Si è concluso qualche giorno fa, il primo appuntamento con l’arte targato Nexo Digital, dedicato a Leonardo e alle sue opere pittoriche, una serie di docu-film che ci accompagneranno fino a giugno e ci guideranno per conoscere i segreti, i trucchi e le particolarità dei grandi nomi della storia dell’arte.
Come anticipato in un precedente articolo dal titolo Debutta a gennaio Leonardo. Le opere con Nexo Digital il regista Phil Grabsky ha realizzato la pellicola viaggiando nei musei di 8 diversi paesi per riprendere in situ praticamente tutte le opere pittoriche attribuite a Leonardo.
Esperti e storici dell’ arte come Luke Syson, direttore del Fitzwilliam Museum di Cambridge, Martin Kemp, professore emerito al Trinity College di Oxford, Mikhail Piotrovsky, direttore del Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo e Andrzej Betlej, direttore del Museo Nazionale di Cracovia ci accompagnano in questo viaggio, da Firenze, a Milano, a Roma, luoghi in cui Leonardo visse e operò.
Leonardo era il figlio illegittimo di una contadina e di un notaio e crebbe in campagna, a Vinci.
Già all’età di 10 anni, ambizioso com’era, si aggirava in una delle botteghe più eminenti di Firenze, quella del Verrocchio, dove in realtà si lavorava ogni genere di oggetto bidimensionale e si potevano apprendere le tecniche più svariate.
Con Leonardo viene infatti inaugurata la pittura ad olio, che rispetto alla tempera aveva tempi di essiccazione più lenta e consentiva perciò di apportare modifiche anche sostanziali non solo in corso d’opera, e di rendere una maggiore armonia cromatica ed effetti di luce e trasparenze più veritieri.
Secondo il suo modo di pensare, vedere e rappresentare l’arte, un quadro doveva rappresentare non solo ciò che l’occhio vede al primo sguardo, ma anche ciò che non vede, come dimostra Paesaggio del Valdarno un disegno datato 1473 dove l’artista usò un tratto leggero per evocare il vento tra gli alberi e uno più spesso per le rocce e le cadute d’acqua, mentre per il castello a strapiombo usò contorni netti.
I suoi studi sulla prospettiva, sono evidenti già nella primissima opera indipendente, l’Annunciazione degli Uffizi dove si possono ravvisare degli errori come il braccio destro della Vergine che risulta più lungo del sinistro, le gambe corte rispetto all’altezza del busto e il cipresso che si confonde con l’edificio quattrocentesco facendolo risultare più grande.
È il coronamento del suo periodo di apprendistato dal Verrocchio, una sorta di sfida, di dialogo con se stesso, per progredire nella tecnica e nello studio della prospettiva.
Nel Battesimo di Cristo vediamo invece l’allievo superare il maestro; a tal proposito infatti, Giorgio Vasari nella sua celebre opera dal titolo Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori scrisse:
“«[Per] Andrea del Verrocchio […che stava] faccendo una tavola dove San Giovanni battezzava Cristo, Leonardo lavorò un Angelo, che teneva alcune vesti; e benché fosse giovanetto, lo condusse di tal maniera che molto meglio de le figure d’Andrea stava l’Angelo di Leonardo. Il che fu cagione ch’Andrea mai più non volle toccar colori, sdegnatosi che un fanciullo ne sapesse più di lui. “
Ancora, il film, ci porta ad osservare più da vicino alcuni ritratti realizzati da Leonardo, come quello di Ginevra dè Benci che con i suoi riccioli rossi guarda l’osservatore in modo diretto, come lo sfidasse; La dama con l’ermellino raffigurante forse l’amante di Ludovico Sforza, una donna bella e istruita, in movimento, mentre sta per girarsi, sembra quasi una fotografia;la Belle Ferronnière l’ultima amante di Ludovico, Lucrezia Crivellin, protesa in avanti con uno sguardo sfuggente, quasi a voler evitare gli osservatori.
Grande protagonista delle opere leonardesche è la Vergine, e una in particolare colpisce, La Madonna Benois perché è felice. Nell’iconografia abituale infatti, siamo soliti vederla triste, pensierosa, dimessa, perché consapevole di ciò che accadrà a suo figlio. In questo dipinto invece, la vediamo gioiosa, felice, giovane; decisamente contrapposta quindi alla Madonna Litta (https://arte.icrewplay.com/nel-cuore-di-milano-cinque-secoli-di-leonardo-da-vinci-tra-arte-e-mistero/) l’opera più importante conservata all’Ermitage che con il suo sguardo serio e la sua espressione matura e adulta si contrappone perfettamente alla Madonna Benois.
