“Finchè morte non ci separi”
Non esiste, credo, una frase più rappresentativa per il film di cui parleremo oggi, una commedia a tratti cupa e crudele, acida e cattiva che riunisce un trio d’attori perfetti, ognuno nel proprio ruolo.
È il 9 dicembre 1989, e mentre George H. W. Bush sta per completare un anno di mandato, compare quasi in sordina nelle sale americane uno degli ultimi film nati in reazione all’era reaganiana: è La guerra dei Roses, tratto dall’omonimo romanzo di Warren Adler, seconda regia del formidabile ed eclettico caratterista Danny DeVito e seconda incursione nella black comedy grottesca dopo il sottostimato Getta la mamma dal treno.
Lo stesso De Vito interpreta, nella pellicola, l’avvocato divorzista Gavin D’Amato che mentre è nel suo ufficio a discutere un caso di divorzio con un cliente, notando la determinazione dell’uomo nel voler divorziare dalla moglie, decide di raccontargli la storia di Oliver (Michael Douglas) e Barbara Rose (Kathleen Turner).
Lui ex studente di legge ad Harvard, lei ex ginnasta in erba, un colpo di fulmine ed un amore travolgente.
Se all’inizio il loro è un matrimonio felice e passionale, dal quale nascono Josh (Sean Astin) e Carolyn (Heather Fairfield), col tempo il rapporto tra i due si logora a tal punto da non riuscire quasi più a stare nella stessa stanza.
E, nonostante abitino in una grande villa, convivere sembra davvero un’impresa impossibile.
Tutto precipita il giorno in cui Oliver viene ricoverato in ospedale per un possibile infarto (che si scoprirà poi essere una banale ernia): Barbara, che stava per raggiungerlo in clinica, decide improvvisamente di ritornare a casa, pensando che l’eventuale morte del marito non le sarebbe poi così dispiaciuta.
Da quel momento comincia tra i due coniugi una vera e propria guerra, soprattutto perché entrambi sono decisi a non rinunciare alle proprietà di famiglia. Su suggerimento di Gavin, che assume le parti di Oliver nella causa di divorzio, marito e moglie decidono di provare a vivere da separati in casa, pur non tollerando l’uno la presenza dell’altra. Questa scelta, però, accende ancora di più l’astio tra i due.
In realtà Oliver vuole ancora molto bene alla moglie, ma Barbara si è stufata di fare la donna di casa, essendosi scoperta manager per vocazione. Gavin tenta la riconciliazione, ma la cocciutaggine dei due è come un muro insormontabile.
I reciproci perfidi dispetti determinano dapprima la totale devastazione della loro splendida abitazione e, successivamente, la loro morte dopo essere precipitati nel vuoto appesi ad un grande lampadario.
Per chi non ha mai visto il film, raccontata così la trama potrebbe apparire scontata e rappresentare la classica storia di una coppia di sposi che, dopo 17 anni di matrimonio, due figli e una bella casa, si scoprono non più innamorati e decidono di separarsi, ma in realtà, la Guerra dei Roses cela un mondo nel mezzo di tutto ciò.
Nasconde trappole, vendette e cattiverie che nella realtà difficilmente potremmo immaginare tra due coniugi che si sono giurati eterno amore, soprattutto se pensiamo che, uno dei due, in realtà non vorrebbe nemmeno divorziare.
Si perché Oliver, più volte i sorprende ancora innamorato e preso dalla bellissima moglie, e solo il livore e l’astio di quest’ultima nei suoi confronti lo spingono a contraccambiare tanto odio.
Ogni dispetto ne innesca uno più crudele, come quando una notte, non riuscendo a dormire, Oliver chiede a Barbara di dargli una pillola per il sonno, e ricevendo un secco “no” come risposta, esce di casa travolgendo accidentalmente la gatta di Barbara nel vialetto con la sua auto.
Quando Barbara lo scopre, si vendica intrappolando Oliver nella sauna presente in casa, dove perde i sensi a causa dei colpi di calore e disidratazione; Oliver allora, non contento, toglie i tacchi alle scarpe di Barbara.
È un’escalation di astuzie e colpi di scena, dove ci si aspetta di tutto e lo spettatore, incuriosito, non fa che chiedersi:
“e ora? Chissà cosa succederà ora!”
Ed infatti qualcosa accade sempre, come a sera in cui Barbara invita alcuni amici e clienti per cena in casa, ma lui la ridicolizza e fa la pipì sul pesce che lei aveva cucinato.
La vendetta, ovviamente, ancora una volta non si fa attendere, così Barbara, dopo averlo colpito con una padella, gli distrugge la l’amata Morgan travolgendola con il Monster.
Una curiosià: la Morgan Roadster del 1960 di Oliver, viene realmente distrutta in questa scena del film.
“L’amore non è bello se non è litigarello”
recita un detto, così Barbara e Oliver continuano a suonarsele di santa ragione.
Come non dimenticare la scena in cui i due cenano insieme: Oliver cerca di riappacificarsi, ma lei lo respinge e gli confessa di aver ucciso Benny, il suo cane, e di aver messo la sua carne nel patè che Oliver sta mangiando.
Alle parole di Barbara, Oliver perde la testa e, accecato dalla rabbia, rovescia il tavolo, ma proprio in quel momento si vede Benny, il cane di Oliver, che alza la testa in giardino, e si comprende che in realtà Barbara ha mentito sull’uccisione dell’animale.
