Oggi vogliamo proporvi un simpatico gioco, un quiz, per riflettere insieme e cercare di capire; non giudicare ma trovare un senso, una valida motivazione, che porti l’opinione pubblica, da un momento all’altro, a modificare la propria capacità di raziocinio.
Vi chiedo, in maniera molto semplice, di osservare le immagini di seguito, e pensare.
Ebbene, prima del 25 maggio 2020, prima che un poliziotto di Minneapolis, decidesse arbitrariamente di mettere fine alla vita di George Floyd, un uomo di colore sospettato di aver acquistato un pacchetto di sigarette con una banconota falsa, soffocandolo con un ginocchio premuto sul collo, queste immagini non avrebbero prodotto alcuna indignazione.
Da questa data in poi invece, tutto cambia.
Ecco allora che l’opinione pubblica ed i media si scatenano, in una lotta senza pari contro il razzismo in ogni sua forma, come se fino a quel momento nessuno conoscesse il significato di questa parola.
Dopo essere andato in onda per ben 33 stagioni termina di colpo la serie di documentari sulla Polizia, Cops, trasmesso dal canale via cavo Paramount.
“Cops non fa parte della rete Paramount e non abbiamo piani attuali o futuri per il suo ritorno”
Ha dichiarato un portavoce della nota casa cinematografica.
Veri e propri miti della nostra infanzia vengono “tacciati di razzismo”, e per chi li ha sempre visti con gli occhi da bambino innocente e disilluso, questa accusa proprio non va giù.
Calimero veicolerebbe il razzismo nei bambini, pazzesco!
Il dolce e tenero Dumbo, protagonista di capolavori come Chi ha incastrato Roger Rabbit e rivisitato dal genio di Tim Burton, diventa tutto ad un tratto stonato, i perché quei corvi neri, secondo l’opinione – distorta – di qualcuno, rappresenterebbero la parodia dei neri d’America.
Chi non ha mai visto nella propria infanzia Tom e Jerry? Il popolare cartone animato creato nel 1940 da William Hanna e Joseph Barbera, simbolo di molte generazioni in tutto il mondo?
Ebbene, razzisti anche loro.
Su Amazon Prime Istant Video, infatti, se si cercasse di guardare una delle loro avventure apparirebbe la scritta:
“I corti di Tom e Jerry potrebbero contenere pregiudizi etnici e raziali”
Alcuni utenti pare si siano indispettiti perché la cameriera nei cartoni animati è di colore, ed è considerato uno stereotipo razziale.
Nell’avviso risulta anche scritto:
“Questi pregiudizi erano una volta luoghi comuni nella società americana, sbagliati allora e sbagliati oggi”
Niente di più vero e sacrosanto, certo, il razzismo, in tutte le sue forme, va sempre e comunque condannato, ma se di mezzo ci va anche Via col vento e 5 cartoni Disney che non vi faranno più vedere, viene allora da chiedersi se la macchina del politically correct non stia forse viaggiando troppo veloce.
Il canale in streaming HBO Max ha infatti annunciato ieri di aver rimosso dalla sua programmazione in celeberrimo film del 1939 Via con vento.
Ambientato durante e dopo la guerra civile americana, Gone with the Wind è stato molte volte attaccato per la sua rappresentazione della schiavitù. Basato sul romanzo di Margaret Mitchell, presenta schiavi che sembrano contenti della loro sorte e che rimangono fedeli ai loro ex proprietari anche quando potrebbero essere liberi.
Il tutto, andrebbe però contestualizzato aggiungerei, perché se l’alternativa allora proposta a questa gente era quella di trascorrere una vita piegati in due a raccogliere cotone, capite bene che il discorso potrebbe forse essere diverso.
HBO ci ha tenuto a puntualizzare:
“Mantenerlo così, senza spiegare e denunciarne il razzismo, sarebbe irresponsabile. Tornerà quando sarà “contestualizzato e restituito nel suo periodo storico”
Credo proprio sia stata una mossa poco ponderata, frutto degli eventi che si sono susseguiti alla morte di Floyd e che negli USA pare abbia portato ad una vera e propria psicosi, che ha portato addirittura alla decapitazione delle statue di Cristoforo Colombo.
Sta di fatto che all’epoca il film vinse 10 Oscar e fece registrare incassi da capogiro.
Attori come Clarck Gable e Olivia de Havilland (Melania) furono resi famosissimi dalle loro interpretazioni, ma per la prima volta un’ attrice afroamericana, Hattie McDaniel (la domestica Mammy) ottenne la nomination per vincere la statuetta di Hollywood anche se, udite bene, non le fu permesso di entrare nel teatro dove si svolgeva la cerimonia.
Anche Disney sembra abbia messo le mani avanti inserendo in alcuni corti animati l’avviso
“potrebbe contenere rappresentazioni culturali ormai già superate”
Ma alla luce dei fatti, potrebbe non bastare.
