Digitando Gigi Proietti su uno dei più conosciuti motori di ricerca, strano a dirsi, decine e decine di pagine e articoli, ne descrivono i funerali, la malattia, gli ultimi istanti; parlano di amici e colleghi increduli e affranti dal dolore, si legge di omaggi, di cortei, fiumi di gente.
In questo articolo ho scelto invece di celebrare la vita di questo grande uomo, che tanto ha saputo dare al cinema, al teatro, alla televisione e ai palcoscenici italiani, per amore del suo lavoro ma anche per il semplice gusto di dare e regalare sorrisi e comicità.
Luigi Proietti, più noto semplicemente come Gigi Proietti, è stato uno dei più spigliati attori, registi, doppiatori e perfino cantanti italiani in circolazione. Insomma, un robusto artista, protagonista di numerosi film e svariate fiction di successo che con il tempo è diventato una delle personalità più glamour e straordinarie, nonché complete del cinema italiano.
Una sorta di caleidoscopio nel quale la società italiana contemporanea ha continuato a riflettersi per imparare a ridere e divertirsi, senza perdere di vista la vita vera.
La formazione
Luigi Proietti nasce a Roma il 2 Novembre 1940, in via Giulia nel cuore della città, in un tempo dilaniato dalla seconda guerra mondiale.
Il Colosseo, il Tufello e poi l’Alberone sono il palcoscenico quotidiano in cui cresce. Un apprendistato esistenziale che negli anni dell’infanzia e della gioventù si snoda tra scuola, famiglia e parrocchia.
Da bambino aiuta il sacerdote nella santa Messa come chierichetto e pensa di farsi prete; ma è proprio nell’oratorio che scopre e inizia ad alimentarsi la sua più grande vocazione: quella per il mondo della rappresentazione.
Un talento innato, affinato dallo studio, che dopo il liceo classico sfocia nei primi passi teatrali.
All’inizio degli anni Sessanta si iscrive all’università La Sapienza alla facoltà di giurisprudenza, con l’aspirazione di diventare avvocato.
Tuttavia, durante quegli anni, trova più piacere nell’esibirsi con la chitarra nei locali notturni della capitale, piuttosto che stare fra i banchi di scuola, si distingue per una capacità scenica fuori dal comune e infatti, dopo soli sei esami dati, abbandonerà gli studi e si concentrerà sulla musica imparando a suonare il pianoforte, la fisarmonica e il contrabbasso.
Nel contempo, inizia a frequentare il corso di mimica di Giancarlo Cobelli, al Centro Universitario Teatrale, il quale nota subito delle qualità in questo giovane e lo scrittura per lo spettacolo d’avanguardia Can Can degli italiani: è il novembre del 1963.
Gli anni della dolce vita
Proietti inizia a frequentare l’entourage di artisti che rendono più viva e comica Roma: Ercole Patti, Luigi Malerba e Ennio Flaiano del quale metterà in musica l’aforisma Oh come è bello sentirsi….
L’anno dopo, nel 64, continua il suo percorso teatrale, ma sempre con ruoli marginali, cimentandosi con il Gruppo Sperimentale 101, sotto la direzione di Antonio Calende, di Cobelli e anche dello sceneggiatore e scrittore Andrea Camilleri.
È questo il periodo in cui il teatro lo forma, lo plasma, permettendogli di indossare diverse maschere: vestito da upupa, porta in scena Gli uccelli del commediografo greco Aristofane e, quattro anni dopo, dopo una faticosa gavetta diventa protagonista de Il Dio Kurt e Operetta, messi in scena al teatro Stabile de L’Aquila.
Nel frattempo, si sposa con Sagitta Alter, guida turistica svedese, dalla quale avrà due figlie: Susanna e Carlotta.
Dallo spettacolo in sala alla recitazione di fronte la macchina da presa, però, il passo è breve e, dopo i primi ruoli minori, esordisce sul grande schermo con Le piacevoli notti nel 1966 nel ruolo profetico del maresciallo Mario Di Colli; da qui inizierà ad interpretare ruoli sempre più di rilievo, fino a quello di protagonista ne L’Urlo di Tinto Brass nel 1968.
