La fiamma del peccato (Double Indemnity)
Regia: Billy Wilder; soggetto: dal racconto La morte paga doppio di James M. Cain; sceneggiatura: Raymond Chandler e Billy Wilder; fotografia (B/N): John Seitz; scenografia: Hans Dreier, Hal Pereira, Bertram C. Granger (e David S. Hall); costumi: Edith Head; trucco: Wally Westmore (con Robert Ewing e Charles Demora); musiche: Miklós Rózsa; montaggio: Doane Harrison; interpreti: Fred MacMurray (Walter Neff), Barbara Stanwyck (Phyllis Dietrichson), Edward G. Robinson (Barton Keyes), Porter Hall (Mr. Jackson), Jean Heather (Lola Dietrichson), Tom Powers (Mr. Dietrichson), Byron Barr (Nino Zachetti), Richard Gaines (Mr. Norton), Fortunio Bonanova (Sam Gorlopis), John Philliber (Joe Pete); produzione: Joseph Sistrom, Buddy DeSilva e Billy Wilder per Paramount Pictures Studios; origine: USA – 1944; durata: 107′.
Trama
Los Angeles, 1938. L’assicuratore Walter Neff (MacMurray) rientra a tarda notte nel suo ufficio della Pacific All Risk e, indebolito da una ferita alla spalla, rende una confessione usando il dittafono del collega Barton Keynes. In un lungo flashback scopriamo la storia del grigio assicuratore che, a casa di un suo anziano cliente incontra la sua giovane e bella moglie, Phyllis Dietrichson (Stanwyck) della quale si innamora perdutamente. La donna accetta la sua corte, avendo un realtà un secondo fine che risulterà fatale. L’uomo verrà plagiato a tal punto dalla sua sensualità da progettare con lei l’omicidio del marito, dopo aver stipulato sulla vita di quest’ultimo una polizza che prevede il doppio dell’indennizzo in caso di morte accidentale (da qui il titolo originale).
Tutto sembra andare secondo i piani ma Barton Keynes (Robinson), abile investigatore assicurativo, sospetta un omicidio, realizzato dalla moglie fedifraga in combutta con un complice, l’aitante fidanzato della figlia di primo letto dell’anziano marito col quale ella ha una relazione. Un ferito Neff capisce allora di essere stato usato e corre a casa della donna per ucciderla, ma Phillys gli spara, ferendolo alla spalla. I due si avvicinano e la donna lo abbraccia dicendogli di aver capito di amarlo, ma l’assicuratore le spara. Nell’ufficio Keynes arriva appena in tempo per ascoltare le ultime parole dell’amico, scoprendo così la verità.
Il Codice Hays e Billy Wilder
Il Production Code, che nel linguaggio comune prese il nome di Codice Hays dal suo creatore costituì sin dall’inizio un avversario per Billy Wilder, in quanto limitava la creatività di registi e sceneggiatori, sottoponendoli ad un giudizio morale che evitasse di creare non dei film ma ‘incubi per depravati’. Negli anni il regista e il suoi sceneggiatori (primo fra tutti il prediletto Charles Brackett, che qui si defilò proprio a causa della trama troppo pruriginosa per i suoi gusti) furono costretti a barcamenarsi come potevano, sacrificando spesso alcune riprese e modificando i dialoghi: ne La fiamma del peccato furono eliminate dalla sceneggiatura una scena che prevedeva Barbara Stanwyck coperta solo da un asciugamano, la disposizione del cadavere sui binari del treno e il finale nella camera a gas. La scrittura fu poi complicata dal difficile rapporto tra Wilder e Raymond Chandler, autore del copione de Il grande sonno scelto dalla Paramount per rimpiazzare Brackett. I due non sarebbero mai andati d’accordo e continuarono a punzecchiarsi anche dopo il successo del film.
Altra difficoltà fu trovare gli attori adatti ad interpretare la storia. Il ruolo dell’assicuratore Walter Neff venne rifiutato da Alan Ladd e George Raft (coincidenza curiosa, quest’ultimo aveva rifiutato anche la parte del protagonista ne Il Mistero del Falco tre anni prima): il trentacinquenne Fred MacMurray fu una terza scelta e accettò più per fare dispetto alla produzione che per reale convinzione, essendo un attore solitamente impiegato in commedie o film romantici. Dopo le riprese cambiò opinione e giudicò il film come il migliore che avesse mai girato. Altro ruolo spinoso fu quello della moglie adultera, riguardo al quale Barbara Stanwyck manifestò più di un dubbio: aveva ricevuto due nomination all’Oscar nel 1937 e nel 1941 per delle commedie e ora il personaggio che le si chiedeva di interpretare era una donna spietata e infedele. A convincerla è Wilder che la provocò: “Sei un topolino o un’attrice?” e mai scelta si rivelò più felice perchè l’eroina nera Phyllis Dietrichson, da lei portata sullo schermo con un’improbabile parrucca bionda ma senza volgarità o manierismo, fece scalpore.
Il racconto del redattore
Sullo slancio degli incassi ottenuti al botteghino, La fiamma del peccato di Billy Wilder conquistò ben sette candidature agli Oscar 1945, nonostante venisse totalmente ignorato ai Golden Globe. Nocque all’opera l’argomento scabroso – adulterio e omicidio – nell’America benpensante di allora era mal tollerato dalla morale borghese, anche se ciò non aveva certo allontanato gli spettatori dalle sale. La sera della premiazione le nomination evaporano: a farne le spese fu soprattutto Barbara Stanwyck, che avrebbe dovuto attendere gli anni ’80 per ricevere la tanto sospirata statuetta alla carriera. Una sconfitta onorevole comunque, perchè a imporsi come attrice protagonista fu Ingrid Bergman per Angoscia di George Cukor, vincitore anche per la scenografia. Ad essere eletto miglior film dell’annata lo svenevole La mia via, da noi già descritto in questa rubrica.