“Le cose belle sono lente… Bisogna imparare ad aspettare”
Era il 2000 e Silvio Soldini conquistava il pubblico con una storia molto particolare, romantica, piacevole e a tratti divertente; si intitolava Pane e tulipani ed il tutto aveva inizio con una “bizzarra dimenticanza”.
Con Pane e tulipani il regista milanese e tutto il cast sbancano ai David di Donatello portando una ventata di freschezza nelle sale con un racconto che, almeno per l’epoca, era lontano dai topoi narrativi e descrittivi canonici della commedia all’italiana, anche nella sua accezione più nobile.
Della classica commedia troviamo però la leggerezza nel raccontare un percorso che porta la protagonista a ritrovare e riscoprire sé stessa; come i tulipani del titolo, che sono di origine persiana e non olandese come tutti sbagliano e credere, Rosalba infatti si rivelerà molto diversa da come ci appare all’inizio, sorprendendoci con le sue scelte fuori dagli schemi.
La trama di Pane e tupilani
Rosalba (Licia Maglietta) e una casalinga di Pescara in gita con marito (Antonio Catania) e due figli con una comitiva di compaesani.
Durante una sosta in autostrada Rosalba si attarda alla toilette e il torpedone riparte senza di lei. Dopo il primo smarrimento la donna fa l’autostop e si ritrova a Venezia, dove non e mai stata. Decide di prendersi una vacanza dalla famiglia e dalla routine.
Mimmo, il marito, non sa come comportarsi, finché scopre che Costantino, un suo dipendente, è un appassionato di libri gialli e allora lo spedisce a Venezia con il compito di ritrovare la moglie. Rosalba intanto ha trovato lavoro nel negozio di fiori di Fermo (Felice Andreasi), un anziano anarchico, e vive a casa di Fernando (Bruno Ganz), uno strano signore di origini islandesi che fa il cameriere ed è un cultore dell’Orlando Furioso e della poesia in genere.
Rosalba stringe inoltre amicizia con Grazia (Marina Massironi), vicina di casa, estetista e massaggiatrice e sollecitata da Fernando riprende anche a suonare la fisarmonica. Dopo varie peripezie, Costantino riesce a trovarla ma nel frattempo ha conosciuto Grazia e si è innamorato di lei, perciò rinuncia al suo incarico e rimane anche lui a Venezia.
Per Rosalba però la vacanza sembra ormai finita. Torna a casa alla vita di tutti i giorni, con i problemi casalinghi e familiari. Un giorno a Pescara arriva Fernando a dichiararle il suo amore e a pretenderla.
Perché “Pane e tupipani”?
Perché Silvio Soldini ha intitolato il film Pane e Tulipani? Ogni mattina, Fernando prepara la colazione a Rosalba e lei, per ricambiare il gesto, gli porta un mazzo di fiori dal negozio. Gli ultimi fiori che gli porta prima di tornare a Pescara sono proprio dei tulipani.
In una scena del film, Fermo spiega che i tulipani non sono fiori olandesi, bensì persiani, diventano così una metafora dell’essenza di Rosalba: tutti la credono in un modo, mentre la sua vera natura è un’altra e viene riscoperta solo dalle persone che veramente si interessano a lei.
Nel soggetto originale era prevista anche una scena di passione tra Rosalba e Fernando, mai girata perché avrebbe “stonato” con la frase conclusiva del film :
“Non vorrei sembrarle precipitosa, ma… se ci dessimo del tu?”.
Nella storia si può anche ravvisare un omaggio a Shirley MacLaine che in una scena de L’appartamento (film per il quale nel 1961 fu candidata all’Oscar come miglior attrice protagonista) pronuncia la frase:
“Ho sempre avuto sfiga: la prima volta che uno mi ha baciata, è stato in un cimitero!”
La stessa che Grazia in lacrime, dice a Costantino quando scopre la sua vera identità.
