In quest’ultimo periodo i film italiani stanno riscuotendo grande successo al botteghino nazionale: oltre a Il primo Natale, che riscopre la vera festa del 25 Dicembre, e a Tolo Tolo, con cui Checco Zalone sta portando quasi tutti gli italiani al cinema, ricordiamo Pinocchio, che ha dominato l’ultimo week-end del 2019 al box office nostrano.
Il romanzo di Collodi prende nuovamente vita sul grande schermo grazie a Matteo Garrone, dopo il secondo classico Disney del 1940 e la versione scritta, diretta, prodotta e interpretata da Roberto Benigni nel 2002; numerosissimi gli adattamenti delle vicende del famoso burattino sia al cinema sia in tv, tra cui vogliamo citare la miniserie che l’ha reso famoso in Italia: Le avventure di Pinocchio, diretto dal regista Luigi Comencini e con Andrea Balestri nel ruolo del protagonista, è stata trasmessa per la prima volta sull’allora Programma Nazionale (oggi Rai1) nell’aprile 1972, suddivisa in cinque puntate. Con la pellicola che è ancora nelle sale Garrone ci porta in un mondo fiabesco, in cui Benigni ritorna come Geppetto accompagnato da un cast d’eccellenza.
“Girare finalmente Pinocchio e dirigere Roberto Benigni sono due sogni che si avverano in un solo film. Con il burattino di Collodi ci inseguiamo da quando, bambino, disegnavo i miei primi storyboard. Poi, negli anni, ho sempre sentito in quella storia qualcosa di familiare. Come se il mondo di Pinocchio fosse penetrato nel mio immaginario, tanto che in molti hanno ritrovato nei miei film tracce delle sue Avventure”.
Infatti, il tema fiabesco permea il cinema di Matteo Garrone, basti pensare al suo Il racconto dei racconti, ispirato alla raccolta di fiabe Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile. Realizzando il suo sogno, con questo film il regista ci porta in un mondo incantato, abitato da umani e creature antropomorfe, presentate con la cura dei minimi particolari grazie ad un ottimo uso di costumi, scenografia e fotografia.
Tuttavia, l’atmosfera decadente e un po’ cupa della pellicola la rende meno adatta ad un pubblico di bambini. Per riprodurre la magia e l’originalità del mondo del burattino toscano, Garrone ha preso spunto dai disegni di Enrico Mazzanti, il primo illustratore che ha collaborato con Collodi. Inoltre, sono rappresentate molto fedelmente le ambientazioni e la povertà dell’epoca, grazie alle influenze della già citata serie tv del 1972.
Scrivendo Pinocchio, il regista di Gomorra ha seguito fedelmente la storia scritta da Carlo Lorenzini, meglio conosciuto come Collodi. Nella sceneggiatura è stato aiutato da Massimo Ceccherini, che in un’intervista a La Nazione ci ha raccontato com’è andata:
“Sono passato dal non fare più niente a lavorare con Matteo Garrone, uno dei registi più bravi del mondo, e con Roberto Benigni, il mio idolo da quando ero ragazzo. Non so se sia mio, ma so che è un film diverso da tutti quelli che ho fatto. Sono partito per interpretare soltanto un ruolo, quello della Volpe che poi ho interpretato nel film. Ma strada facendo, Matteo Garrone ed io ci siamo innamorati. Proprio come una coppia. Si è creata un’armonia fra di noi che mi ha permesso di sentirmi libero di proporre, di andare a ruota libera.
Pinocchio è la storia con cui sono cresciuto, il mio punto di riferimento; il primo film che ho fatto da regista si chiama Lucignolo. Ho fatto Pinocchio a teatro con Carlo Monni e Alessandro Paci; vivo insieme a Pinocchio fin da quando ero bambino. Matteo ed io volevamo che Collodi non si rivoltasse nella tomba. Abbiamo fatto pochissime aggiunte, come la scena nella locanda, in cui Geppetto prova a convincere l’oste che sedie, tavolo, porta necessitano di riparazioni, per poter avere un piatto di minestra. Un modo per far percepire la sua miseria”.
Il cast e i personaggi di Pinocchio
Parlando del cast, il ruolo della Volpe sembra cucito su misura per il co-sceneggiatore che completa la stupenda coppia di malfattori con il Gatto di Rocco Papaleo. Avrebbero meritato forse più spazio le parti di Mangiafuoco (Gigi Proietti) e di Lucignolo (Alessio Di Domenicantonio), ma in generale questa pellicola non si è voluta soffermare molto sulla vicenda del Paese dei Balocchi. Dopo aver interpretato il protagonista del romanzo, Roberto Benigni regala continuità all’opera vestendo gli umili indumenti di Geppetto con il suo classico accento fiorentino. Anche la dualità della fata è ripresa dal libro di Collodi: da bambina è interpretata da Alida Baldari Calabria, mentre da adulta da Marine Vatch.
L’attrice e modella francese ha colpito il regista che l’ha definita perfetta per il ruolo, ma ha trovato molto difficoltà a recitare in lingua italiana, temendo di essere doppiata, com’è avvenuto (la sua voce è quella di Domitilla D’Amico, la storica doppiatrice di Scarlett Johansson). Inoltre, Davide Marotta ha preso parte a più ruoli, tra cui quello del Grillo Parlante; lo ricorderete ne Il professor Cenerentolo di Leonardo Pieraccioni, ma anche per essere apparso in tv nel programma Made in Sud e rappresenta un membro stabile della troupe di Carlo Buccirosso a teatro.
Infine, Federico Ielapi (Checco Zalone da piccolo in Quo Vado?) ha superato la prova, incarnando pienamente lo spirito del famoso burattino, realmente in legno grazie agli effetti speciali. Pinocchio di Collodi non rappresenta un semplice romanzo di formazione, in cui il protagonista si evolve sia nell’aspetto sia nell’animo, ma è un racconto ricco di simbologia, interpretato in molti modi nel tempo. Rappresenta la metafora dell’esistenza umana in cui l’individuo da ingenuo burattino deve decidere se diventare un vero uomo capace di agire autonomamente, lontano dalle manipolazioni esterne e dall’ignoranza.
Lungo il suo cammino, infatti, incontrerà la scuola, simbolo della conoscenza, ma sarà distratto dalle tentazioni del mondo e da falsi amici come il Gatto e la Volpe; il Paese dei Balocchi costituisce il luogo di perdizione per eccellenza, dove si cede all’istinto senza l’uso di regole, finendo per diventare “asini”, sposando pienamente l’ignoranza. In questa fase il protagonista ha completamente messo da parte la sua coscienza raffigurata dal Grillo Parlante, ma la figura materna della fata lo salva. Prima di completare la sua evoluzione, però, deve scendere in se stesso, per capire i propri errori, nel ventre del pesce-cane, dove incontrerà di nuovo il padre, il suo “creatore”, con un chiaro riferimento all’episodio biblico narrato nel libro di Giona.