Se c’è un binomio dal quale è impossibile scindere dagli anni novanta in poi è quello tra Kevin Costner e il West, probabilmente l’ultimo baluardo di questo genere, che con i film di Sergio Leone e in particolare con C’era una volta il West nel 1968 sembrava averci regalato l’ultimo grande atto d’amore del cinema nei confronti del genere cinematografico americano per eccellenza: il Western.
Ma un grande difensore diversi decenni dopo lo ha avuto in Kevin Costner che ha sempre creduto in lui, e che ha permesso a questo genere di sopravvivere ben oltre ai confini che il mondo del cinema gli aveva ormai irremediabilmente tracciato, portandolo con fatica, ma con grande qualità negli anni novanta con Balla con i Lupi. A distanza di più di trent’anni dal suo capolavoro e ben oltre le colonne dei primi decenni del XXI secolo, arriviamo ad Horizon: An American Saga, che promette di continuare chissà per quanti anni, con un ciclo di film divisi in capitoli, questa meravigliosa storia d’amore.
Al momento due capitoli sono già in uscita, il Capitolo 1 sarà al cinema dal 4 luglio, mentre il Capitolo 2 sarà nei nostri cinema dal 15 agosto, mentre il Capitolo 3 è attualmente in produzione.
Horizon: An American Saga, L’eterno viaggio di Kevin Costner alle ricerca delle radici dell’America di ieri e di oggi
Kevin Costner è sempre stato un uomo costantemente controcorrente, nessuno infatti ha creduto nella forza del west come ha fatto lui. Il suo capolavoro registico e attoriale non è un caso che sia proprio ambientato in questo genere, e il suo Balla coi lupi del 1990 ne è la sua più evidente prova: 12 candidature per gli Oscar del 1991, 7 Oscar assegnati e praticamente all’unanimità riconosciuto come uno dei migliori film della storia del cinema.
Il grande attore e regista americano in realtà però, non ha mai smesso di interrogarsi sulle potenzialità di questo genere, e non è un caso che in una maniera o nell’altra, ne sia sempre rimasto visceralmente legato.
Al di là del genere western però l’attore di Waterworld, ha fornito tante grandi interpretazioni dalla fine degli anni ottanta in poi, spaziando tra i generi più diversi: da film impegnati e di grandi autori come Gli Intoccabili, JFK- Un caso ancora aperto, Un mondo perfetto di Clint Eastwood e L’Uomo dei Sogni, arrivando a sperimentare in generi più popolari e garanzia di successo al botteghino come Guardia del corpo con l’indimenticabile Whitney Houston, arrivando a Robin Hood- Principe dei Ladri, altro suo celeberrimo film.
La sua sperimentazione a livello recitativo nel mondo del cinema gli ha permesso poi anche di impersonare ruoli molto diversi: da film drammaticamente romantici come Le parole che non ti ho detto, complicati thriller psicologici come in Mr. Brooks, non rinunciando nemmeno a far suoi personaggi frivoli in commedie leggere come in Vizi di famiglia o a piccoli, ma significativi ruoli in film di supereroi come ne L’Uomo d’Acciaio nelle parti del padre putativo del futuro Superman.
Non ha mai però mai dimenticato nell’arco della sua quasi quarantennale carriera, di affrontare anche temi molto spinosi e di grande valore sociale. Costner, essendo un democratico convinto, ha sempre fatto suoi temi socialmente importanti come la difesa dei diritti delle persone di colore partecipando per esempio in film importanti da questo punto di vista come Il Diritto di Contare o Black or White. Il suo amato West non esula però mai, in questo suo lungo peregrinare cinematografico, da questa ricerca, sebbene per altre terre, per altri tempi e per altri mezzi.
Open Range e Yellowstone, la svolta autoritaria del suo western
Da Balla coi Lupi è iniziato per lui un percorso profondo di conoscenza dell’altro, arrivando a mettere in gioco persino la sua vecchia identità occidentale a favore di quella indiana, in una costante lotta interna tra ciò che era e ciò che sarà. Il suo percorso nel Grande West lo ha portato poi, ad altri celeberrimi ruoli sempre nel segno del Western da Wyatt Earp a Open Range del 2003 di cui lui stesso è regista e attore.
Una delle sue più grandi imprese moderne però è stato quello di far tornare di moda il genere western anche per il pubblico più giovane, e in particolare quello legato alla televisione e alle serie TV.
Stiamo ovviamente parlando di Yellowstone, che dal 2018 per cinque stagioni ha appassionato milioni di fan e che si appresta a vedere la sua definitiva fine nei prossimi mesi, anche perché nella seconda parte della quinta stagione, prossimamente in uscita, si conoscerà il destino della famiglia Dutton, anche perché nel corso della produzione di essa sembra ci siano stati irrimediabili dissapori con i vertici produttori della serie, che hanno condotto probabilmente ad una fine anticipata della serie.