Il film viene presentato al Festival di Cannes e solo due anni dopo Proietti si ritrova a sostituire Domenico Modugno in Alleluja Brava Gente di Garinei e Giovannini, accanto a Renato Rascel.
Da quel momento in poi ha inizio un susseguirsi di spettacoli di successo che gli permettono di affermarsi definitivamente.
Parallelamente si misura anche con la TV e continua a portare avanti l’impegno teatrale insieme al Gruppo Sperimentale, mettendo in scena grandi classici come Il Mercante di Venezia, Il Misantropo e pièce un po’ più recenti, tra cui La cena delle beffe dove recita accanto a Carmelo Bene e Vittorio Gassman.
Gli anni ’70 e ‘80
Gli anni ’70 sono un periodo di pieno fermento in cui è impegnato su più fronti: nel 1973 interpreta Cavaradossi, protagonista insieme a Monica Vitti del film musicale La Tosca, di Luigi Magni e inizia a recitare con i grandi del cinema, difatti si ritrova più volte a collaborare insieme a Ugo Tognazzi e si misura con più generi, passando dalla commedia al dramma fino alla commedia sexy, come Le farò da padre (1974) e Conviene far bene l’amore (1975).
La sua bravura viene notata anche all’estero, dove interpreta piccoli ruoli in alcuni lavori di Ted Kotcheff e Bertand Tarvenier.
A me gli occhi please è invece lo spettacolo-cult nato nel 1976 nel Teatro Tenda di Roma, dove l’istrionico attore tirava fuori oggetti dimenticati spesso appartenenti al passato, come nel caso della paglietta di Petrolini, da un baule, attribuendo loro la funzione di evocare i temi dello spettacolo.
Il 1976 lo consacra anche come stella della commedia italiana, grazie all’interpretazione in Febbre da cavallo di Steno del personaggio di Mandrake, un indossatore con il vizio del gioco.
Dapprima il film viene classificato come un lavoro non originale e non riceve un grande successo, nel corso dagli anni ’80 in poi, invece, gode di una riscoperta, inserendosi tra i cult movie del cinema italiano.
Da qui in poi l’attore diventa uno dei volti televisivi più noti e presenti nelle case degli italiani tra gli anni ’70 e ’80, conducendo diversi varietà, tra cui Sabato sera dalle nove e dieci e Fatti e fattacci.
Ormai giunto ad una formazione completa, assume la direzione artistica del Teatro Brancaccio a Roma, dove fonda il suo laboratorio per aspiranti attori, formando tra molti anche volti celebri del cinema e della TV odierna: Flavio Insinna, Giorgio Tirabassi, Enrico Brignano, Paola Tiziana Cruciani e Gabriele Cirilli.
L’artista romano è considerato uno dei più promettenti attori teatrali del panorama italiano, ma Proietti è in continuo divenire e cerca di affermare le sue capacità anche auto-dirigendosi, iniziando una fruttuosa collaborazione con Roberto Lerici, con il quale porta in scena i suoi spettacoli più celebri, come Come mi piace (1983) e molti altri che hanno un riscontro più che positivo. Questi successi gli danno la possibilità di mettere in luce le sue doti attoriali nei monologhi e nelle imitazioni, confermando ulteriormente quelle già note di intrattenitore e cantante.
I decenni più recenti
Gli anni ’90 sembrano segnare il declino di Proietti nel cinema, l’attore si concentra maggiormente sul teatro e sul piccolo schermo, riscuotendo successo sia come conduttore televisivo di varietà che come interprete delle serie TV di Giorgio Capitani, in particolare l’acclamata Il maresciallo Rocca, nella quale l’attore veste nuovamente i panni di un maresciallo, come agli esordi, nelle sue peripezie professionali e sentimentali.
Gigi Proietti nel nuovo millennio torna sul cinema e ritorna di nuovo nei panni di un altro personaggio a lui caro, se non “il” personaggio più caro all’interprete romano: quello di Bruno Fioretti, alias Mandrake, nel sequel Febbre da cavallo – La mandrakata (2002), diretto da Carlo Vanzina, figlio di Steno.
