Titanic (id.)
Regia: James Cameron; soggetto e sceneggiatura: James Cameron; fotografia (DeLuxe Color): Russell Carpenter; scenografia: Peter Lamont; costumi: Deborah L. Scott; effetti speciali: Robert Legato, Thomas L. Fisher; colonna sonora: James Horner; montaggio: Conrad Buff, James Cameron, Richard A. Harris; interpreti: Leonardo DiCaprio (Jack Dawson), Kate Winslet (Rose DeWitt Bukater), Billy Zane (Cal Hockley), Kathy Bates (Molly Brown), Frances Fisher (Ruth De Witt Bukater), Bernard Hill (cap. Smith), Jonathan Hyde (Bruce Ismay), Danny Nucci (Fabrizio), David Warner (Spicer Lolvejoy), Bill Paxton (Brock Lovett), Gloria Stuart (Rose DeWitt Bukater anziana), Victor Gerber (Thomas Andrews), Susy Amis (Lizzy Calvert), Lewis Abernathy (Lewis Bodine), Nicholas Cascone (Bobby Buell), Anatoly M. Sagalevitch (Anatoly Milkalevich), Jason Barry (Tommy Ryan), Ewan Stewart (primo ufficiale); produzione: Lightstorm Entertainment/20th Century Fox/Paramount Pictures; origine: USA – 1997; durata: 195′.
Trama
Al largo della Nuova Scozia, 1997. Da bordo di una nave attrezzata per le ricerche, Brock Lovett esplora il relitto del Titanic, affondato nella notte del 15 aprile 1912. Il suo scopo è recuperare il famoso diamante “Le coeur de la mer” che ritiene sia affondato con la nave. In una cassaforte scopre il ritratto di un nudo femminile. Saputolo dalla tv, una vecchia centenaria comunica a Lovett di essere lei la ragazza del disegno. La conducono sul posto ed ella inizia a raccontare la sua storia. 1912. A bordo del Titanic viaggia, naturalmente in prima classe, l’aristocratica Rose DeWitt Bukater con la madre e il ricco fidanzato Cal Hockley. In terza classe invece riesce ad imbarcarsi per gli Stati Uniti, grazie a una fortunata partita a poker, il giovane pittore Jack Dawson. Una notte, Rose scavalca il parapetto e minaccia di suicidarsi, gettandosi in mare. Jack la raggiunge sul ponte e riesce a dissuaderla, salvandole la vita. Nonostante la differenza di classe sociale i due fanno amicizia e Jack viene invitato a cena sul ponte principale, in segno di gratitudine per aver salvato la ragazza. Egli viene deriso per le sue umili origini, ma se la cava bene. In seguito, invita Rose ad una festa in terza classe, dove si divertono e ballano fino a notte inoltrata. Rose chiede al ragazzo, abile disegnatore, di farle un ritratto, che riporrà nella cassaforte di Cal, per fargli dispetto. Fanno l’amore in un’auto parcheggiata nella rimessa. La nave finisce contro un iceberg. Il panico si diffonde, ci si azzuffa per trovare un posto sulle scialuppe di salvataggio, che non bastano per tutti. Finiti in acqua, Rose e Jack si aggrappano ad una tavola di legno. Jack insiste perchè sia Rose a salirvi ma muore assiderato nel mare gelido e scivola via. Rose si salva e quando la recuperano, cambia il proprio cognome in Dawson, affinchè il gretto Cal, riuscito con l’inganno a salire su una scialuppa di salvataggio, non la rintracci. Torniamo al presente: Rose, ormai anziana e stanca getta in mare il diamante, che in segreto aveva conservato e muore, cullata dal ricordo del suo Primo Amore.
Un naufragio miliardario
Il quarantaquattrenne James Cameron viene da una piccola cittadina del Canada. Si trasferisce in California nei primi anni ’70, fa il camionista per pagarsi gli studi e si laurea in fisica a Los Angeles. Non è un novellino, ha già all’attivo sei film, tra cui alcuni titoli di fantascienza tra i più grandiosi e spettacolari degli ultimi vent’anni ( i due Terminator e Aliens – Scontro finale) nei quali arriva a usare fino a nove macchine da presa per girare una sola scena. Questa volta due majors rivali, la 20th Century Fox e la Paramount Pictures, si associano per realizzare l’ambizioso progetto di raccontare la storia delle tragica notte fra il 14 e il 15 aprile 1912, già portata sul grande e sul piccolo schermo sei volte, due delle quali al cinema nel 1915 e nel 1953, senza particolare successo. L’investimento richiesto è decisamente titanico: 200 milioni di dollari, che aumenta fino a 270 milioni quando il regista pretende di realizzare un clone del transatlantico lungo 269 metri, da far affondare nel Golfo del Messico. Le profezie funeste si sprecano: possibile che il film, per quanto perfetto, riesca a recuperare il denaro speso? Già dalla prima settimana di programmazione Titanic comincia a far registrare incassi favolosi. Dichiara il regista: “Ho capito che eravamo a cavallo quando, dopo le prime proiezioni di prova, la gente che usciva dalla sala mi chiedeva quando ne avrei realizzato una versione più lunga: il film dura 3 ore 15 minuti!”. È il ritorno in grande stile del kolossal hollywoodiano in versione moderna: sontuosi effetti speciali che avvolgono la classica storia di amore e morte, tragedia e romanticismo, tra due giovani che il Mondo vuole dividere. Nel film il transatlantico impega un’ora e trenta ad affondare: non sono le due ore e quaranta che ci mise la nave nel 1912, ma ci vanno molto vicino e la precisione maniacale dei dettagli, l’imponenza delle scene di massa lasciano anche il più scettico dei critici a bocca aperta. Ai Golden Globe le 8 candidature si trasformano in 4 premi al film drammatico, al demiurgo James Cameron come miglior regista, alla colonna sonora e alla canzone, la celeberrima e struggente My heart will go on (in basso il video ufficiale) della star canadese Céline Dion. Il 25 marzo 1998 Titanic si presenta allo Shrine Auditorium per la notte delle stelle con 14 nomination (un record, tante quante Eva contro Eva) e l’incasso globale di un miliardo di dollari che ne fa la produzione più fortunata della storia del Cinema moderno, suscitando negli incantati spettatori ondate di fanatismo, come non si vedevano dai tempi di Tutti insieme appassionatamente.
