Dopo quasi 20 anni è giunta al termine l’avventura dei mutanti Marvel sul grande schermo, per ora
Complici i continui rinvii della data d’uscita del film e complice la consapevolezza dell’impossibilità di continuare la saga, le mie aspettative verso X-Men:Dark Phoenix non erano alte. La critica ha subito affossato la reputazione del cinecomic che ha raggiunto un misero 23% delle recensioni positive su Rotten Tomatoes, con un voto medio di 4,5 su 10 sulla base di 252 critiche. Si presenta ad oggi come il peggior incasso nella storia dei mutanti con 33 milioni di $ negli USA e 107 nel resto del mondo. L’insuccesso è tale da far prendere le distanze alla producer storica del franchise, Lauren Shuler Donner, con un tweet pubblicato e poi cancellato.
Tuttavia non bisogna farsi condizionare dalle opinioni altrui e recarsi al cinema a vedere X-Men:Dark Phoenix per giudicare la pellicola, soprattutto se sei un fan degli X-Men. Il film rappresenta la chiusura di un ciclo ambizioso nato nel 2000 con il primo cinecomic moderno; un progetto che ci ha presentato degli eroi sui generis, simbolo della discriminazione e della paura del diverso. Temi che in parte sono trattati anche nell’ultimo capitolo insieme al problema del controllo dei poteri. Simon Kinberg, al debutto anche da regista, oltre che da produttore e sceneggiatore, ci presenta nuovamente l’adattamento della saga fumettistica di Fenice Nera, scritta da Chris Claremont; questa trasposizione avviene con un pizzico di fedeltà in più verso la fonte d’ispirazione rispetto a X-Men: The Last Stand, ma non convince per la gestione di alcuni personaggi e per gli errori di continuity.
La storia di X-Men:Dark Phoenix si svolge nel 1992, nove anni dopo la battaglia contro Apocalisse: i mutanti sono diventati degli eroi nazionali e sono chiamati a salvare l’equipaggio dello Space Shuttle Endeavour, danneggiato da un’eruzione solare; con un gran lavoro di squadra, riescono a mettere in salvo gli astronauti, ma Jean Grey (Sophie Turner) resta bloccata nello shuttle e assorbe l’energia che si rivelerà essere la Forza Fenice, un’entità cosmica dotata di poteri inimmaginabili. Il blocco mentale posto dal professor Xavier (James McAvoy) si distrugge, facendo scaturire il grande potere della ragazza che finisce col far dal male ai suoi amici. Jean scappa e arriva sull’isola dei rifugiati mutanti di Genosha per chiedere aiuto a Magneto (Michael Fassbender) nel controllare i suoi poteri, ma viene respinta dopo aver combattuto contro i militari che la ricercavano. Quindi incontra Vuk (Jessica Chastain), leader dei D’Bari, alieni in cerca dell’entità che ha annientato il loro pianeta natale e che ora possiede Jean. Da questo incontro inizierà un susseguirsi di scontri, prima tra fazioni mutanti, poi tra mutanti e alieni, che faranno comprendere alla protagonista quale sia il suo destino.
In X-Men:Dark Phoenix la Fenice, interpretata dall’attrice di Game of Thrones, brilla in un ultimo capitolo molto oscuro. La prestazione di Sophie Turner nel ruolo di Jean è stupenda e rappresenta il personaggio caratterizzato nel modo migliore: un’eroina tormentata dal passato, che si trova a fare i conti con un potere smisurato, ma che alla fine utilizza per uno scopo altruistico. Risulta interessante anche scoprire l’evoluzione del suo rapporto col professor X: l’excursus iniziale ci mostra il loro primo incontro, ma poi il loro feeling degenera dopo la rivelazione del passato. Scopriamo l’umanità di Charles che non riesce subito ad ammettere le proprie colpe, soprattutto verso l’amico Hank McCoy (Nicholas Hoult).
La gestione dei personaggi costituisce una delle due grandi noti dolenti di X-Men:Dark Phoenix. Bisogna sottolineare come purtroppo siano stati relegati a ruoli marginali personaggi principali della saga quali Magneto e Mystica (Jennifer Lawrence) in questa pellicola. Raven, simbolo dell’orgoglio mutante da X-Men: Days of Future Past, ha giusto il tempo di guidare la missione di salvataggio nello spazio e di ricordare a Charles che dovrebbero cambiare nome in X-Woman perché sono sempre le donne a risolvere la situazione: un’esclamazione che si inserisce bene in un film in cui il genere femminile rappresenta sia il villain sia l’eroina. Erik Lehnsherr, invece, esce in scena solo dopo l’intervallo, ma entra in azione solo nel finale, una delle poche scene di grande spessore e suspense insieme a quella del salvataggio degli astronauti.
