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Mio fratello, mia sorella: la recensione di un dramma familiare

Angelo De Giacomo 4 anni fa 1 Commento 5
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Mio fratello, mia sorella (My Brother, My Sister)

Regia: Roberto Capucci; soggetto e sceneggiatura: Roberto Capucci e Paola Mammini; fotografia: Andrea Arnone; musiche: Valerio Calisse; montaggio: Francesco Galli; interpreti: Claudia Pandolfi (Tesla), Alessandro Preziosi (Nikola), Francesco Cavallo (Sebastiano), Ludovica Martino (Carolina), Stella Egitto (Emma), Caterina Murino (Giada); produzione: Marco Belardi, Ughetta Curto, Enrico Venti per Lotus Production, Mediaset, Netflix; distribuzione: Netflix; origine: Italia – 2021; durata: 110′.

Contenuti
Mio fratello, mia sorella (My Brother, My Sister)TramaIl commento del redattore

Trama

Alla morte del padre, Tesla (Pandolfi) e suo fratello Nik (Preziosi) si ritrovano loro malgrado a dover convivere per un anno sotto lo stesso tetto, pur non essendosi visti da più di vent’anni. Nella casa vivono anche i figli di Tesla: Sebastiano (Cavallo), un violoncellista di grande talento affetto da schizofrenia ad alto funzionamento, al quale la donna ha dedicato la vita e un’ossessiva e soffocante protezione e Carolina (Martino), con la quale invece Tesla ha un rapporto conflittuale, al punto che la ragazza si rivolge alla madre col suo nome di battesimo. L’arrivo dello zio e la convivenza difficile innescheranno scontri e continui battibecchi tra Nik e Tesla, due fratelli agli antipodi, e la nascita di un inaspettato forte legame tra Nik e suo nipote Sebastiano. Col tempo si scopriranno le reciproche ragioni e tutti troveranno pian piano un equilibrio, fino a quando una serie di eventi porterà i personaggi a dover fare i conti con le proprie paure e segreti, seppelliti in un passato lontano, in un difficile viaggio verso il perdono e l’accettazione di se stessi e dei loro legami affettivi e familiari.

Mio fratello, mia sorella

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Il commento del redattore

Mio fratello, mia sorella è uno tra i primi frutti portati dall’accordo tra Mediaset e Netflix per la distribuzione dei titoli prodotti dall’azienda di Cologno Monzese (Mi). Non era lecito attendersi un prodotto anticonvenzionale, come altri titoli distribuiti in Italia dal colosso dello streaming che invece sono frutto di partnership internazionali, ma almeno nell’opera seconda di Roberto Capucci (Ovunque tu sarai), autore anche della sceneggiatura insieme con Paola Mammini, compare il tema della malattia mentale e in particolare della schizofrenia. Esso è trattato per una volta senza banalizzazioni e semplificazioni stucchevoli, grazie soprattutto alla bravura del giovane Francesco Cavallo (in questi giorni lo vediamo anche nel controverso La scuola cattolica), capace di dar vita in modo rispettoso e convincente alle ossessioni del giovane violoncellista che vorrebbe partire per Marte.

Il punto di forza di Mio fratello, mia sorella sta proprio nella bravura degli attori: Claudia Pandolfi è perfetta nel ruolo della madre ansiosa ed iper-protettiva, che ha rinunciato alla propria vita per accudire il figlio, così come Alessandro Preziosi, col suo aspetto trasandato e gli eccessi vitalistici è credibile nella parte del redivivo Nik.

Mio fratello, mia sorella - preziosi

Laddove il film viene a mancare è sotto il profilo della scrittura: mentre il rapporto tra i due senior Nik e Tesla è approfondito e trattato in più scene, per sfruttare il carisma dei due protagonisti e sottolineare  l’importanza della presenza, come dimostrazione d’amore,  quello tra i figli di Tesla, Carolina e Sebastiano resta quasi del tutto ignorato. La riappacificazione appare forzata quando invece i motivi dell’allontanamento di Carolina sono molto seri. Alcuni intermezzi, come quello dell’appuntamento di Tesla con il suo corteggiatore misterioso sembrano introdotti nella trama a viva forza: la scena è utile a mostrare finalmente complicità tra madre e figlia ma dal punto di vista narrativo non ha ragion d’essere. Il regista offre diversi spunti quindi che però non approfondisce: molte idee ma confuse.

Mio fratello, mia sorella

Lo stesso tema della malattia di Sebastiano finisce in secondo piano rispetto alle liti familiari urlate tipiche di certo cinema “mucciniano”.  Capucci si dimostra capace e a suo agio nel dirigere gli attori, molto meno nel costruire un’atmosfera; la stessa ambientazione a Roma, piena di scorci suggestivi e paesaggi da cartolina convince fino a un certo punto e dà allo spettatore una spiacevole sensazione di artificioso.

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1 Commento 1 Commento
  • Avatar di paola braccini Paola braccini ha detto:
    Ottobre 12, 2021 alle 23:44

    Un film che nn mi è piaciuto molto, la Pandolfi brava sì ma esasperata nel tuolo di madre ansiosa, come Preziosi anche lui eccessivo quasi una caricatura, il film nell’insieme risulta televisivo con dialoghi banali. Mai un momento dove spicca il volo. Piatto e prevedibile.

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