National Gallery 200 uscirà il 22 e 23 ottobre 2024, diretto da Phil Grabsky e Ali Ray, e verrà distribuito nelle sale italiane da Nexo Digital. Il documentario racconta i duecento anni di una delle gallerie d’arte più importanti ed imponenti al mondo, la National Gallery per l’appunto, attraverso lo sguardo sia di diverse persone che lavorano attivamente al suo interno, sia a quello di più o meno illustri visitatori, che nel corso del tempo hanno intrattenuto con la celeberrima galleria londinese, uno speciale rapporto che andasse ben oltre l’amore per l’arte.
Gli intervistati, attraverso alcuni dei loro ricordi personali, racconteranno il loro speciale legame con il magnifico museo di Trafalgar Square e ciò che li lega particolarmente ad uno dei quadri presenti alla National Gallery, aggiungendo la loro interpretazione personale sul dipinto tanto amato.
La National Gallery attualmente ha al suo interno 2300 dipinti risalenti a varie epoche e scuole artistiche, che vanno dalla metà del XII secolo all’inizio del secolo scorso.
Per gli appassionati d’arte, questo documentario sarà un imperdibile momento non solo per ammirare opere uniche e dal valore inestimabile di alcuni dei più famosi e stimati pittori vissuti in quasi mille anni di storia, ma sarà anche un’opportunità più unica che rara per conoscere la storia di questo magnifico museo, il quale ha l’ingresso alla propria collezione principale permanentemente gratuito, permettendo quindi a tutti, londinesi o viaggiatori vari, in questi due secoli, di poter trovare nell’arte un comodo e caldo rifugio sotto il quale sempre e comunque poter riparare.
Un mondo, la National Gallery, che il 22 e il 23 ottobre aprirà eccezionalmente i battenti anche a noi nelle nostre sale italiane; ora, metaforicamente parlando, inoltriamoci un po’ al suo interno per scoprire che cosa ci riserverà questo imperdibile documentario nel mondo della grande arte e delle emozioni che da sempre ed implicitamente, l’arte porta con sé…
National Gallery 200. Duecento anni di arte straordinaria
Nationale Gallery 200. Dal singolo al collettivo, l’arte per tutti
National Gallery 200 è indubbiamente un bel modo di riscoprire alcuni dei capolavori dell’arte mondiale presenti all’interno della sua prestigiosa galleria, aprendo non solo le porte del museo a tutti gli spettatori per una visita speciale per questo anniversario tanto importante, ma di fatto spalancare l’anima stessa della galleria di Trafalgar Square a questi, perché il tutto verrà accompagnato dai ricordi delle persone che sono cresciute ammirandone i quadri e che dietro di essi riscoprono antiche, ma sempre calde emozioni, legate al proprio passato, più o meno recente, di visitatori della National Gallery.
Parte fondamentale del documentario sono quindi le esposizioni da parte degli intervistati, tra arte e vita personale, frammentate da un lato da un’inquadratura che ci mostra l’intervistato in diverse posizioni, seduto o in piedi a seconda di come preferisse esporre il rapporto di vita che li lega alla galleria londinese, raccontando da una parte l’esperienza diretta che ha avuto con quel particolare quadro, dal primo approccio alla conoscenza, andata ad approfondirsi poi nel corso del tempo, raccontando anche il motivo che lo ha spinto a preferirlo particolarmente rispetto ai tantissimi altri meravigliosi dipinti della gigantesca collezione della gallery londinese.
A questo si accompagna la loro interpretazione di esso, e come e quanto si è modificata nel corso del tempo, perché il quadro è rimasto ovviamente lo stesso, ma la persona dietro al dipinto è cresciuta in età ed esperienza, modificando inevitabilmente anche lo sguardo con il quale in principio aveva osservato quel quadro specifico, non modificandone però minimamente l’amore verso esso, quello si rimasto costante ed immutabile, oggi come ieri.
Le varie interviste vengono ovviamente spesso sormontate dall’importante figura del quadro, con inquadrature che passano dall’essere a figura intera per mostrare il quadro in tutta la sua maestosità, fino a diventare piani molto ravvicinati per concentrarsi sui dettagli che la voce fuori campo dell’intervistato sta illustrando, facendo sì che lo spettatore possa osservare lui stesso quel particolare, così da capire lui stesso, anche visivamente, ciò di cui parla la persona intervistata.
