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Perché lo Stato dovrebbe finanziare i film di Edoardo Leo?

Tre alternative allo schema Ponzi dell'attore romano

William Camanzo 3 ore fa Commenta! 7
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No, non giudicherò il livello della comunicazione pubblica di Edoardo Leo. Non lo farò. Non voglio commentare le sue curiose teorie sul perché ogni persona onesta debba passare la vita a odiare lago.

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Edoardo Leo: dice cose, vede genteTre moventi per i contributi pubblici: lineamenti

Pare sia, dicono dalla regia, per la scaramuccia in cui il personaggio del Bardo ha dato del pigro al capo. D’altronde, ha ragione, non esistono pasti gratis.

Ma questa è un’altra storia. O forse no. Forse è la solita. L’ennesimo capitolo della serie Activision. Sempre uguale a sé stessa. In anteprima mondiale, l’articolo che non volevo scrivere. Gran coddata, Modern Welfare 2.

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Edoardo Leo: dice cose, vede gente

Perché lo stato dovrebbe finanziare i film di edoardo leo?

“Uno Stato che funziona deve sostenere il cinema, così come sostiene altri settori dell’imprenditoria di questo Paese.

Non dobbiamo farci convincere che i fondi, i finanziamenti, le produzioni servano solo a tre attori e due registi. Il cinema è fatto da centinaia di professionisti. Ed è una cosa che non possiamo perdere. E non parlo solo di cinema. Parlo anche del teatro, della lirica, dell’opera. Sono pezzi della nostra cultura e della nostra umanità.

Se li abbandoniamo perché non producono profitto, abbiamo completamente sbagliato missione. Non tutto deve generare denaro. Alcune cose devono generare benessere. Devono far star bene le persone. Quando una persona frequenta il cinema o il teatro, si arricchisce. E questa è una ricchezza che dobbiamo continuare a coltivare, insieme“.

Così parlò Edoardo Leo al Social World Film Festival, la Mostra Internazionale del cinema sociale diretta dal regista Giuseppe Alessio Nuzzo, occasione in cui l’attore romano ha ricevuto il premio alla carriera, 30 anni culminati con Follemente di Paolo Genovese.

Parole sentite, ci mancherebbe. Ma perché, di preciso, lo Stato dovrebbe finanziare i film di Edoardo Leo?

Tre moventi per i contributi pubblici: lineamenti

Perché lo stato dovrebbe finanziare i film di edoardo leo?

Usciamo da un equivoco. Che persone di una categoria reclamino grana dei contribuenti affinché si sostengano i suoi interessi è un fenomeno comune. Una maniera come altre di scalare lo schema Ponzi della società. Non sicuramente una posizione disinteressata.

Ma facciamo un passo oltre. Cosa intende tra le righe Edoardo Leo?

La prima frase che balza all’occhio è “Il cinema è fatto da centinaia di professionisti“. Ergo, il settore è in crisi, senza l’intervento statale vanno a casa, servono soldi pubblici. In burocratese, welfare.

Ammortizzatore sociale sotto mentite spoglie, l’erogazione dalle casse del MiC è il modo con cui si impedisce a persone prive di competitività sul mercato di cadere in disperazione, con il timore che queste possano finire vittima di autolesionismo od organizzare rivolte armate.

Approccio di breve-medio termine, ecco una finestra temporale in cui gli anziani possono produrre film in attesa della pensione, con i giovani che avranno un tempo congruo per ricollocarsi in settori redditizi, magari dopo essersi tolti la soddisfazione del debutto cinematografico.

Chiaro, non una strategia di lungo termine, ma gestione temporanea dell’emergenza, con lo sgradevole invito a trovarsi un lavoro vero in sottofondo.

Non chiaro, invece, sempre nelle dichiarazioni sopracitate, perché il benessere prodotto da cinema, teatro e lirica sia tanto speciale da meritare trattamenti di favore.

Che a frequentare le sale ci si arricchisca è opinabile, perché La Strada di Fellini dovrebbe dare più benessere di un video ASMR o istruire più di un guru della rete mi è difficile da mettere a fuoco.

Se la questione, di contro, fosse il luogo di socializzazione, finanziamo ludoteche e centri sportivi, non buttiamo milioni di euro nel budget delle pellicole.

Diversa è la questione del sacro. Nel significato etimologico, il sacro è semplicemente ciò che è separato dal resto, fuori dalle regole del mondo. La bellezza è, in questo senso, manifestazione della divinità, sia immanente in accezione metaforica che trascendente CEO dell’universo.

Il cinema, nel capitalismo odierno, è noto produca raramente opere di rilevanza artistica, appiattito com’è su logiche commerciali decisamente profane. Una risacralizzazione dell’arte diverrebbe la chiave di volta per ridare centralità alle espressioni umane più alte, dopo anni di reificazione in quanto merce.

Ottimo, fantastico. Ma chi paga? Ovvio, se l’arte è bellezza, e la bellezza è divinità, siccome il Dio immortale non ha l’IBAN, a pagare sarà il dio mortale, ovvero, nel lessico del Leviatano, lo Stato. Ricordatevi, niente russo.

Perché lo stato dovrebbe finanziare i film di edoardo leo?

La bellezza dei film del novello Fellini sarebbe un fine in sé, e, anche se operativamente la produzione si inserirà nei meccanismi capital-burocratici, l’ideazione e la fruizione dell’opera sarà soggettivamente percepita come slancio verso l’assoluto.

Non auspico, specifico, un’ondata di peplum biblici nel cinema che verrà, o una saturazione di film da messaggio cristiano, ogni autore troverà la bellezza nelle vie più impreviste.

Ma il prossimo governo cinefilo, se mai ci sarà, potrebbe inserire il cinema in una strategia politica più pragmatica. Se l’industria cinematografica produce bellezza, questa è traducibile in prestigio, sia autopercepito, all’interno, che proiettabile per tutto il globo terracqueo, all’esterno. In una parola, creare bellezza è (altresì) patriottismo.

Anche qui, non auspico il remake di Cuore di De Amicis, con l’insopportabile piccola vedetta lombarda che ammorba da un secolo gli impavidi lettori. Chissenefrega.

E anzi, il film può financo avere contenuto anti-patriottico, ma nel complesso, se genera prestigio, l’effetto sarà opposto. Balla coi lupi è un film che critica la storia americana, tuttavia genera prestigio a Hollywood e aumenta il soft power a Stelle e Strisce nel mondo, in egual misura a Taxi Driver o American Sniper.

Poi beh, che dire, a me il discorso non tange. Io sono un artista libero. Io vinco sul mercato. Cosa vuoi che me ne importi di chiedere bustarelle agli amici del Fisco…

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