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Lettura: Watchmen: 30 anni dopo le maschere in un thriller politico
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Watchmen: 30 anni dopo le maschere in un thriller politico

Giuseppe Marazita 6 anni fa Commenta! 5
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Variety riporta l’ottimo debutto di Watchmen sulla piattaforma HBO, che eguaglia i numeri di Succession e Westworld, con oltre 1,5 milioni di spettatori per il suo primo episodio; il primato per l’emittente statunitense appartiene a Il Trono di Spade, con la strepitosa cifra di 17,4 milioni di spettatori nella premiere dell’ottava stagione. Dal 21 Ottobre su Sky Atlantic in contemporanea con gli USA, la serie tv si propone come una continuazione dell’opera scritta da Alan Moore e disegnata da Dave Gibbons, un thriller politico ambientato ai giorni nostri, ma nell’universo del fumetto.

WatchmenLe azioni eroiche di Bass Reeves, primo afroamericano vicemaresciallo degli Stati Uniti, danno il via a It’s Summer and We’re Running Out of Ice, primo episodio di Watchmen: vediamo l’eroe nero in un film muto trasmesso in un teatro semivuoto mentre all’esterno impazzano i disordini razziali di Tulsa del 1921. Questi tragici eventi, realmente accaduti, si dimostreranno importanti tanto quanto il Vietnam per il Watchmen di partenza, introducendo i temi razziali su cui ruoterà la trama dello show. Anche nel presente l’integrazione razziale rappresenta solo una maschera che nasconde ambiguità: da un lato la ricerca di protezione da parte della polizia, dall’altro la voglia di sterminio razziale del Settimo Reggimento. Infatti, le vicende narrate avvengono tre anni dopo la Notte Bianca, un sanguinoso attacco ideato e messo a segno dai suprematisti bianchi contro le forze dell’ordine e le loro famiglie; ora i poliziotti devono coprirsi il volto con delle bandane gialle (colore simbolo degli Watchmen) per proteggere la loro identità, mentre i membri del Settimo Reggimento (un moderno Ku Klux Klan), il gruppo terroristico dietro i disordini, vivono nascosti indossando maschere di Rorschach.

Tuttavia, non siamo nel nostro 2019, ma in un tempo imbottigliato negli anni ’80, al momento in cui un essere extradimensionale uccise mezza New York per salvare l’intera umanità costringendo USA e URSS a firmare l’armistizio. Un presente senza smartphone, sostituiti dai cercapersone (visti in Captain Marvel), in cui le auto elettriche popolano le strade e Robert Redford da trent’anni governa gli Stati WatchmenUniti con la sua “Redfordation”: un piano economico per aiutare la popolazione afroamericana soggetta ancora ai pericoli del razzismo. Ormai non c’è più spazio per gli Watchmen originali: il Dottor Manhattan si è autoesiliato su Marte, Spettro di Seta II (Jean Smart) e Ozymandias (Jeremy Irons) invecchiati sembrano mostrare un ruolo marginale per ora, mentre il resto del gruppo è solo citato. Avanzano nuovi vigilanti, con costumi forse meno sgargianti: Sorella Notte (Regina King), Specchio (Tim Blake Nelson), Terrore Rosso (Andrew Howard) e Panda (Jacob Ming-Trent).

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Nicole Kassell (The Killing, Vinyl, The Americans) dirige un episodio ricco d’azione, con un finale che chiude il cerchio facendoci restare col fiato sospeso verso la prossima puntata. Curiosamente alla fine viene citato solo il nome di Dave Gibbons tra i creatori dei personaggi su cui è incentrata la serie tv. Damon Lindelof non avrà inserito Alan Moore forse perché l’autore “rifiuta di vedere il suo nome accostato a qualsiasi film ispirato ai suoi fumetti” o perché lo showrunner pensa che quest’ultimo l’abbia addirittura maledetto: “Mi svegliavo di soprassalto la notte, ma adesso che abbiamo finito di lavorare accade meno frequentemente. Sto per dire una cosa ridicola, ma credo sinceramente che Alan Moore mi abbia maledetto. Sto seriamente sentendo gli effetti di una maledizione, ma mi sta bene. Credo che sia nei suoi diritti maledirmi. Alla base della mia logica malata c’è il fatto che ho sentito che Alan Moore ha maledetto anche il film di Zack Snyder. So che rischio di sembrare un narcisista a credere che l’autore abbia dedicato del tempo a me per maledirmi, ma sono sempre più convinto di essere stato vittima di un anatema, così ho pensato ecco perché sono sempre così depresso e mi sento male tutto il tempo, sono obbligato a sentirmi così!”.

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