Il 20 febbraio 1981, quasi in contemporanea alla mia nascita, nelle sale cinematografiche italiane usciva Bianco, rosso e Verdone un film che sarebbe diventato famoso per aver letteralmente fotografato, in maniera esasperata e grottesca, l’Italia chiamata alle urne negli anni ’80.
Il film è senza dubbio uno dei più famosi di Carlo Verdone ed è anche quello che lo ha consacrato come regista, oltre che come attore e vanta alla produzione un nome non di poco conto, quello di Sergio Leone.
Bianco, Rosso e Verdone è la seconda prova cinematografica di Carlo Verdone dopo il successo di Un sacco bello, in cui l’attore aveva debuttato non solo come protagonista (interpretando i tre personaggi principali), ma anche come regista e sceneggiatore.
Dopo la fortunata esperienza televisiva a Non Stop programma televisivo italiano di intrattenimento, trasmesso tra il 1977 e il 1979 sulla Rete 1 il giovedì in prima serata, dove il comico romano, nei suoi sketch, ha pian piano introdotto i suoi personaggi, il passaggio al grande schermo sembrava il naturale approdo per Verdone.
Il giovane comico tuttavia, non si fece prendere dalla fretta e aspettò la giusta occasione, e dopo aver rifiutato le proposte di Adriano Celentano (che lo voleva in Asso) e Pasquale Festa Campanile, accettò senza riserve quella di Sergio Leone, che si offrì di produrre la sua prima opera: Leone era convinto di aver scovato un vero talento per il Cinema, capace di fotografare i vizi degli italiani come era stato in grado di fare Alberto Sordi nei vent’anni precedenti e si impegnò a “educarlo” come regista.
In seguito al successo di Un sacco bello, Sergio Leone (che tornava ancora in veste di produttore) spinse per realizzare un’altra pellicola che ne ricalcasse lo schema, ma Verdone non era molto convinto dall’idea, temendo di essere ripetitivo e che la pellicola fosse bocciata al botteghino.
Decise tuttavia di fidarsi dell’istinto del suo mentore d’eccezione e si mise all’opera per scrivere una nuova sceneggiatura, sapendo di avere tutti gli occhi puntati addosso. Sui giornali e nell’ambiente dello spettacolo non mancavano infatti commenti, anche di cattivo gusto, da parte di chi credeva che la vena del comico si fosse esaurita con il suo primo film, in cui erano presenti molti dei suoi personaggi già visti negli sketch televisivi, ma Verdone voleva dimostrare che si sbagliavano.
I dubbi tuttavia, iniziarono a pervadere anche Leone, il quale era in particolar modo preoccupato che il personaggio di Furio non sarebbe piaciuto al pubblico e che l’avrebbe detestato. Per questo motivo, per cercare approvazione ed avere opinioni che “contassero”, organizzò quindi una proiezione in casa sua invitando Alberto Sordi, Monica Vitti e il calciatore Paulo Roberto Falcão; e se se il giocatore della Roma (da poco arrivato nella capitale e ancora quasi del tutto digiuno della nostra lingua) rise soprattutto per le disavventure di Pasquale, Sordi si divertì invece con l’insopportabile Furio e si congratulò con Verdone:
“quel marito, una cosa meravigliosa”.
Il giudizio dell’attore romano sciolse tutte le riserve di Sergio Leone, preoccupato che il film non avrebbe avuto successo.
Il produttore aveva dei dubbi anche per il titolo, poiché assomigliava molto a Bianco, rosso e… un film con Sofia Loren che si era rivelato un flop. La proiezione privata e il giudizio di Sordi però gli fecero cambiare idea, Sergio Leone dovette piegarsi e si rese conto che in fondo, Furio e Bianco Rosso e Verdone potevano funzionare e che Carlo Verdone era in grado di camminare sulle proprie gambe.
La trama e curiosità
La commedia (scritta come la precedente assieme a Leo Benvenuti e Piero De Bernardi) é una sorta di road movie verso i seggi elettorali e i tre protagonisti Furio Zòccano, Pasquale Di Amitrano e Mimmo, tutti e tre interpretati da Carlo Verdone, hanno tutti e tre un’auto: Furio viaggia su una Fiat 131 Panorama CL bianca (con volante monorazza) del 1978, Pasquale su un’Alfa Romeo Alfasud rossa del 1973, e Mimmo su una Fiat 1100 D verde del 1963 ritargata, costituendo i colori del Tricolore italiano.