Convinto del contrario, Oliver rincorre Barbara al piano di sopra, ma lei lo allontana buttandolo giù dalle scale e si nasconde nella mansarda dove inizia a svitare un lampadario per farlo cadere in testa ad Oliver, mentre lui blocca tutte le uscite e le finestre.
Sembra quasi di assistere ad una scena del gioco “guardie e ladri”, ladri di sentimenti e guardiani di un amore ormai svanito… o forse no.
Quando alla fine il lampadario crolla con Oliver e Barbara sopra, gravemente feriti; lui usa le sue ultime forze per mettere una mano sulla spalla di lei come segno di amore, lei invece utilizza le sue ultime forze per respingere la sua mano, come gesto di odio.
Così Gavin termina la sua storia e presenta due opzioni al suo cliente: o procedere con il divorzio e il rischio di finire di fronte ad un bagno di sangue terribile in tribunale, o andare a casa dalla moglie per risolvere le loro divergenze in modo corretto.
Al cliente, sgomento e quasi inorridito dal racconto, non resta che sceglie la seconda opzione, mentre sul finire del film vediamo Gavin, soddisfatto, chiamare la moglie per dirle che sta tornando a casa e che la ama… lui si che ci sa proprio fare.
La terrificante fiaba morale che l’avvocato allestice al cliente per dissuaderlo (riuscendoci) dall’avviare una pratica di divorzio, è la cornice beffarda in cui DeVito incastona una commedia nera che non fa troppo mistero di voler deridere con crudeltà, l’ideale di famiglia WASP (WASP viene usato per indicare la cultura e il modo di vita di gruppi circoscritti di persone ) propugnato dagli anni dell’amministrazione Reagan.
Ovviamente, a distanza di trent’anni dalla sua uscita, questa presa di posizione «politica» del film passa in secondo piano a favore della riscoperta delle doti mai abbastanza celebrate del DeVito regista: abile nella direzione d’attori, ma qui soprattutto implacabile e preciso nell’orchestrare un crescendo grottesco di violenza (verbale, psicologica e infine fisica) supportato da espedienti tecnici progressivamente sempre più esagerati e surreali.
Sicuramente la fortuna i questo film, oltre che da una trama originale, mai noiosa e ironica, è data dai protagonisti. Pur ruotando solo attorno a tre personaggi infatti, la storia è coinvolgente e riesce a tenere alta l’attenzione dello spettatore, dall’inizio ala fine.
Probabilmente questo è dovuto anche al fatto che Danny DeVito, Michael Douglas e Kathleen Turner avevano già lavorato insieme in All’inseguimento della pietra verde e nel suo seguito Il gioiello del Nilo quando si sono trovati sul set di La guerra dei Roses, un trio comprovato e già consolidato quindi.
Una curiosità riguarda invece un personaggio minore, uno dei figli dei coniugi Roses, il giovanissimo Josh interpretato da Sean Astin.
Se infatti il suo volto ci dice poco in questa pellicola, diventerà famoso partecipando alla trilogia de Il signore degli Anelli nel ruolo di Samvise Gamgee, uno dei fedeli Hobbit che accompagna Frodo nel suo viaggio, ma si era già fatto notare per aver partecipato al cult I Goonies.
Sia Douglas sia la Turner ottennero una nomination per la loro interpretazione in questo film, mentre la pellicola ha ricevuto tre nomination ai Golden Globes e due per il David di Donatello (1990).
La faida familiare dei coniugi Roses, fu un vero successo al botteghino, incassando nel mondo oltre 160 milioni di dollari a fronte di un budget di 26 milioni.
Alcune battute resteranno alla storia, non c’è dubbio
“Un civile divorzio è una contraddizione in termini”;
Sul piano verbale, La guerra dei Rosesnon è solo una commedia stipata di dialoghi esilaranti nella loro consapevole esasperazione del quotidiano, ma anche una miniera di piccoli aforismi
“Mi scusi, avvocato Thurmond, bieco, lercio, schifoso pezzetto di merda: adesso io vorrei dire due parole alla mia signora. Se questa è una gara di caduta rapida verso il basso, hai vinto: mostrandogli la mia lettera sei piombata di botto nel più profondo strato di merda fossile uscita dal buco di culo del più stronzo degli ominidi”
Fra un delirio ed un piatto rotto, una cattiveria e una macchina distrutta, c’è spazio anche per qualche perla di saggezza:
“L’uomo non può mai battere la donna quando si tratta di amore o di vendetta”
Oltre naturalmente a battute entrate di diritto nella storia del cinema di matrimonio:
“Non esiste vittoria, solo gradazioni di sconfitta”
Al di là dal presentarsi come una commedia nerissima e crudele e benché faccia molto ridere comunque, La guerra dei Roses è maledettamente seria nel raccontare che cosa succede quando l’odio coniugale si trasferisce sul piano del possesso e della difesa del territorio.
Non solo. Ci offre anche un piccolo ma veritiero esempio di quello che accade, o potrebbe accadere, quando l’amore malato prende il sopravvento sull’amore puro e disinteressato, quando l’affetto si trasforma in desiderio di possesso e il rispetto in odio e disprezzo.
Tutto ciò in immortalato in una pellicola di più di 30 anni fa che è ancora attuale e maledettamente vera e che purtroppo ci fa ancora riflettere su quanto sia deleterio e mortale, alle volte, amare.
Se hai voglia di rivedere questo classico, clicca qui per acquistarlo.