Tre piani (Three Floors)
Regia: Nanni Moretti; soggetto: Nanni Moretti dal racconto Three Floors di Eshkol Nevo; sceneggiatura: Nanni Moretti, Federica Pontremoli e Valia Santella; fotografia: Michele D’Attanasio; scenografia: Paola Bizzarri; costumi: Valentina Taviani; trucco: Sonia Cedrone; musiche: Franco Piersanti; montaggio: Clelio Benevento; interpreti: Margherita Buy (Dora), Nanni Moretti (Vittorio), Riccardo Scamarcio (Lucio), Alba Rohrwacher (Monica), Adriano Giannini (Giorgio), Elena Lietti (Sara), Alessandro Sperduti (Andrea), Denise Tantucci (Charlotte), Anna Bonaiuto (Giovanna), Paolo Graziosi (Renato), Stefano Dionisi (Roberto), Tommaso Ragno (Luigi), Teco Celio (Saverio); produzione: Nanni Moretti e Domenico Procacci per Sacher Film, Fandango, Rai Cinema, Le Pacte; distribuzione: 01 Distribution; origine: Italia/Francia – 2021; durata: 119′.
Trama
Roma, ai giorni nostri. Al primo piano di una palazzina vivono Lucio (Riccardo Scamarcio), Sara (Elena Lietti) e la loro bambina di sette anni, Francesca. Nell’appartamento accanto ci sono gli anziani Giovanna (Anna Bonaiuto) e Renato (Paolo Graziosi), che spesso fanno da babysitter alla bambina. Una sera, Renato, che ha problemi mentali e a cui è stata incautamente affidata Francesca dal padre, scompare con la bambina per molte ore. Quando finalmente i due vengono ritrovati in un parco pubblico, Lucio teme che a sua figlia sia accaduto qualcosa di terribile. La sua paura si trasforma in una vera e propria ossessione. La vicenda è complicata dal ritorno in Italia della nipote dei due anziani, Charlotte (Denise Tantucci), invaghita di Lucio: per scoprire se sia accaduto qualcosa alla figlia quella sera, quest’ultimo accetta l’aiuto della ragazza (minorenne) che però ha intenzione di sedurlo. La situazione porterà a un processo per violenza contro Lucio, che cinque anni dopo conoscerà il verdetto.
Al secondo piano vive Monica (Alba Rohrwacher), alle prese con la prima esperienza di maternità. Suo marito Giorgio (Adriano Giannini) è un ingegnere e trascorre lunghi periodi all’estero per lavoro. Monica combatte una silenziosa battaglia contro la solitudine e la paura di diventare un giorno come sua madre, ricoverata in clinica per disturbi mentali. Giorgio ha un rapporto complicato col fratello, che si rivela infatti un truffatore. Tornato da un viaggio trova la moglie affetta da allucinazioni e capisce che non potrà più allontanarsi dalla sua famiglia e dalle responsabilità per il lavoro. Forse però è troppo tardi.
Dora (Margherita Buy) è una giudice, come suo marito Vittorio (Nanni Moretti). Abitano all’ultimo piano insieme al figlio di vent’anni, Andrea (Alessandro Sperduti). Una notte il ragazzo, ubriaco, investe e uccide una donna, proprio sotto la palazzina. Sconvolto, il giovane chiede ai genitori di fargli evitare il carcere. Vittorio pensa che suo figlio debba essere giudicato e condannato per quello che ha fatto, la moglie vorrebbe essere più indulgente, ma resta succube del marito. La tensione tra padre e figlio esplode, fino a creare una frattura definitiva tra i due. Vittorio costringe Dora a scegliere tra lui e il figlio. Solo la morte di Vittorio, dieci anni più tardi, consentirà alla madre di riallacciare i rapporti con lui.
La presentazione
Dall’inviato
Alle ore 21:15 di sabato scorso, 24 settembre 2021 il regista ha introdotto la prima proiezione di Tre piani a una platea selezionata di cinefili. Riportiamo di seguito il testo della sua presentazione (qui sotto una foto dell’evento).
“Ho aspettato un anno per avere la possibilità di vedere il film proiettato in sala, la sua destinazione naturale. A differenza di altri colleghi, che non giudico – falso, li giudico eccome – non ho ceduto ‘Tre piani’ ad una piattaforma. Ho preferito così e parlo, più che da regista e produttore, da spettatore: per me la sala fa da sempre parte della mia vita, quindi il film che doveva uscire nell’aprile 2020 esce solo oggi.
