L’universo femminile davanti a uno degli appuntamenti più importanti della vita: il matrimonio.
E così Addio al nubilato, film di Francesco Apolloni di cui si sono chiuse il 9 novembre le riprese a Roma nel cimitero acattolico della Piramide, diventa un’occasione di confronto tra quattro amiche che si rincontrano dopo circa vent’anni in un grande albergo.
Il film – girato interamente durante il Covid e prodotto da Santo Versace e Gianluca Curti, per Minerva Pictures, con Rai Cinema in collaborazione con Amazon Prime Video (clicca qui per abbonarti) che lo distribuirà dal 24 febbraio – racconta appunto questo incontro in cui emergono ricordi comuni, uomini condivisi, antiche invidie e, soprattutto, vecchie ferite seppellite dal tempo.
“Definirei questo film con una sola frase: è una parabola sul tempo. La vita è troppo breve per non vivere le proprie passioni”
dice il regista.
Le protagoniste sono Linda (Laura Chiatti) fotografa che vive nella suite dell’albergo di suo padre; Vanessa (Chiara Francini), attrice frustrata con una separazione alle spalle e una figlia problematica; Eleonora (Antonia Liskova), ‘life coach’ che ha come priorità assoluta il sesso; Akiko (June Ichikawa), amante delle discipline orientali e alla fine arriva anche Cristiana, diciottenne figlia di Vanessa.
Il film all’inizio non si presenta nel migliore dei modi a dir la verità, i personaggi infatti vengono presentati un po’ sottotono.
Eleonora life coach fissata con la vagina e gli esercizi necessari per mantenerla giovane perché
“la vagina non ha età”
È una ninfomane che veste Prada, griffata fino l midollo, che non disdegna una sveltina persino il meccanico, se bello e muscoloso.
Vanessa, ancora aspirante attrice (da una vita) con una figlia ribelle, che non perde occasione per ricordarle i suoi fallimenti
“io a 40 anni non voglio essere come te”
Linda, di professione fotografa, problematica, in cerca dell’amore.
Akyko seguace di Baba Yogi, immersa in una dimensione parallela alla realtà.
In un addio al nubilato che si rispetti, c’è poi la sposa, Chiara, che sembra essere un fantasma.
Scopriamo chi è attraverso le battute delle quattro amiche
“Io trovo bizzarro che lei abbia fatto tutti questi soldi con i Bit Coin”
“Ma com’è che tutti ci campano con internet e io invece ricevo solo i messaggi di mia madre”
Chiara però ha un desiderio e ha fatto una promessa alle sue amiche quando erano al liceo, che anche vent’anni dopo ci sarebbero state sempre l’una per l’altra.
Vent’anni sono passati, le quattro amiche dell’adolescenza hanno seguito strade diverse appunto, ma da San Francisco, dove si è trasferita, Chiara invita le altre quattro a celebrare insieme il suo addio al nubilato, ed Eleonora, Linda e Vanessa e con qualche reticenza iniziale anche Akiko, non possono mancare alla loro promessa di “esserci”. Così si ritrovano immerse in una caccia al tesoro inventata da Chiara per fare festa nella maniera più folle.
Tutto avviene velocemente all’inizio.
Linda e Vanessa sono le prime ad essere coinvolte in questa strana follia, e nel sontuoso hotel che Chiara ha prenotato per loro incontrano Akiko con il suo maialino al guinzaglio, donna spirituale, che inorridisce al solo pensiero di trovarsi al cospetto di spogliarellisti urlanti e avverte ovunque nell’aere energie negative.
E’ fruttariana, niente cadaveri né animali né vegetali ed è convinta di essere stata un fenicottero nella sua vita precedente.
Il gioco inizia, e le quattro strampalate amiche si ritrovano in mano solo degli indizi che come nella favola di Pollicino vengono disseminati qua e là da Chiara; una caccia al tesoro alternativa e coinvolgente.
Dei flashback disseminati nella storia di oggi, ci mostrano chi erano quelle quattro ragazze vent’anni prima, la fragilità di Akiko, la spensieratezza di Eleonora, la follia di Linda, la timidezza di Vanessa e poi Chiara, sempre presente e vicina a tutte loro.
Questi tuffi nel passato, a dir la verità, sono essenziali per rimettere insieme alcuni elementi, che altrimenti sembrerebbero slegati dalla storia e del tutto inutili.
Tutta la storia è un viaggio nelle piccole paure di ognuna di loro, per affrontarle e superarle, come il timore del vuoto, di mostrarsi agli altri, di lasciarsi andare, di dichiarare la propria natura.
Un modo per risolvere vecchie ruggini e antichi piccoli rancori, ritrovando la complicità e l’affiatamento adolescenziali.
Vanessa, frivola e leggera in apparenza, nasconde tanta sofferenza, così come Linda, abusata quando era solo una bambina.
Ecco allora che quell’allegria viene smorzata di colpo, e lascia il posto a temi seri e profondi.
