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Logos Zanzotto il documentario nel centenario dalla nascita di Andrea Zanzotto

Laura Mecozzi 4 anni fa Commenta! 5
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Logos Zanzotto

(documentario) durata 72′

Contenuti
Logos ZanzottoDietro le quinte di Logos Zanzotto

Regia di Denis Brotto, da un’idea originale di Denis Brotto, Giorgio Tinazzi e Giovanni Zanzotto (figlio del poeta) Montaggio: Denis Brotto e Paolo Cottignola

Logos zanzotto

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Per celebrare il centenario della nascita di Andrea Zanzotto, Denis Brotto ripercorre la sua vita e le sue opere attraverso questo documentario suggestivo e profondo che analizza le sue opere in maniera approfondita e mai banale.

Il documentario è stato presentato a Venezia78 all’interno delle Giornate degli autori.

Un lavoro, quello per realizzare questo film, non di certo veloce e frettoloso, per realizzarlo infatti ci sono voluti diversi anni.  A base per la costruzione di Logos Zanzotto c’è stato uno scrupoloso studio sulle poesie di Zanzotto e le connessioni tra di esse e le immagini.

Logos Zanzotto oltre a ripercorrere la poesia di Zanzotto vuole chiedersi su come il cinema possa rivelare la poesia di Zanzotto.

Quello che si chiede Logos Zanzotto è proprio cosa può dare il cinema attualmente per poter riportare alla luce la poetica di Andrea Zanzotto? Può riuscirci veramente in pieno o è una sterile copia di quello già scritta dal poeta?

Fonte principale per l’immaginario di Logos Zanzotto sono state le innumerevoli immagini d’archivio raccolti da Denis Brotto e grazie la collaborazione di molti giovani: Maria Fiorina Cicero, Monica Bortolami, Federico Sillo, Deborah Osto,  Luca Zantomio.

In Logos Zanzotto, c’è la volontà di puntualizzare il fatto che le poesie di Zanzotto vogliono definire il paesaggio in un modo che non fosse il meno possibile didascalico dando anche uno sguardo didascalico verso il mondo reale.

Dietro le quinte di Logos Zanzotto

Oltre al materiale d’archivio molti sono anche le persone incontrate per capire meglio Zanzotto tra studiosi, poeti, critici, ma anche amici stessi del poeta.

Ma chi sono state queste persone? Possiamo ricordare Stefano Dal Bianco, Marzio Breda, Massimo Cacciari, Francesco Carbognin, Giorgio Tinazzi, Luciano Cecchinel, Paolo Cattelan, Giosetta Fioroni, Andrea Cortellessa,  Gian Mario Villalta, Emanuele Zinato.

Ognuno  di essi è stato essenziale per riportare alle luce parti di una voce così unica e complessa come quella di Zanzotto. Una voce internazionale ma allo stesso tempo strettamente legata al suo territorio di origine.

“È un atto di indagine, di approfondimento e di condivisione del percorso poetico di Zanzotto, in cui proviamo a dar conto delle tante influenze presenti nella sua opera. Il suo del resto è stato un percorso sviluppatosi in decenni attraverso saperi e linguaggi diversi, attraverso una visione del senso del linguaggio che è andato modificandosi e intensificandosi nel corso del tempo” dice il regista Denis Brotto. “Abbiamo cercare di ricreare ciò attraverso le immagini. Qui la sfida era quella di provare a filmare qualcosa di invisibile – o quasi: la poesia. qualcosa che non esiste materialmente e che tuttavia ha delle ripercussioni chiare, evidenti sul reale. Insomma, provare a far sentire anche ciò che, per sua natura, non si vede.
E con ciò, cercare anche di rinnovare il significato del guardare al reale. Un lavoro” continua Brotto “che oggi inevitabilmente significa anche muovere il proprio sguardo sui resti, su ciò che rimane del paesaggio, dopo guerre, violenze, sfruttamenti intensivi. In questo senso c’è un legame continuo tra passato e presente. Tra le aspettative passate e le attestazioni attuali. Il senso di questo lavoro su Zanzotto va ricercato, credo, in quello che la sua poesia mi ha suggerito sin dal primo atto di avvicinamento a essa. Un mondo fatto di parole, di simboli, di suoni che restituivano un universo composito. Leggendo il Filò” conclude Brotto “molto tempo fa da giovane, ho pensato che il mondo fosse un luogo complesso, non ovvio, pieno di stupore, di sensazioni, di eventi infinitesimali posti di fianco ad altri di immensa grandezza. Un luogo da scoprire insomma, e dunque degno essere vissuto”.

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