Gli Spietati (Unforgiven)
Regia: Clint Eastwood; soggetto e sceneggiatura: David Webb Peoples; fotografia (Technicolor): Jack N. Green; scenografia: Henry Bumstead; costumi: Carla Hetland e Joanne Hansen (supervisione); colonna sonora: Lennie Niehaus; montaggio: Joel Cox; interpreti: Clint Eastwood (Bill Munny), Gene Hackman (Little Bill Dagget), Morgan Freeman (Ned Logan), Richard Harris (English Bob), Jamimz Woolvett (“Scofield Kid”), Saul Rubinek (W.W. Beauchamp), Frances Fisher (Strawberry Alice), Anna Thomson (Delilah Fitzgerald), David Mucci (Quick Mike), Rob Campbell (Davey Bunting), Anthony James (Skinny Dubois); produzione: Clint Eastwood per Malpaso Productions; origine: USA – 1992; durata: 130′.
Trama
Big Whiskey, Montana, 1880. Il killer William Munny (Eastwood), vedovo e ormai ritiratosi dall’attività per amore della moglie (le aveva promesso di rinunciare ad uccidere per denaro e all’alcool) accetta di tornare sul campo, per vendicare lo sfregio inferto dal cowboy Mike alla prostituta Delilah, allo scopo di incassare la cospicua taglia offerta dalle sue compagne, ospiti del bordello. Porta con sè il suo vecchio socio, Ned Logan (Freeman) e si scontra col crudele sceriffo Little Bill Daggett (Hackman), che lo fa frustare a sangue. Nel bordello le prostitute si prendono cura di lui, aiutandolo a ristabilirsi. Intanto Logan scova Davey, il complice di Mike, nascosto in un profondo canyon e lo ferisce ad una gamba. Sopraggiunge Munny che gli spara allo stomaco e lo lascia a morire. Sconvolto, Logan abbandona l’impresa. Lo sceriffo però lo cattura, lo frusta e lo uccide. Intanto Munny è riuscito a rintracciare Mike e ad ammazzarlo. Gli riferiscono che Logan è morto. Torna in paese, riprende a bere, ammazza il proprietario del saloon, uccide lo sceriffo che invoca pietà e grida a chi si è rintanato sotto i tavoli per la paura di dare a Logan una degna sepoltura. Altrimenti tornerà a fare una strage.
La morte del Far West
Il titolo originale del film è Unforgiven, il suo significato è “i non perdonati” o “gli imperdonabili”. Clint Eastwood riprende in mano un copione di David Webb Peoples, opzionato quindici anni prima da Francis Ford Coppola dal quale quest’ultimo non è mai riuscito a trarre un film. Quella che il regista qui ci presenta è un’altra rivisitazione del western, girata con scetticismo perfino cinico. Il film, con un ‘invenzione suggestiva, è ricompreso tra due inquadrature: campi lunghissimi, ripresi dal basso. Nel primo, in apertura, si vede il vecchio Munny intento a scavare una fossa per la moglie morta, davanti alla propria casa; nel secondo, in chiusura del film, Munny, compiuta la missione è in raccoglimento davanti alla lapide sulla medesima tomba. In due ore e dieci minuti Clint Eastwood, regista e interprete, sviluppa l’azione e narra la storia con la tranquillità di chi controlla ogni ingranaggio di un meccanismo che conosce a memoria. Tre attori formidabili – Gene Hackman nei panni dello sceriffo Daggett, Morgan Freeman come il suo vecchio compagno Ned Logan e Richard Harris, il fanfarone inglese capitato a Big Whiskey – lo sostengono con una caratterizzazione espressiva e una profondità raramente vista nei western tradizionali. Contribuiscono al successo di questa disincantata rievocazione di un mito, di un paesaggio (anche se il film è stato girato in Canada, ma il cinema, si sa è finzione e la realtà sul grande schermo non fa testo) anche le note sentimentali, quasi patetiche, dedicate alla moglie morta del protagonista, incorniciata nello sfondo scuro del cielo al tramonto che simboleggiano anche la fine della leggenda di un vecchio West che non è più quello di una volta. Ai Golden Globe su 4 nomination, Eastwood porta a casa 2 premi, per la miglior regia e per Hackman miglior attore non protagonista. Alla notte delle stelle Gli Spietati arriva con 9 candidature e buone probabilità di vincere.
Il racconto del redattore
L’anno di grazia 1992, nel quale Bill Clinton conquista la presidenza degli Stati Uniti, dopo 16 anni di governo repubblicano, agli Oscar è caratterizzato da una cinquina di pretendenti all’alloro di miglior film piuttosto eterogenea. Oltre a Eastwood sono nominati Codice d’onore, forte del protagonismo dei divi Tom Cruise e Demi Moore, coadiuvati dal vecchio leone Jack Nicholson in un trial movie di Rob Reiner; il fiacco e furbo Scent of a Woman – Profumo di Donna remake dell’omonimo film di Dino Risi (la parte del protagonista era stata allora di Vittorio Gassman) con un sublime Al Pacino cieco e militaresco (premiato con l’Oscar per un’interpretazione non certo fra le migliori della sua carriera, unica statuetta peraltro del film), nominato anche come attore non protagonista per lo splendido Americani di James Foley; a completare l’elenco la rivelazione dell’anno La moglie del soldato di Neil Jordan, che grazie a un colpo di scena finale imprevedibile rastrella cospicui incassi, lasciando agli spettatori la gradevole sensazione di conoscere il segreto (Oscar alla sceneggiatura originale);impossibile non citare Casa Howard, ennesima e raffinata incursione di James Ivory nell’universo letterario di E.M. Forster (3 Oscar alla protagonista femminile Emma Thompson, alla sceneggiatrice Ruth Prawer Jhabvala e alla scenografia del’italiana Luciana Arrighi). Esclusi dalle nomination principali troviamo L’ultimo dei Mohicani di Michael Mann, con un intenso Daniel Day Lewis (Oscar per il suono) e il corretto Dracula di Bram Stoker, horror d’autore di Francis Ford Coppola (3 Oscar tecnici ai costumi, al trucco e agli effetti sonori). Come miglior film straniero l’Academy sceglie il polpettone francese Indocina, ma l’evento della serata è il premio alla carriera a Federico Fellini, salutato dall’ovazione del pubblico. Dal palco (filmato in alto) il grande regista condivide il riconoscimento con la donna che da anni gli è accanto, prima come attrice (Giulietta degli Spiriti, ma non solo), poi come come moglie e compagna di vita: Giulietta Masina, commossa fino alle lacrime in platea. In conferenza stampa l’autore italiano è protagonista assoluto e quando il giornalista Claudio Castellacci gli chiede se avrebbe mai pensato che l’aggettivo “felliniano” potesse entrare nei dizionari americani risponde sornione: “Eccome no! Avevo sempre sognato di fare l’aggettivo, da grande. Ne sono lusingato. Cosa intendano gli americani con “felliniano” posso immaginarlo:opulento, stravagante, onirico, bizzarro, nevrotico, fregnacciaro. Ecco, fregnacciaro mi sembra il termine giusto”. Con 4 oscar al film, alla regia, all’attore non protagonista Gene Hackman e al montaggio, la serata si chiude col trionfo di Clint Eastwood, che entra di diritto fra i grandi autori del cinema americano, come ha continuato a dimostrare negli anni, fino ad oggi.