Nello stesso anno la nuova interpretazione di Mandrake gli fa vincere il Nastro d’Argento, ma il sequel segna anche l’inizio di un sodalizio con Carlo Vanzina all’insegna della commedia italiana; sono questi gli anni in cui l’attore romano diverte gli italiani con pellicole quali Le barzellette (2004), Un’estate al mare (2008), Un’estate ai Caraibi (2009) e La vita è una cosa meravigliosa (2010).
Cavalcando l’onda della risata, continua a ricoprire ruoli comici anche al di fuori della collaborazione con Vanzina, con Tutti al mare nel 2011, remake di Casotto, e Box Office 3D – Il film dei film (2011) di e con Ezio Greggio, fino al cinepanettone Ma tu di che segno 6? (2014) con Massimo Boldi e Vincenzo Salemme.
Nel 2017 è tra i protagonisti di Il Premio, secondo film da regista di Alessandro Gassmann.
Sul fronte televisivo si cimenta ancora nelle serie TV, andando anche oltre la commedia, come l’interpretazione di San Filippo Neri in Preferisco il Paradiso, che riscontra un gran seguito.
Il personaggio televisivo di Gigi Proietti, però, non si esaurisce qui e la sua vena cabarettisitica continua ad essere ancora pienamente attiva e viene convocato come giudice nei talent La pista e Tale e Quale Show nel 2014 e nel 2016, mentre all’inizio del 2017 è in prima serata con Cavalli di battaglia, varietà che porta sul piccolo schermo i suoi stessi sketch e quelli dei suoi ospiti.
Gigi…e tutto il resto
Gigi non è solo quello che abbiamo avuto modo di apprezzare sullo schermo televisivo e sul palcoscenico, ma è molto di più.
Ha fatto parte del gruppo musicale Trio Melody, insieme a Stefano Palatresi e Peppino Di Capri, e nel 2014 pubblica la sua autobiografia dal titolo Tutto sommato (VINTAGE): Qualcosa mi ricordo e una raccolta di racconti intitolata Decamerino. Novelle dietro le quinte, una piccola collezione di aneddoti nati nei camerini e dietro le quinte dei suoi spettacoli.
All’inizio della carriera, anche per mantenersi tra una tournèe e l’altra, si dedica al doppiaggio, prestando la voce a Gatto Silvestro, in compagnia di Loretta Goggi (Tweety), a Richard Burton, Richard Harris, Marlon Brando, Robert de Niro e Dustin Hoffman. Sua è la voce del famoso grido “Adriana!“, del primo Rocky, ma non solo…
Nel 2012 sostituisce il compianto Gianni Musy nel doppiaggio del personaggio di Gandalf (interpretato sullo schermo da Ian McKellen) nella trilogia de Lo Hobbit.
La sua verve comica era sublime, apprezzata da tutti, soprattutto dai colleghi, che con il tempo lo hanno amato anche come imitatore di se stessi.
È narratore/ospite nei programmi-documentari di Alberto Angela (Ulisse – Il piacere della scoperta, Meraviglie – La penisola dei tesori).
Recentemente lo abbiamo ancora ammirato sul grande schermo, interpretare il personaggio di Mangiafuoco nel Pinocchio di Matteo Garrone (dicembre 2019), e Babbo Natale nel film Io sono Babbo Natale (2020); quest’ultimo film, interpretato da protagonista insieme a Marco Giallini, è una commedia diretta da Edoardo Falcone uscirà postuma.
Gigi Proietti, la fede e la vita privata
Proietti era un uomo di gran fede, o forse potremmo dire che aveva una relazione intensa con la spiritualità.
In una intervista rilasciata nel 2014 al programma della Rai A sua immagine, aveva affermato che era attratto dal fascino dei santi:
“Mi intriga di conoscere i loro dissidi, le vicissitudini che li hanno portati all’onore degli altari. Continuo a pensare che Gesù sia stata la figura più rivoluzionaria della storia”.
Riferendosi a Papa Francesco, aveva invece detto:
“Ha un grande carisma, importante capacità di penetrazione nelle coscienze perché usa un linguaggio semplice, ma non facile. Credo, infatti, che la semplicità sia la cosa più complicata che esista”.
Strano credere che, nonostante questo intenso rapporto con la fede, non si sia mai sposato.