Quicksilver (Evan Peters) risulta il personaggio gestito nel modo peggiore in X-Men:Dark Phoenix. Nei due prequel in cui compariva, Pietro Maximoff era protagonista di una scena in cui sfoggiava la sua super velocità a ritmo di musica ed ero curioso di scoprire come sarebbe avvenuta in questo film. Purtroppo nella pellicola non è presente tale sequenza, né il ragazzo rivela a Magneto di essere suo figlio, desiderio concepito e quindi morto in X-Men: Apocalypse. Il velocista, inoltre, viene messo fuori gioco ad uno dei primi scontri con Fenice, non potendo aiutare gli altri nella battaglia finale.
L’esclusione della scena con protagonista Quicksilver rientra forse nel voler rendere la pellicola molto più oscura e drammatica riducendo al minimo la componente comica che caratterizza di solito i film di supereroi. Potrebbe rientrare in questa direzione anche la mancanza del cameo di Stan Lee, soprattutto considerando che X-Men:Dark Phoenix sarebbe dovuto uscire inizialmente il 2 Novembre 2018. Tuttavia, durante il discorso di Xavier alla casa bianca è Chris Claremont a comparire, fumettista autore della saga a cui si ispira il film: proprio nel 1975, anno in cui si incontrano per la prima volta Jean e Charles nella pellicola, dona nuova vita agli X-Men nel mondo dei comics. Il 1992, invece, rappresenta un’altra data importante per i mutanti Marvel: nasce la serie televisiva animata che li ha resi famosi nel mondo.
L’altra nota dolente in X-Men:Dark Phoenix è rappresentata dagli errori di continuty. Con il film del 2014 sono stati cancellati gli eventi accaduti durante la prima trilogia, ma con il finale di quest’ultimo capitolo purtroppo è contraddetta anche l’ultima scena di X-Men: Days of future past. Sembra quasi che la Fox crei ogni film come se fosse un episodio a se stante. D’altronde, meglio non considerare i primi 3 film della saga, altrimenti potremmo avere Il curioso caso di… Magneto.
Infine, tra i continui rinvii dell’uscita del film sonno state aggiunte delle scene e, in particolare, è stato modificato il finale. Il regista ci svela il motivo del cambiamento del terzo atto di X-Men:Dark Phoenix: “Il mio finale originale non vedeva tutta la famiglia dei mutanti come invece si vede nel final cut. Nel finale originale potreste vedere molto sia di Captain Marvel che di Captain America: Civil War. In genere, questi grandi film d’azione hanno il momento culminante nel terzo atto: ho amato il modo in cui Civil War ha mostrato la grande scena action alla fine del secondo atto piuttosto che nel terzo così che, dopo quell’enorme battaglia, si rimane solo con il Soldato d’Inverno, Iron Man e Captain America. Ed erano proprio queste emozioni crude, schiette, genuine che volevo mostrare, mi è piaciuto il livello di intimità che si è creato. Quindi io avrei mostrato qualcosa di simile, anche se alla fine al pubblico sarebbe sembrato di vedere Captain Marvel per due minuti.”
In conclusione, X-Men:Dark Phoenix rappresenta una buona fine per un ciclo che ha dato vita ai nuovi film di supereroi al cinema. Un ultimo capitolo drammatico, con una buona storia, ma che avrebbe potuto donare di più agli spettatori. Dopo l’acquisto della Fox da parte della Disney, speriamo che gli X-Men possano avere un nuovo inizio ed entrare a far parte nel Marvel Cinematic Universe nel migliore dei modi.
Ottima recensione, pienamente condivisa. Purtroppo la critica si è scagliata sul film senza colpo ferire, secondo me ingiustamente. Il film ha un’impronta diversa dai precedenti, e si vede. Forse a causa anche della scelta registica. Bryan Singer che ha dato il via alla saga che creato uno stile inconfondibile che gli altri registi non sono stati in grado di rappresentare appieno. A me personalmente però il film è piaciuto molto, soprattutto il suo soffermarsi sul lato “più umano” dei mutanti protagonisti. Avrei però preferito che il finale si ricollegasse agli eventi di “Giorni di un futuro passato”
Ti ringrazio. Sono completamente d’accordo con te. Inoltre, collegare il finale con gli eventi di X-Men: Days of future past sarebbe stato il modo migliore per “aggiustare” la continuity, non considerando sempre la prima trilogia.