Non bisogna nemmeno negare che ci sia stata un’evoluzione del suo ruolo in questo genere: in Balla coi lupi e Wyatt Earp il suo western, che fosse solo nelle parti di attore o che se ne vestisse contemporaneamente anche i ruoli di regista, abbracciava con tutto se stesso l’alto concetto di libertà nel suo significato più assoluto e nobile.
Da Open Range in poi infatti ha fatto suo decisamente il concetto di proprietà e di dominio costantemente messi in pericolo da interessi altri, che poi questo concetto fosse da ricondurre alla guerra di secessione o che sia contestualizzato in tempi moderni, il suo personaggio è divenuto sempre più autoritario, senza scrupoli e disposto a tutto per difendere il suo territorio e i suoi affari da coloro che ne mettevono in pericolo la sua autorità.
Come se quel giovane uomo adoratore della libertà nel suo senso più alto, si sia maturando e mettendo su famiglia, evoluto in ciò che anni prima strenuamente lottava, perdendo inevitabilmente se stesso e ciò che era prima.
Horizon, An American Saga : La trama
Il film viaggerà in questo primo capitolo, ma probabilmente il filo narrativo rimarrà tale anche nei capitoli successivi, su diverse storie che alla fine ne formeranno una sola trattando sulle origini del popolo americano sotto diverse lenti di ingrandimento: avremo una vedova che lotta per sopravvivere dopo una tragedia, un venditore e la sua focosa moglie che affrontano un violento conflitto con un’altra famiglia, un misterioso massacro e una coppia britannica che guarda con gli occhi spalancati la promessa dell’Occidente.
Ognuna di queste storie, che riempiranno il primo capitolo di Horizon: An American Saga, assumerà una forma oramai divenuta classica all’interno del genere western: drammi umani sullo straordinario sfondo tematico del Destino manifesto. Kevin Costner, nel suo primo lavoro da regista dopo 20 anni di soli ruoli recitati, metterà tutti insieme questi elementi in un mondo di sognatori all’interno di uno stufato epico, complesso e irrisolto.
Oltre a Kevin Costner, che sarà attore, produttore, alla sceneggiatura lo troveremo insieme a Jon Baird con cui condivide anche la paternità del soggetto, al quale ha collaborato anche Mark Kasdan.
Nel cast troveremo infine anche grandi attori: Sienna Miller, Abbey Lee, Jena Malone, Isabelle Fuhrman, Wase Chief, Ella Hunt, Luke Wilson, Hayes Costner, Sam Worthington e Giovanni Ribisi a far da contorno ovviamente al leggendario attore e regista di Balla coi lupi.
Horizon, Un ritorno alle origini passando per Cannes
Il personaggio di Costner, in questo primo capitolo, torna ad essere un cavaliere solitario, prendendo quindi una piega decisamente opposta rispetto ai suoi ultimi lavori. Qui verrà infatti coinvolto in una faida contro la sua volontà, e non entra in scena per un bel po’ di tempo, insomma non vuole dominare la scena, ma lascia che sia la storia ad essere protagonista.
La maggior parte delle loro storie non finiranno però con questo film. Questo è solo l’atto di apertura, l’inizio di quella che il regista spera, se il botteghino gli darà ragione, che sarà una serie di film da lui stesso finanziata e che si concluderà con una grande dichiarazione sui miti dell’Occidente.
Kevin Costner sembrerebbe insomma volersi distaccare dal mondo americano consumista, abbracciando un’avventura sia cinematografica, che finanziaria, che non ha prezzo per lui, visto che ha deciso di presentarlo a Cannes fuori concorso il 19 maggio, e di sua tasca per la produzione del film ci abbia messo fino adesso ben 100 milioni di dollari di investimento; un percorso, da questo punto di vista simile a quello di Coppola che dopo tantissimo tempo, è tornato anche lui a Cannes, e ha presentato il suo Megalopolis, altra epopea americana messa su schermo, e che è costata al grande regista di Apocalypse Now, centinaia di milioni di dollari e quarant’anni di sogni che hanno visto finalmente la luce nel 2024.
Insomma i sogni a Cannes quest’anno, anche grazie a due grandissimi del cinema americano, tornano a dominare la scena. Domenica Costner ha visto il suo film in anteprima a Cannes trionfare, con una standing ovation di ben 7 minuti, proprio lì dove Kevin Costner non era mai arrivato, e da cui ora, l’ultimo grande eroe del western all’americana, spera di poter ripartire tra sogni e libertà da riconquistare a qualsiasi costo.