Fermamente convinto che le regole andassero sempre ridiscusse, riviste e capovolte infatti, Gigi si innamora della sua Sagitta e decidendo di convivere, senza mai sposarsi.
Avranno due figlie e rimarranno sempre insieme,
“siamo antichi concubini”
scherzava Gigi e questa era l’unica concessione al gossip.
Proietti infatti è sempre stato molto riservato sulla sua vita privata, custodita gelosamente lontano dai palcoscenici, dalle telecamere o dai flash dei fotografi. Dopotutto l’amore della sua vita è nato ben prima che l’attore avesse una vita pubblica. All’epoca forse neanche si pensava potesse averla o averla di un certo tipo.
L’incontro con Sagitta Alter,
“la svedese che parla romanesco”,
come diceva lui, avvenne nel 1962. Gigi aveva solo 22 anni e lei faceva la guida turistica a Roma.
I due non si sposarono mai appunto, ma sono stati insieme fino alla fine, cioè, se fate i conti, quasi 60 anni; e pensare che sembrava una cotta estiva come tante, fino a quando Sagitta decise di rimanere in Italia.
La scelta di non legarsi in matrimonio non fu mai sofferta o gravosa, forse neanche mai posta con particolare serietà:
“È una domanda che mi fanno proprio tutti. La verità è che io e Sagitta non ci pensiamo più. Non ci tenevamo particolarmente al matrimonio quando eravamo giovani, ma non lo escludiamo. Chissà, magari un giorno ci guarderemo e ci verrà voglia di compiere anche questo passo, anche se il traguardo più bello, quello di costruire una famiglia unita, siamo già riusciti a realizzarlo.”
Non si può non scordare d’altronde il suo intervento nella campagna per il referendum sul divorzio, con il quale espresse una posizione chiara e ferma, ma in modo sempre elegante e giocoso.
La coppia ha avuto due figlie: Susanna e Carlotta, una costumista e scenografa e l’altra cantautrice e attrice.
La primogenita ha spesso raccontato aneddoti sul padre, parlando di quanto fosse felice di concedersi sempre ai suoi fan; di quanto fosse mite e poco incline ad alzare la voce; della sua pigrizia (dote romana immancabile) e della sua voglia di stare in mezzo alle persone.
Dopo ogni spettacolo infatti l’attore amava invitare tutta la sua compagnia a cena a casa per poi impugnare la chitarra e cominciare ad intrattenere tutti:
“Suonerebbe tutta la notte”
aveva spiegato Susanna; è stato un padre molto presente per le sue figlie, nonostante il lavoro, un punto di riferimento dolce e amorevole.
Gigi Proietti, la poliedricità e gli incontri
Probabilmente il sodalizio più importante della vita lavorativa di Gigi Proietti arrivò con l’incontro con Roberto Lerici, editore (rifondò la Lerici con Aldo Rosselli ) drammaturgo e scrittore.
Una conoscenza che pare avvenne attraverso addirittura Carmelo Bene, con il quale Lerici collaborava già da tempo e con cui Proietti divise il palco nel 1974, ad appena due anni, non a caso, dalla nascita della prima creatura del duo, lo straordinario A me gli occhi please (Teatro Tenda), riportato in scena innumerevoli volte.
L’ultima nel 2000, in un tour culminato con la data allo Stadio Olimpico, davanti alla Curva Sud, quasi un anno esatto prima di quel meraviglioso Roma – Parma del 31 giugno.
https://www.youtube.com/watch?v=TXRIMUnBLrA
Sapeva suonare diversi strumenti musicali Gigi e possedeva un contrabbasso, con cui ha iniziato ad esibirsi nei locali di Roma.
Amava Roma, amava i romani, ne amava soprattutto i difetti e dunque amava la Roma, la cosa dopo tutto, va di pari passo.
“La Roma negli ultimi dieci anni è quasi sempre stata una tragedia! Ma noi che amiamo il teatro riusciamo ad amare anche lei”
disse una volta, durante uno dei suoi numerosi interventi in ambito calcistico. Affrontava il tema da uomo intelligente, così come affrontava tutti gli altri aspetti della sua vita.
Non perdeva mai una partita della sua amata Roma, magari spostava le prove, faceva le corse allo stadio e, quando le situazioni non permettevano spostamenti, si faceva installare un televisore sul set dove lavorava.