La voce graffiante e tenace di Loredana Bertè , sulle note di Non sono una signora, che spesso viene proposta come colonna sonora della storia, è calzante e pertinente.
Alcune scene sono un po’ pesanti, è vero, come quella del balletto con lo spogliarellista che alla fine viene “steso” dalla mandragola, ma tutto viene risollevato dall’arrivo del Signor Alfio che rivendica la “proprietà” del clandestino Teddy.
Da questo momento in poi, la storia si fa più divertente e meno psicologica, e così le quattro signorine, in un solo colpo, si rendono colpevoli di furto, sequestro di persona e tentato omicidio.
Ma l’atmosfera si raffredda ancora una volta, e altre storie vengono fuori: l’aborto di Linda in giovane età e l’infelicità di Vanessa che ha scoperto di avere un marito gay… e non è ancora tutto.
Si perché le sorprese continuano, ma non vogliamo spoilerare il finale di questa storia che merita di essere vista fino alla fine.
Vendette, comicità e giochi di ruoli, conditi dall’esilarante comicità della Francini, rendono una situazione atroce, molto divertente e surreale.
Una storia a metà fra Week end con il morto e Una notte da leoni al femminile, con risvolti psicologici importanti e un finale a dir poco inaspettato.
La gioia lascia il posto al dolore, l’allegria alla disperazione, le risate al pianto.
Un viaggio introspettivo nel nostro io, nella nostra adolescenza, nella nostra maturità, dove al di là dei fenicotteri e dei pinguini, l’amicizia vera resta.
“Questo rito è un pretesto per raccontare l’amicizia femminile. L’addio al nubilato non è mai stato trattato come tema centrale in un film italiano, a differenza della cinematografia anglosassone che invece sull’argomento ha fatto diversi film di successo. Ci sono ovviamente l’albergo di lusso, il parco giochi e lo strip tease, ma tutti questi clichés sono poi ribaltati nel corso del film”
spiega il regista e Chiara Francini precisa:
“E’ un film sull’amicizia, che è il sentimento più nobile che ci sia, specialmente quella femminile che è piena di colori come l’arcobaleno. Qui sono la mamma di un’adolescente, una donna divorziata e un po’ frustrata, ma piena di ironia. Nella vita non sono madre, ma se mi nascesse una figlia femmina le direi: per avere diciotto devi correre fino a venticinque. La strada delle donne è in salita. Devono faticare di più per ottenere le stesse cose degli uomini”.
Anche Laura Chiatti sottolinea la forza delle donne:
“Con la maternità dormivo pochissimo, ma mi sentivo di avere dei super poteri”.
Incredibile come un uomo sia riuscito a descrivere l’universo femminile in maniera così capillare e introspettiva. A questo proposito Apolloni ha precisato:
“Sono figlio di una ragazza madre, comunista, femminista e sindacalista. Sono nato quando lei aveva diciassette anni e non ho mai conosciuto mio padre. Di conseguenza sono cresciuto con lei e mia nonna a Magliana, nella periferia di Roma. Ho imparato tutto dalle donne: per me sono migliori di noi e sono più coraggiose. Sono loro che mi hanno accolto e mi hanno cresciuto. Non ho avuto figure maschili di riferimento. Le donne sono la mia passione e una grande fonte d’ispirazione per me. Sono migliorato grazie a loro”.
Il film è stato girato in cinque settimane, prevalentemente tra l’Hotel Regis a Piazza della Repubblica e Cinecittà World e in piena pandemia:
“Sul set è stato complicato siamo molto controllati, una volta a settimana facciamo il tampone, un giorno sì e uno no facciamo il pungidito per il sangue. Siamo tutti anche un po’ preoccupati perché poi noi attori recitiamo senza le mascherine. In parte è tosta perché ci sono più nervosismi e le persone sono anche più irascibili”,
dice Antonia Liskova.
E Apolloni conclude:
“Girare in questo momento è un miracolo. Non è semplice. Siamo testati ogni giorno. Siamo dei miracolati”.
Addio al nubilato, diretto, coprodotto e cosceneggiato (insieme a Fabrizio Nardi, che ha anche un piccolo ruolo nel film), si basa in realtà sull’omonima commedia teatrale firmata dallo stesso Apolloni ed infatti dell’ambiente teatrale, conserva il ritmo in alcuni momenti.
Una pecca del film è infatti proprio questa: i tempi morti o troppo lenti. È palese che alcuni dialoghi siano infatti stati pensati per il teatro e anche il profondo spirito introspettivo di alcune situazioni lo è.
In compenso la storia è molto originale e anche il finale a sorpresa è per nulla intuibile nel corso di tutta la vicenda.
Nel complesso, Addio al nubilato è un buon prodotto, soprattutto dal punto di vista psicologico; si ride abbastanza anche (certo, non paragonabile a Una notte da Leoni), ma soprattutto fa riflettere.
Fa riflettere sull’amicizia, sull’amore, sulla sofferenza.
Fa riflettere sulla leggerezza, sul tempo passato, sul futuro.
Fa riflettere sulla morte… e sulla vita.