“Qualche anno fa giravo un po’ a vuoto, non riuscivo a trovare un soggetto che mi soddisfacesse, finchè una delle due sceneggiatrici con cui lavoravo, Federica Pontremoli, mi ha consigliato ‘Tre piani’. Non dico di aver visto subito la possibilità di farne un film, perchè si tratta di tre racconti separati, i cui personaggi non s’incontrano mai. Quindi non s’intravedeva da subito una sceneggiatura.
C’erano però nei racconti dei temi universali, come le conseguenze delle nostre azioni, la colpa, la giustizia, la difficoltà di essere genitori, molto interessanti. Vorrei leggervi a questo proposito una frase dello scrittore, Eshkol Nevo, israeliano – Spero e credo che questo film permetterà a coloro che lo vedranno di perdonare se stessi e perdonare le persone a loro vicine. E quanto è importante ricordare dopo quest’anno duro che la nostra felicità è sempre legata a doppio filo con la felicità altrui.-
Mi sembrava, sia a Cannes che a Roma, contento di questo film che non dico abbia tradito il libro ma ha dato a questi personaggi un prima e un dopo, nel senso che il libro racconta le storie dei personaggi e noi abbiamo raccontato le premesse e le conseguenze delle loro azioni. Quanto agli attori, tutti hanno fatto dei provini, tranne Margherita Buy, che è al quarto film di seguito con me e con molti di loro ho lavorato per la prima volta. Penso ad Alba Rohrwacher, Riccardo Scamarcio. La recitazione è uno degli aspetti sui quali mi piace molto lavorare.
Il libro racconta un po’ la tendenza a chiudersi nei nostri appartamenti e a fare a meno degli altri. Oggi con la pandemia il concetto di comunità è tornato alla ribalta, come se essa avesse smascherato una bugia, cioè che si possa fare a meno degli altri. Al contrario dobbiamo, in questo periodo cruciale, sopravvivere tutti insieme. Tra i vari cambiamenti operati c’è quello di intrecciare le storie e far incontrare i personaggi, inventare anche subito prima del finale una scena che li conduca fuori dai loro appartamenti e poi ci siamo presi un periodo lungo per sviluppare le loro storie, 10 anni, mentre il libro ha un tempo unico. Che altro dire? Non è un film comico, penso sia nel mio diritto ogni tanto girare anche film non comici. Vi auguro buona serata, grazie.”
Il commento del redattore
Comincio col dire che aver avuto la possibilità di vedere il film in sala è stato per me entusiasmante, ancora di più ascoltare dalla viva voce del regista come esso è stato concepito e le necessarie differenze che la scrittura della sceneggiatura ha richiesto rispetto al libro dell’autore israeliano Eshkol Nevo. I Tre piani sono proprio quelli della palazzina dove vivono i personaggi, le cui esistenze non sono totalmente separate, ma intrecciate, anche per il solo fatto di condividere il luogo che abitano. Il regista e le sceneggiatrici cercano di riempire i vuoti dei racconti per trovare un’unità e lo fanno con degli incontri, spesso un po’ forzati (Dora chiede a Monica se lei e suo marito hanno assistito all’incidente e le due donne condividono il primo bagnetto alla bambina di Monica) che turbano la linearità narrativa, la quale continua a procedere tuttavia su binari separati.
Moretti cerca di dedicare lo stesso tempo ad ognuno dei racconti, anche se il principale è evidentemente quello che lo vede protagonista nei panni dell’inflessibile Vittorio, alle prese con un figlio del quale non comprende al debolezza. La vicenda con Scamarcio/Lucio protagonista sembra una critica all’ipocrisia del #Metoo, che negli anni scorsi ha destato scalpore. Quella di Monica e Giorgio è più inquietante, a causa delle allucinazioni della donna: non sappiamo quali fatti siano reali e quali siano solo frutto della sua immaginazione di donna stressata e lasciata spesso sola, al punto che i compagni di classe della figlia la chiamano “la vedova”. Vittima di un marito che dice di amarla moltissimo, ma poi sembra fare di tutto per starle lontano.