Il Cast e i personaggi e le location di Pane e tulipani
Oltre alla capacità indiscussa del regista di affrontare temi delicati e controversi, come quello dell’infelicità esistenziale e della emancipazione femminile, a rendere questa pellicola un vero capolavoro è stata anche la scelta indovinatissima di tutti i componenti del cast, premiati in blocco dalla giuria dei David di Donatello: dagli attori protagonisti (Licia Maglietta/Rosalba e Bruno Ganz/Fernando), agli attori non protagonisti (l’investigatore improvvisato Costantino/Giuseppe Battiston e la massaggiatrice Grazia/Marina Massironi), fino alle figure di contorno come Antonio Catania.
Licia Maglietta, all’epoca sconosciuta al grande pubblico, interpreta invece questa casalinga di Pescara che, in gita di gruppo a Paestum con la famiglia, viene dimenticata all’autogrill.
Licia è perfetta, con quell’espressione “incantata” come un bimbo che scopre il mondo per la rima volta, ingenua e in gamba, talmente in gamba da riuscire, in poco tempo, a ricrearsi una vita perfetta, su misura per lei, per le sue passioni ed il suo modo di essere.
Rosalba rappresenta la donna nella sua libertà di scelta e di azione, una donna che improvvisamente sa quello che vuole, e lo ottiene.
In una Venezia dal fascino sempre più quotidiano e sempre meno turistico, Rosalba incontra personaggi tanto squinternati quanto poetici.
Innanzitutto, Fernando (il compianto Bruno Ganz), cameriere islandese con un raffinato eloquio italiano che con gran gusto, le porta pietanze elegantemente decorate e le apparecchia la colazione la mattina.
Fernando ha un cappio appeso al soffitto della sua camera da letto, ma già dalla seconda sera in cui Rosalba dormirà ospite in casa sua, il cappio sparirà.
Da subito si capisce che Rosalba e Fernando si cambieranno la vita a vicenda, tra una declamazione a memoria dell’Orlando Furioso, una serata in balera e una suonata di fisarmonica.
Un uomo d’altri tempi Fernando, per una donna come poche.
Rosalba si fa assumere come aiutante da Fermo (Felice Andreasi), fioraio anarchico che la paragona a Vera Zasulich, una libertaria russa dell’Ottocento; le impartisce lezioni sui fiori e sull’importanza della lentezza delle cose belle e ogni tanto da di matto con i clienti.
Non passano inosservate le location che fanno da sfondo alla storia, come Campo Santa Maria Nova a Venezia, vicino all’Ospedale civile, dove si trova (purtroppo chiusa da qualche anno) la bottega da fioraio in cui lavora Rosalba.
Sempre in questo campo è stata ambientata la scena finale del film dove, mentre varie coppie ballano e Rosalba pronuncia la battuta finale:
“Non vorrei sembrarle precipitosa, ma… se ci dessimo del tu?”.
Questo grazioso campo prende il nome dall’antica chiesa di Santa Maria Nova, distrutta nel 1852 dopo essere stata usata come magazzino durante l’occupazione francese: di questa chiesa si possono ancora ammirare due bellissime pale d’altare fatte a mosaico a fine ‘500 dal famoso mosaicista Erminio Zuccato, che lavorò anche ai mosaici della Basilica di San Marco.
Queste due incredibili opere si trovano nel museo di San Marco, insieme a molte altre pregevoli opere d’arte.
Un film che fa riflettere
Pane e Tulipani è sicuramente un film che suscita sempre qualche riflessione nuova.
Soldini si accosta alla commedia umoristica e realizza un film dolce, solare, positivo e divertente. Questo, senza rinunciare ai temi che evidentemente più lo coinvolgono: la capacità del caso di mutare i destini di una vita, il gioco tra coincidenze e necessità.
Rosalba, a Venezia, trova non solo la consapevolezza del proprio disagio esistenziale, ma anche la felicità e la trova in un mondo piccolo e stravagante, tra fioristi anarchici, massaggiatrici olistiche, camerieri islandesi e investigatori improvvisati.
Pane e Tulipani è una rivoluzione che invitava le donne a cercare la felicità.