Naturalmente anche il rapporto con Totti non poteva che essere di amore. La prima cosa che disse Proietti quanto il numero dieci appese gli scarpini al chiodo fu:
“Non credo nascerà un altro Totti. Il figlio Christian gioca? Allora si sbrigasse…”.
Aveva una vera e propria passione per le camicie bianche, che era solito indossare sul palcoscenico insieme ai pantaloni neri:
“Sul palco, insieme con il pantalone nero, è la mia divisa dai tempi di A me gli occhi, please. A casa, però, ho anche qualche camicia celeste”
Negli anni della direzione artistica del Brancaccio e della fondazione del suo laboratorio teatrale, Proietti conosce Eduardo De Filippo.
Un aneddoto straordinario, quello dell’incontro con il maestro indiscusso del teatro italiano, raccontato con il suo solito modo da Proietti stesso alla Rai da Serena Dandini.
L’attore era molto riservato sulla sua vita privata, come detto, ma spesso si è lasciato andare alla condivisione di queste curiosità sparse che ne hanno assolutamente arricchito l’immagine.
Non solo battute, ma anche barzellette amava raccontare, celebri Er cavaliere nero e Non me rompe er ca’, ma anche i personaggi di Gastone, Toto e Pietro Ammicca.
Aveva un modo Gigi di presentare la realtà sotto gli occhi di tutti, in maniera comica ma intelligente, mai volgare sempre sopra le righe; la sua comicità, i suoi spettacoli-fiume, i suoi personaggi, le sue macchiette “petroliniane”; e ancora gli scioglilingua, le canzoni, le irriverenti risate, le parodie, le barzellette mimate: tutto ciò rende Gigi Proietti un genio e un maestro del teatro, della televisione, dello spettacolo in senso lato.
Sopraffino anche nei ruoli drammatici come quello del Barcarolo, che Proietti reinterpretò, così come i tanti stornelli e canzoni della tradizione popolare a cui apparteneva, con la voce e lo stile che lo hanno sempre contraddistinto.
Comico e serio anche nella poesia, capace di passare dal Lonfo a D’annunzio al sonetto per i funerali di Alberto Sordi in maniera così naturale e vera, da sembrare quasi finto alle volte, e si che aveva avuto un maestro d’eccezione, un romano doc di nome Trilussa, poeta dell’epoca del fascismo, un pezzo monumentale della cultura romana e uno dei poeti più importanti dell’intera tradizione nostrana.
Nei suoi ultimi mesi aveva terminato l’archivio del suo Globe Theatre; diceva di avere tante idee, di essere entrato in un momento di riflessione e di avere la mente sempre in movimento.
Personalità multiforme e sessantottina, libero di costumi, ha scaldato veramente il cuore degli italiani con il suo istrionismo, la sua poesia, i suoi sonetti, la sua esuberanza e la simpatia; è stato un generoso, si è sempre dato al pubblico senza esitazioni, né timori. Forse per questo il suo nome è più strettamente associato al teatro e alla televisione piuttosto che al cinema.
Quella di Proietti non è più stata una carriera ma una cavalcata davvero trionfale, segnata da un’infinità di apparizioni televisive con enorme riscontro di pubblico (si dice che Il maresciallo Rocca, poi replicato per diverse stagioni, abbia addirittura insidiato il trono del Festival di Sanremo).
Direzioni di teatri, grandi spettacoli, one man show, sia in teatro che in televisione, solo il cinema era sempre un gradino sotto, nonostante il sodalizio con Carlo Vanzina.
Per fortuna la sua ultima apparizione su grande schermo è stata in Pinocchio di Matteo Garrone, una particina, se vogliamo, ma con la possibilità di giganteggiare nei panni di un immaginifico Mangiafuoco che sarebbe piaciuto anche a Federico Fellini, estimatore di Gigi, con il quale non ha mai lavorato, se non per il doppiaggio di Donald Sutherland in Casanova.
Gigi Proietti muore a Roma, il 2 novembre 2020, nel giorno del suo ottantesimo compleanno, l’ultima sua Mandrakata.
Vi lascio alla visone dell’ultimo suo intervento in televisione: Propaganda Live, aprile scorso…