A questi interventi estremamente personali, si accompagnano spezzoni di vita quotidiana della galleria, dalle guide che presentano quotidianamente dei quadri ad un numero più o meno grande di visitatori, a liberi e solitari esploratori di questo mondo che si soffermano ad osservare un quadro, arrivando a folle numerose di interessati che tra le varie sale della galleria rumorosamente si muovono e si confrontano tra loro. Frammenti di vita diverse che si vanno a mescolare come colori differenti sulla tavolozza di un unico grande pittore: la National Gallery per l’appunto.
Insomma, l’intimità della singola persona accostata alla vita quotidiana di una galleria, la quale nonostante il prestigioso anniversario, va comunque e freneticamente avanti, ben oltre il 200esimo anno di età, come un fremente micromondo che anche se in maniera invisibile, più o meno silenziosamente sotto i nostri occhi o lontano da essi, prosegue come se nulla fosse il suo invisibile viaggio verso il prossimo traguardo, giorno o secolo che sia…
National Gallery 200: Tra arte immortale e analisi storico-sociologica
Tra un’esposizione e l’altra, troviamo anche una sintetica storiografia della galleria dalle origini datate per l’appunto nel 1824, raccontando non soltanto fatti oggettivi di colui che ha fondato la galleria e di coloro che hanno dato il loro contributo, per far sì che la National Gallery mantenesse intatto il suo fascino e prestigio in due secoli di storia, ma decisamente molto altro.
Storici, scrittori, esperti d’arte e archivisti legati alla galleria accompagnano infatti anch’essi le esposizioni degli intervistati, dando al documentario anche una funzione informativa, certamente meno emozionale, ma essenziale per fornire al fruitore del documentario utili informazioni riguardanti la storia del museo d’arte londinese, offrendoci non soltanto un‘analisi storica di questo, ma anche sociologica, andando quindi ben al di là dei meravigliosi dipinti che esso contiene.
Essendo stata la National Gallery infatti da sempre gratuita, ci viene raccontato dagli esperti del settore che intervengono in questo film evento, come non sia mai stato questo splendido edificio, nonostante da fuori si possa legittimamente e superficialmente pensarlo, un luogo solo per ricchi, nobili, esperti d’arte e sapienti di ogni genere, ma anzi ci viene sottolineato quanto, fin dalle origini, questo museo sia stato importante per tutta la popolazione civile, a qualunque grado sociale essa si trovasse.
Passando dalle classi operaie che si andavano a formare nei primi decenni dell’Ottocento all’ascesa della borghesia in tutta Europa, arrivando fino alle sempre più frequenti visite guidate per adulti, ragazzi e bambini, i quali, messi di fronte a tanta bellezza, spesso portarono con sé ben oltre il ricordo di quella semplice visita, diventando, per molti di loro, un’esperienza unica per il cuore e l’anima, andando quindi ben al di là del tipo di vita che, fuori dal famosissimo museo d’arte londinese, il visitatore vivesse in quel particolare momento.
Emerge e non si nega, dall’analisi sociologica dei dipinti e della galleria in generale, da parte sia degli intervistati che dagli esperti della galleria, le problematiche intrinseche alla collezione, dovute in primis al fatto che gran parte dei quadri non rappresenta la totalità della popolazione o delle minoranze etniche da cui è composta la società nel suo complesso; tutti esclusi apparentemente da quel mondo artistico inevitabilmente legato a soggetti appartenenti a ceti abbienti, se non addirittura regali, essendo opere, ricordiamolo sempre, in molti casi commissionate da persone appartenenti alle classi più ricche della popolazione, quindi interessate a rappresentare e a omaggiare se stesse, non di certo la quasi totalità della popolazione meno fortunata che viveva attorno a loro.
Nonostante infatti emerga da parte loro l’amore incondizionato per quelle opere e per i significati universali che portano con sé, non ci viene nascosta in alcuni degli intervistati un pizzico di amarezza nel non vedere rappresentati quasi mai soggetti di colore all’interno delle tele, se non come contorno a scene in cui però non c’è alcuna e reale apertura verso una giusta e più equa rappresentazione dei loro avi di colore.
In quell’arte magnifica che ammirano, ma da cui non si sentono totalmente e visivamente rappresentati, c’è la speranza però per il domani, e che l’arte contemporanea e quella futura possano crescere decisamente di più dei tempi passati, almeno da questo punto di vista, avendo oggi la nostra epoca certamente una maturità sufficiente e più evoluta rispetto alle epoche precedenti, per dare spazio a soggetti di tutti i tipi nelle proprie tele senza alcuna discriminazione di sorta.