Il racconto del redattore
Nel coro di lodi qualche voce stona, soprattutto fra gli esponenti della vecchia guardia. Gli attori Shelley Winters e Rod Steiger ad esempio bocciano il film, ritenendolo freddo e senza cuore, affetto da un gigantismo che non sempre è sinonimo di qualità. In realtà le accuse sono ingenerose, perchè al melodramma romantico fa da contrappunto la cronaca circostanziata della tragedia, che divide la responsabilità in modo equanime tra gli errori umani, le fatali imperfezioni tecniche e le crudeli divisioni di classe che spinsero l’equipaggio a tenere sotto coperta fino all’ultimo i passeggeri meno abbienti: dei 1500 morti, la maggior parte fu costituita dalle persone che viaggiavano in stiva. Tutto questo è documentato nel film, ma di questa malcelata ostilità fanno le spese gli interpreti: la bravissima Kate Winslet, nominata invano e Leonardo DiCaprio (“il vero comandante di successo del Titanic”, secondo la sua sincera amica e partner sul grande schermo) completamente ignorato. Per tutta risposta, l’attore diserta la cerimonia, usando come pretesto le prove di un adattamento teatrale de La maschera di ferro, che l’anno dopo diventerà un film. L’Academy non gli perdonerà l’affronto e l’attore dovrà attendere vent’anni per vedere riconosciuto il proprio talento. Per il resto il trionfo di Titanic è totale: 11 Oscar che eguagliano il record di Ben Hur, tuttora imbattuto, come miglior film, regia, fotografia, scenografia, costumi, montaggio, suono, montaggio sonoro, effetti speciali, colonna sonora e canzone. Il concorrente più accreditato di Cameron è un noir impeccabile e moderno come L.A. Confidential, tratto dall’omonimo romanzo di James Ellroy. Il regista Curtis Hanson si mostra sicuro di sè e in effetti l’atmosfera del film è degna dei maggiori classici del genere, ma viene travolto e conquista solo le statuette per la sceneggiatura e l’attrice non protagonista Kim Basinger, prostituta sosia di Veronica Lake (“A chi la gloria e a chi un’ex puttana e un viaggio a Las Vegas” la sua battuta finale del film). Stesso bottino per Will Hunting- Genio Ribelle che vede allinearsi l’irregolare Gus Van Sant alla legge di Hollywood: vince per la sceneggiatura originale scritta dalla coppia di attori Affleck-Damon, che fanno la felicità della stampa scandalistica fidanzandosi con Gwyneth Paltrow e Winona Ryder e soprattutto per il grandissimo Robin Williams, miglior attore non protagonista e impagabile psicologo/maestro di vita del genio matematico scapestrato Matt Damon. Dal palco, euforico, il vincitore dichiara: “Sono sempre stato frustrato come attore comico, perchè noi clown del sorriso facciamo paura e nessuno ci premia. Sono contento, pensavo che le mie probabilità di vincere fossero le stesse della squadra di bob della Jamaica. Conquistare l’Oscar è una grande soddisfazione e costa meno del Prozac” (anni dopo Robin Williams si arrenderà alla depressione, morendo suicida e lasciando un vuoto incolmabile nel cuore di coloro che, come me, hanno amato alla follìa questo attore completo e geniale). Ultimi trionfatori, in una cerimonia che lascia poco spazio agli altri sono i due attori protagonisti di Qualcosa è cambiato di James L. Brooks, i cui detrattori malignano che abbia semplicemente aggiornato Voglia di Tenerezza. In realtà i due film hanno poco in comune se si esclude il sublime gigione e miglior attore dell’anno Jack Nicholson, misantropo scrittore di romanzi rosa che mette da parte le proprie fisime davanti alla spontanea gentilezza di una cameriera single con figlio asmatico a carico, di cui s’innamora. Quest’ultima è la grintosa trentacinquenne Helen Hunt, figlia d’arte (il padre Gordon è un apprezzato attore e regista televisivo) che fa centro alla sua prima nomination. Per il grande Jack invece questo è il terzo Oscar che lo consacra definitivamente, ove ce ne fosse bisogno, come uno dei più grandi attori del cinema americano. Trascurati dall’Academy ci sono il sottovalutato Jackie Brown di Quentin Tarantino e Boogie Nights – l’altra Hollywood, sorprendente opera seconda del ventisettenne Paul Thomas Anderson, di cui risentirai parlare in questa rubrica. Ugualmente affondate dal transatlantico di Cameron sono le speranze di vittoria del Woody Allen di Harry a pezzi, del notevole action-movie Face/Off dove John Travolta e Nicholas Cage si scambiano il volto, diretti dal maestro John Woo al suo esordio americano. e lo splendido Donnie Brasco di Mike Newell, film sulla mafia insolito e crepuscolare, con due protagonisti che rivaleggiano in bravura e capacità mimetica come l’agente federale infiltrato Johnny Depp e il suo mentore criminale Al Pacino.