Almeno cinque cortometraggi degli anni Quaranta e Cinquanta rischiano infatti di essere censuraticensurati.
Disney ha fatto entrambe le guerre mondiali. Nella Prima era autista della Croce Rossa in Francia. Nella seconda, già tycoon di successo, produsse cartoni propagandistici per le truppe impegnate a combattere le forze dell’Asse.
Il più celebre, mai uscito in Italia, è Der Fuehrer’s Face (1943), corto vincitore di un Premio Oscar per il miglior film d’animazione.
Protagonista è Paperino, impegnato nella dura vita della recluta dell’esercito del Reich, tra spolette da montare al grido di
“Heil Hitler”
e anche se alla fine il papero si sveglia in America e può finalmente riabbracciare la sua amata Statua della Libertà, sembra averla fatta comunque grossa.
Nel corto Ti sogno California (Californy ’er Bust, 1945) Pippo, alla conquista del West, è costretto a guardarsi le spalle dagli attacchi indiani, ma la rappresentazione dei nativi americani è a dir poco macchiettistica mentre quello che in realtà fu un genocidio qui diventa una specie di gioco. Poi arriva l’uragano e spazza tutti via.
Quante volte leggiamo nei titoli di coda di un film che nessun animale è maltrattato per realizzarlo?
Bhè, anche se parliamo di cartoni animati, nell’America del dopoguerra non si era forse così sensibili alla causa animalista, così in Un regalo per Paperina (Dumbbell of the Yukon) ecco Paperino che, per regalare una pelliccia tutt’altro che ecologica all’amata, sceglie di immolare un tenero cucciolo di orso.
Come farlo fuori? Decapitazione? Veleno? Alla fine opterà per l’impiccagione, ma ovviamente l’impresa è destinata al fallimento.
Ma attenzione, ribadiamolo, siamo nel dopoguerra, e oggi tutto questo dovrebbe farci solo riflettere sul fatto che i tempi, per fortuna, sono cambiati.
Anche avere qualche chilo di troppo pare che negli anni Cinquanta non fosse un grande problema, ma nell’era di internet e del Covid, che nostro malgrado ci ha costretti in casa alle prese con grasse mangiate, sembra che il povero Pippo sia proprio da compatire.
Nell’episodio Domani a dieta! (Tomorrow we diet!) si impegna in un estenuante corpo a corpo con una bilancia intelligente che non esita infatti a definirlo
“grasso come un porcello”
Non esattamente quello che i comitati per la tutela dei minori vorrebbero sentire da un prodotto audiovisivo destinato alle famiglie, e allora ecco che in Italia, alcuni supermercati, scelgono di bandire dai propri scaffali i golosissimi e buonissimi Moretti, dolci a base di albume d’uovo e cioccolato, idoli indiscussi delle nostre merende, ma non perché troppo calorici, attenzione.
E come non scagliarsi anche sul maledetto vizio del fumo quindi, una delle compulsioni meno politicamente corrette della storia?
Certo, l’ultima sigaretta non si nega nemmeno ad un condannato a morte, ma ancora una volta, è lo sfortunato Pippo che in Vietato fumare (No smoking, 1951) prova a smettere di fumare, ma il vizio finisce per sopraffarlo, e alla fine si arrende.
Certo, oggi probabilmente anche il Conte Camillo Negroni sarebbe stato additato come razzista, ma nella Firenze degli anni Venti, quando inventò uno dei cocktail più famosi al mondo, non saranno stati così accorti, e probabilmente, da oggi, ce ne guarderemo bene a cantare nei nostri Karaoke Siamo i Vatussi o Vorrei la pelle nera.
Anche il nostro cinema non è indenne dalle polemiche, colpevole di aver portato sulla scena la governante di colore Mammy ne Il bisbetico domato o di aver ridicolizzato gli immigrati in Tolo Tolo.
Zalone non dovrebbe più vederlo nessuno quindi?
Facendo un po’ di ricerche in rete, scopriamo che il cinema nostrano, avrebbe ancora tanto da farsi perdonare, e titoli come Una bella governante di colore (1978 con Renzo Montagnani e Gianfranco D’Angelo), oggi non passerebbero di sicuro inosservati.
Potremmo stare a parlare ore e ore di tutto ciò, ma poco cambierebbe credo.
Il fatto è che cancellare il passato non è come dire che non sia mai esistito, anzi; dovremmo averlo sempre bene a mente, per non ripetere gli stessi Orrori.
Non è sicuramente eliminando o modificando i doppiaggi di un film (ipotesi paventata da qualcuno per Via col vento) o inibendo la visione di pezzi della nostra infanzia che l’odio razziale, le discriminazioni e la stupidità umana spariranno di colpo.
L’intima bontà dell’uomo di cui parlava Anna Frank, probabilmente non esiste, o siamo ancora lontani, credo, dal dimostrarla.
Concordo su tutto.. siamo alla follia.