Anche la figura della donna, sotto questo punto di vista ovviamente, ha una certa rilevanza all’interno del documentario.
Diverse sono infatti le donne che espongono i loro quadri preferiti e che ci mostrano come anche dal loro punto di vista, la loro rappresentatività dietro la tela sia stata troppo limitata per troppi secoli da una concezione maschilista dell’arte, a parte alcuni coraggiosi esempi, che però comunque si incominceranno ad intravedere solo dal XVII secolo in poi, e che in proporzione all’arte maschile del tempo, in ogni caso rimarranno esempi fin troppo marginali e minoritari rispetto al totale.
Anche in questo caso, come nel caso della poca rappresentatività delle persone di colore e di altre minoranze, l’auspicio è che in futuro ci sia uno spazio sempre più ampio dedicato all’arte vista dal punto di vista femminile, e che tutti possano esprimere il proprio punto di vista artistico ed essere quindi rappresentati nei quadri in maniera sempre più giusta ed equa, e non più minoritaria come in passato.
National Gallery 200: Molto di più di soggetti nobili e cristiani, l’arte oltre l’arte
Grande importanza, nelle magnifiche tele che si trovano all’interno della vasta ed eterogenea collezione presente alla National Gallery, trova la rappresentazione di alcuni dei passi più famosi della cristianità: dall’adorazione dei magi alla natività, dalla crocifissione alla resurrezione e molti altri, passi questi da sempre legati a doppio filo all’anima più profonda del popolo, ieri come oggi, mediati dall’ovvia e differente interpretazione personale dell’artista di quel particolare passo biblico espresso su tela.
Una rappresentazione di un medesimo evento che, ovviamente, tra un pittore e un altro, poteva divergere per diversi fattori: la sensibilità dell’artista, la scuola pittorica a cui apparteneva, la scelta della luce, dei colori o dell’assenza di essi, dell’espressività o meno dei soggetti, della sensazione del movimento o dell’immobilità di essa, la scelta della prospettiva migliore per rappresentare soggetti, oggetti o paesaggi circostanti, senza dimenticare i tantissimi dettagli, più o meno evidenti all’interno del quadro che rappresentano fisicamente qualcosa, ma che metaforicamente volevano addurre a un significato escatologico più profondo ed enigmatico da interpretare.
Ovviamente, affascinante in National Gallery 200, sono anche quei dipinti che escono dai canoni religiosi o di nobiltà in cui spesso viene confinata l’arte in generale.
Sono rappresentati, all’interno del documentario, anche dipinti riguardanti argomenti come la mitologia classica, nature morte, o all’opposto, una natura frenetica e vitale che ci fa comprendere come dietro quel particolare artista regnasse un’anima profondamente inquieta, comprensibile anche in base all’uso della luce o all’oscurità che l’artista in quel caso specifico avesse deciso o meno di far emergere nel ritratto.
Ci sono naturalmente anche gli animali, più o meno esotici, che ci indicano come anche la loro interpretazione nel corso del tempo sia stata sempre più attenta, più delicata ed empatica, dimostrandone un uso di questi anche nella pittura, sempre meno decorativa o in contesti comunque violenti, in parallelo e grazie soprattutto alla curiosità scientifica, che andò a diffondersi dal Seicento in poi verso le bestie in senso generale, umanizzandone addirittura alcuni aspetti, rappresentando a volte sentimenti umani all’interno di nature pittoriche raffiguranti animali.
Anche le varie epoche, tra un’esposizione e un’altra, ci vengono rappresentate nelle loro inevitabili differenze di stile e di contesto culturale in cui vivevano.
Se infatti dal XIII al XVII secolo le rappresentazioni sono per lo più luminose, piene di soggetti religiosi e visi di creature angeliche, incominciano ad uscire, con l’abbandono dell’epoca medievale e poi di quella rinascimentale e il conseguente arrivo del barocco seicentesco, cupe e scure atmosfere contraddistinte all’opposto da colori forti ed intensi che emergono in tutta la loro intensità da tele tanto respingenti il cui è il nero a dominare la scena.
Anche i soggetti che verranno rappresentati dal XVII secolo e con lo spettro dell’Inquisizione e della caccia alle streghe alle porte, faranno sì anche nell’arte di diventare sempre più presenti, enfatizzando l’aspetto mostruoso dell’essere umano o di veder popolato questo mondo oscuro da creature appartenenti al mondo favolistico del Nord-Europa dal forte sapore macbethiano, che poi saranno il substrato utile per le ambientazioni a sfondo horror che tanta fortuna avranno anche al cinema.
