Durante le feste natalizie si diventa tutti un po’ bambini e si riguardano volentieri i vecchi cartoni animati, molti dei quali hanno come protagonisti i felini domestici. Da bambini, magari, non ci si fa caso, ma come mai nessun gatto è tigrato?
Uno dei miei cartoni animati più amati è senz’altro Gli Aristogatti; ebbene, Romeo è rosso con pancia e viso bianchi, Duchessa tutta bianca, i mici bianco, rosso e nero, ma con la pancia più chiara, Scat Cat è nero con pancia e viso grigi, Shun Gon è un siamese, Peppo e Hit Cat sono giallastri, al contrabbasso c’è una specie di certosino, tigrati nessuno. Anche il nemico numero uno di Topolino, Pietro Gambadilegno è nero col viso bianco. Unica eccezione potrebbe essere lo Stregatto di Alice, invece non fa che confermare la regola perché Tenniel disegnò il suo Ceshire cat tigrato, ma nella versione animata della Disney è stato trasformato in uno psichedelico gatto a strisce. Ma è la Disney e, siccome la moda del momento è quella di crocifiggere la Disney solo per le scemenze, possiamo ipotizzare che la Disney sia razzista nei confronti dei gatti tigrati. Intendiamoci, la Disney è una bieca multinazionale che mira al monopolio, paragonabile a “Trangugia e Divora“, ma quel che è giusto è giusto.
Però la Disney non è sola sulla Terra; il gatto dei cartoni animati per eccellenza, Gatto Silvestro, è nero con pancia e viso bianchi. Tom, che con questo cartone animato ha vinto l’oscar per miglior corto di animazione, è grigio con pancia e viso più chiari. Jinxie è rosso. Felix, uno dei primi gatti dei cartoni animati, è nero. Il gatto di Gargamella, Birba, è rosso con pancia e viso bianco.
Perché tutti i gatti dei cartoni animati sono mono o bicolori?
Il motivo più ovvio potrebbe essere che così sono più facili da disegnare. Però allontaniamoci per un attimo dall’animazione e andiamo a vedere come sono disegnati i gatti dei cugini più prossimi: i fumetti. Qui i gatti tigrati non mancano. Il primo che viene a mente è Fritz il gatto, del geniale Robert Crumb. Fritz è diventato anche cartone animato (questa è la versione italiana con un atroce doppiaggio in romanesco), ma è nato sulle pagine delle riviste underground californiane. Altri gatti tigrati sono i nazisti di Maus, indiscusso capolavoro di Art Spiegelman, anch’egli attivo sulle riviste underground. Che siano le riviste underground a favorire le immagini di gatti tigrati? In un certo senso sì.
I cartoni animati hanno un pubblico essenzialmente infantile, i loro personaggi devono essere pucciosi; anche i gatti cattivi, tipo Gambadilegno e Birba, alla fine, fanno ridere, la loro malvagità gli si rivolge contro e diventano ridicoli. La stampa underground fu attiva soprattutto negli anni Sessanta e Settanta, ossia quando il mondo avrebbe dovuto cambiare e, ahimè, non cambiò. Erano riviste satiriche, critiche, cattive, eversive, rivoluzionarie, i loro personaggi erano provocatori; Fritz era un anarcoide sboccato e malato di sesso, i gatti di Spegelman erano i nazisti, e peggio di così non si può dire.
Dunque, il sospetto che viene è che l’immaginario sui gatti tigrati, forse per la loro somiglianza con una bestia feroce, la tigre appunto, indirizzi inconsciamente verso l’idea del pericolo. A confermarlo starebbe un cartone animato che abbiamo lasciato astutamente per ultimo, Il gatto con gli stivali, dove il protagonista è sì carino, ma anche pericoloso.