Scopriamo dalle parole degli esperti, che forse Leonardo era omosessuale, non aveva alcuna “distrazione” di tipo familiare e la sua attenzione per lo scibile umano era immensa. Dal suo punto di vista la figura del pittore era assimilabile a quella di un gentiluomo, perciò la sua esteriorità era sempre curata ed elegante. Era esperto di botanica, geologia, fisica ed è stato uno dei più abili disegnatori del Rinascimento.
In lui, mente e corpo erano continuamente in collegamento e non separava mai la vita artistica, da quella privata, un moderno stacanovista, insomma; al margine dei suoi scritti, sovente, troviamo appunti riguardo quello che avrebbe mangiato per pranzo o quello che avrebbe dovuto fare durante la giornata.
Scopriamo un uomo con una grande e particolare passione per i cavalli e la loro anatomia, studiata con precisione e dedizione.
Impariamo ad amare un Leonardo che non sempre portava a termine ciò che iniziava, come è accaduto per L’Adorazione dei Magi che dopo il recente restauro ci ha svelato la tridimensionalità di alcune figure; in tutto 70 rigorosamente realizzate a mano libera.
Per Leonardo, la pittura era simile alla musica che rende la scienza udibile, così come l’arte la rende visibile, e nel Ritratto di musico è visibile la sua sperimentazione delle luci e delle ombre, la figura è infatti resa con un forte chiaroscuro che la fa emergere dal fondo scuro in tutta la sua plasticità.
Leonardo era continuamente alla ricerca di qualcosa, la sua era una sperimentazione continua di tecniche che non sempre avevano il risultato sperato di durare nel tempo, come accade nell’Ultima Cena (https://arte.icrewplay.com/il-capolavoro-immortale-di-leonardo-da-vinci/); l’opera infatti, proprio a causa della singolare tecnica sperimentale utilizzata da Leonardo incompatibile con l’umidità dell’ambiente, versa da secoli in un cattivo stato di conservazione, che è stato, per quanto possibile, migliorato nel corso di uno dei più lunghi restauri della storia, durato dal 1978 al 1999 con le tecniche più all’avanguardia del settore.
Gesti, espressioni, interattività tra i personaggi, sono unici, è il Capolavoro di Leonardo, perché racchiude lo studio di più arti messe insieme: teologia, prospettiva, pittura, luce, colore.
Il nome di Leonardo, nel mondo, è però legato alla Gioconda attorno al quale si è creato una sorta di mito… copiata, rubata, studiata, Lisa Gherardini era una dama fiorentina che aveva sposato un mercante di sete, Francesco Del Giocondo.
L’espressione forse triste, forse malinconica, forse addirittura sorridente della Monna Lisa, è resa con la tecnica dello sfumato, senza contorni quindi, mediante la sovrapposizione di più strati di colore.
Attraverso questo documentario, scopriamo un Leonardo che non ha sete né di fama né di reputazione, un uomo instancabile che ha lavorato fino alla fine dei suoi giorni.
La morte lo colse infatti a 75 anni dopo aver terminato San’Anna, la Vergine e il bambino sul quale non ebbe la possibilità di stendere l’ultimo strato di lucido. La tavola, che offre uno sguardo globale sulla natura, è frutto di una progettazione della quale esiste un disegno realizzato a Firenze all’inizio del Cinquecento.
Il progetto anche se non ancora trasformato in dipinto era già molto apprezzato dai suoi contemporanei per via della composizione innovativa. Il suo fascino ispirò importanti intellettuali e perfino Sigmund Freud che elaborò una teoria psicoanalitica sulle opere di Leonardo.
Il lascito di questo grande artista è immenso, per il mondo intero, perché universale e universalmente riconosciuto.
Questo documentario, seppur strutturato forse in maniera un po’ statica, con scene slegate che si stagliano su sfondi che scorrono lentamente, ci l’opportunità di riflettere non solo sulla sua arte, ma anche sul suo vissuto, sulla sua storia personale.
Il sottofondo musicale in stile monastico-medievale, fa viaggiare la mente e l’immaginazione, e ci trasporta in quell’epoca fatta di grandi palazzi, corti e signorìe.
Un mondo che Leonardo ha amato e trasformato con i sui studi sul colore, sulla luce e sulla prospettiva e che ci ha restituito più bello e più vero che mai.