Anche perché il fascino dell’arte, in tutte le sue sfumature artistiche ed emozionali, è ben rappresentato da National Gallery 200, spiegando implicitamente non solo cosa effettivamente rappresenti quel quadro, ma anche come sono cambiati e si sono evoluti gli stili pittorici nel corso del tempo e come tutto questo venga percepito da colui o colei che li espone agli occhi del pubblico a secoli di distanza.
A questo quadro vengono accostati sì ricordi personali, ma spesso sotto forma di altre arti derivanti proprio dalla pittura: fotografie, filmati amatoriali o cinema, i quali coadiuvano e non sostituiscono questa sotterranea passione per l’arte, aggiungendo significati inaspettati e che vanno ben oltre ciò che viene rappresentato fisicamente sulla tela, personalizzando e umanizzando quel quadro anche in base all’esperienza umana di coloro che presentano il dipinto prediletto.
Perché tutto cambia anche nel mondo dell’arte, dall’interpretazione al mezzo con cui viene trasposto: ad un particolare oggetto si può dare questa o quella interpretazione, una semplice mela può essere vista, per esempio, in un quadro come un mero frutto messo apposta per adornare una tavola o simboleggiare a livello traslato il peccato originale; tutto è opinabile nel mondo dell’arte, anche l’interpretazione di un singolo e apparente immobile istante stampato su tela, che col tempo si è in alcuni casi animato diventando, qualora volesse e tra le diverse forme che poteva assumere, persino cinema…
National Gallery 200. Conclusioni
National Gallery 200 è un indubbio e meraviglioso viaggio tra alcuni capolavori dell’arte mondiale, da Leonardo da Vinci a Degas, da Bronzino a Caravaggio, e molti altri, attraversando quasi mille anni di grandissima storia dell’arte pittorica.
Molto interessante è stato affiancare una persona a un ritratto, raccontando da una parte l’esperienza che ha avvicinato quell’individuo a quel quadro o alla galleria in generale, passando poi per una loro più o meno professionale interpretazione del quadro, raccontando il legame personale con esso, anche con l’ausilio di un’altra arte derivante dalla pittura: la fotografia.
Magnifica l’esperienza visiva del documentario, ovviamente, il quale è l’innegabile e indiscusso punto forte del documentario, come facile da dedurre, essendo un film-evento su uno dei musei d’arte più importanti al mondo, e trovandoci di fronte a tali capolavori che ci vengono esposti e scomposti davanti agli occhi in tutta la loro magnificenza e bellezza.
Il tutto ci viene mostrato nella sua interezza o con frammenti di opera, facendoci notare, anche grazie all’ausilio delle parole degli intervistati, dettagli magari inizialmente sottovalutati o difficilmente visibili a figura intera, offrendoci magari grazie a quel particolare, diverse interpretazioni di quel singolo oggetto o addirittura del quadro nel suo complesso, grazie ai quali l’artista, attraverso il suo dipinto a secoli di distanza, ci lascia un suo personale messaggio, più o meno complesso da decifrare, e a cui eventualmente trovarci noi, a secoli di distanza, altri significati.
A partire appunto dal dettaglio, può di fatto cambiare la prospettiva e il modo di interpretare quel particolare dipinto anche dal punto di vista di noi spettatori, facendo arrivare a noi curiosità impensabili, che sconfinanti dal mondo dell’arte sono giunte poi a toccare il mondo del cinema e della televisione che noi tanto amiamo.
Un eccellente esempio da questo punto di vista è l’intervento di Terry Gilliam, visionario regista di film celeberrimi come L’esercito delle 12 scimmie, Paura e Delirio a Las Vegas e La leggenda del re pescatore e diversi altri celebri film, ma i cui inizi di carriera e non solo, sono stati fortemente influenzati da alcuni dei magnifici dipinti della National Gallery.
Una carriera, quella del regista americano, iniziata alla fine degli anni Sessanta e che lo ha portato fino agli anni ottanta e anche ben oltre quella decade con i suoi mitici Monty Python, a trarre grande ispirazione per la serie e i film di questo geniale gruppo comico britannico, prendendo l’ispirazione per le sue future creazioni televisive del tempo proprio da alcune delle meravigliose tele della National Gallery che il regista di Parnassus, nelle sue tante ed innumerevoli visite al museo d’arte londinese, poté osservare, analizzare ed infine riprodurre poi, alla sua creativa maniera sul mezzo televisivo, adattando l’arte pittorica del museo allo stile comico del gruppo di cui faceva parte.
