualsiasi cosa.
Bernie però muore, e a questo punto è Kiser il vero protagonista della storia, grazie alle sovrannaturali capacità che una situazione così folle richiede.
È la sua mimica a tenere in piedi la seconda metà del film, tanto che, ogni volta che Lomax non è nell’inquadratura, tutto si spegne.
Una scena, in particolare, merita di essere considerata memorabile: quella in cui entrano nella villa di Bernie almeno un centinaio di persone per dare inizio al party, tutti si accorgono della sua presenza e gli rivolgono battute, proposte d’affari, inviti sessuali o richieste di droga, ma nessuno si rende conto che sta parlando con un morto.
E McCarthy e Silverman, increduli, decidono di stare al gioco. Un bel momento di sana comicità demenziale.
Non è tuttavia solo il simpatico faccione sorridente di Lomax l’ingrediente vincente del film, perché anche i due protagonisti non sono da meno.
Andrew McCarthy e Jonathan Silverman rappresentano i tipici ragazzi anni Ottanta con il sogno di fare soldi e successo; sono ragazzi puliti e ingenui e anche quando un dei due ha una storia con la collega Gwen (Catherine Mary Stewart), vive con lei una notte romantica solo nel contesto della lussuosa villa di Lomax.
Andrew McCarthy e Jonathan Silverman dalla loro avventura con il morto, ne hanno fatta di strada, e forse proprio grazie a questo trampolino di lancio, hanno avuto una carriera brillante.
Il primo ha girato più di 40 film l’ultimo dei quali è stato Ant-Man e decine di serie tv, si è lanciato anche nella carriera da regista, dirigendo diversi episodi di telefilm tra cui quelli della serie Orange Is the New Black.
Oggi ha 57 anni e negli ultimi anni si è costruito una carriera come autore di racconti di viaggi scrivendo per celebri quotidiani e riviste americane come il New York Times, il National Geographic e il Wall Street Journal.
Jonathan Silverman invece, di pellicole per il grande schermo ne ha girate 18.
Lo abbiamo visto in pellicole famose come La morte di fa bella e celebri serie tv come Friends, CSI: Miami, The Single Guy, In Case of Emergency – Amici per la pelle e Significant Mother.
Anche se all’epoca la critica non fu così tenera e nonostante nella trama ci siano una serie di gag banali, il film, che non pretende niente di più che far ridere, ci riesce a ogni tentativo, talvolta con qualche sprazzo di genialità.
Proprio per questo è forse corretto pensare che Weekend con il morto abbia segnato un punto di non ritorno, l’implodere di una decade su se stessa, che di lì a poco avrebbe fatto i conti con l’orrore della guerra, quella in Iraq dei primi anni ’90.
Rappresenta in realtà uno degli ultimi momenti di vera spensieratezza, quella sana goliardia che anche un morto che cammina può dare, quando il tempo del terrore e delle pandemie, era solo un miraggio.