Raccontando il legame speciale con il quadro scelto da lui del Bronzino, il geniale regista farà notare allo spettatore un dettaglio tutt’altro che superfluo di quel quadro e che ha influenzato un aspetto tutt’altro che irrilevante della mitica sigla, da lui personalmente ideata e realizzata, appositamente per i Monty Pythons Flying Circus, serie britannica trasmessa nello specifico tra il 1969 e il 1974 sulla BBC.
Calzanti anche gli accompagnamenti musicali di musica classica soft ad accompagnare questa speciale visita dello spettatore al museo di Trafalgar Square, oltre agli interessanti contributi storiografici tra un’intervista e un’altra, per far conoscere anche il dietro le quinte della galleria e come è cambiata nel corso del tempo, non eludendo, anche all’interno di alcuni singoli interventi, le problematiche di una collezione monotematica in cui vengono rappresentati solo una tipologia di soggetti, di fatto escludendo, a parte rare eccezioni, minoranze culturali e donne.
Una scelta, quella di parlare di queste problematiche intrinseche alla galleria, decisamente coraggiosa e tutt’altro che scontata quella compiuta dai documentaristi del film, evitando, tra le altre cose, il rischio di far apparire National Gallery 200 eccessivamente autoreferenziale e poco incline al confronto con la realtà a cui appartiene la società di oggi, e che avrebbe reso, eludendo il problema, il documentario più elitario e anacronistico di quanto la galleria, almeno nelle intenzioni, volesse in realtà apparire agli occhi del proprio pubblico.
Se poi ricordiamo che fin dai suoi albori la galleria londinese, seguendo un mantra tipicamente inglese, sia per natura votata a far sì che tutti i propri cittadini, nessuno escluso, possano sempre e comunque usufruire gratuitamente dei beni culturali di cui è in possesso lo stato britannico, possiamo ben comprendere come parlare di un problema, e quindi allargare il dialogo a tutti, sia un modo intelligente per far sì che il discorso non resti confinato in un angolo, ma che anzi trovi un utile sfogo nel confronto dove poter eventualmente crescere e svilupparsi poi in maniera costruttiva per tutti.
Un piccolo difetto, che potremmo bonariamente rinfacciare a National Gallery 200, è che poteva essere dato spazio anche a un punto di vista fanciullesco di uno o più bambini su uno dei quadri della galleria, mediato ovviamente da un adulto, e che avrebbe certamente potuto attirare in futuro, anche grazie a questo film-evento, un pubblico ancora più giovane e che avrebbe portato alle proprie famiglie di conseguenza ad interessarsi ancor di più al museo londinese.
Un’interpretazione giocosa e futuribile della galleria, magari frapponendola o mischiandola a quella di un’anziana figura, per poter dare una doppia immagine di fresco e allo stesso tempo antico al museo londinese, realizzato solo in parte nel documentario, inseribile alla fine del documentario per e chiudere ancora più in bellezza National Gallery 200 in maniera ancora più efficace con uno sguardo aperto ben puntato verso le future generazioni che si approcceranno al museo negli anni avvenire.
Tutto sommato, però, National Gallery 200, a parte qualche aggiunta che poteva essere inserita all’interno di questo film-evento, lo si può considerare comunque un ottimo documentario, e visto che la galleria londinese è ancora piuttosto giovane ed essendo conservatrice di opere potenzialmente eterne, cosa mai potranno essere duecento anni in confronto all’infinito che l’attende?
Nulla. Magari, al prossimo anniversario eccellente e con le future correnti artistiche che verranno nei decenni e nei secoli a venire, le varie problematiche citate all’interno del documentario serviranno per far sì che l’arte, nella sua smisurata bellezza, possa rappresentare ancora di più la totalità del mondo da cui è composta, permettendo a tutti, che si trovino dietro o davanti la tela, di sentirsi ancor più parte del dentro di essa, sebbene sia molto probabile che l’Arte già rappresenti ognuno di noi nella sua profonda interiorità.
D’altronde essa naviga da sempre su mari tutti suoi e di cui noi esseri umani intravediamo solo la superficie, cercando inutilmente di scrutare tra le sue onde o nella sua indecifrabile calma, tutte le sue impenetrabili e inconoscibili profondità che l’arte cela e terrà gelosamente dentro di sé…