Il film è ambientato d’estate, ma venne girato soprattutto nell’autunno del 1980 e Verdone recentemente, in un post su twitter,ha voluto ricordare questa strana circostanza, che costò a molti attori un malanno:
“Qui siamo all’altezza della uscita Assergi dell’autostrada Roma – L’Aquila, dopo aver girato la scena dell’incidente di Furio in galleria”
scrive l’attore e regista romano a corredo di una foto che lo ritrae ancora truccato da Furio – personaggio a cui a Roma di recente è stato dedicato anche un murale – in compagnia di Mario Brega (er Principe), Angelo Infanti (Raoul) e Irina Sanpiter (Magda Ghiglioni)
“Temperatura di 5 gradi, il giorno dopo tutti con la febbre, salvo Mario Brega: per far vedere che era il più forte rimase tre ore in canotta. Un pazzo!”
È il 10 giugno e gli italiani si preparano alle elezioni. Nonostante il caldo estivo, anche Pasquale, Mimmo e Furio si mettono in viaggio per recarsi alle urne, lasciando il proprio comune di residenza.
Da Monaco di Baviera parte, con la sua auto sportiva, il materano Pasquale sposato con una tedesca e costretto a subire la sua orrenda cucina; non deve l’ora di ritornare nella sua bella Italia, ma durante il viaggio, viene sistematicamente spogliato di tutto – radio, regali, auto – per cui, arrivato il momento di votare, il rozzo e taciturno Pasquale, da sfogo a tutta la sua rabbia con un incomprensibile monologo.
Da Torino parte per Roma, con i due figli e la moglie Magda, una donna piemontese, l’insopportabile Furio, uomo pignolo e monotono, abituato a programmare con maniacale precisione, ogni momento della sua e delle altrui vite. Alla fine la moglie, ormai sopraffatta dalle sue nevrosi compulsive, abbandona lui e i figli per fuggire con Raoul, un aitante playboy..
Da Verona, dov’è andato a prendere sua nonna – una donna obesa, piena d’acciacchi, ma ricca di humour – rientra nella capitale Mimmo, un ingenuo e goffo ragazzone, con il cervello di un bambino.
Nonostante sia impreparato ad affrontare le difficoltà della vita, Mimmo si trova immischiato in varie disavventure, prima con una prostituta d’albergo interpretata da Milena Vukotic , poi con un camionista che si fa chiamare “er Principe” (Mario Brega).
Alla fine la vitale e saggia nonna Teresa che nonostante l’età si diverte a prendere in giro il nipote che è sempre impacciato quando deve affrontare una situazione, muore nella cabina elettorale, lasciandolo senza una preziosa guida.
Attori e personaggi
Le attrici scelte per interpretare i personaggi femminili, si rivelano ottime spalle per tre individui del genere, per questo motivo furono scelte con molta cura.
Per interpretare la mitica Magda moglie di Furio, stremata dalle ossessioni del marito, Carlo Verdone voleva un’attrice che avesse un volto tipicamente torinese, occhi grandi, labbra pendule, viso slavato, sullo stampo dei personaggi pubblici della famiglia Agnelli.
Dopo molti provini fu scelta l’attrice russa Irina Sanpiter, doppiata con un marcato accento torinese dall’attrice italiana Solvejg D’Assunta; la giovanissima attrice russa poteva già vantare qualche piccola parte nel nostro cinema e Sergio Leone la volle assolutamente, reputandola perfetta con quello sguardo perennemente in bilico tra dolcezza e malinconia. La malattia che la colpì nel 1984 la fece allontanare dalla recitazione, per poi portarla via per sempre nel 2018.
Per quanto riguarda invece la simpatica e irriverente nonna Teresa, Il produttore Sergio Leone non era d’accordo nello scritturare Elena Fabrizi per il ruolo della nonna di Mimmo a causa della sua salute precaria, temendo problemi durante le riprese, in quanto diabetica.
La sorella del grande Aldo aveva avuto piccole parti in passato, ma non era mai stata molto considerata dal mondo del cinema ed era conosciuta soprattutto per le sue rubriche a Radio Lazio in cui dispensava consigli e consolava le ascoltatrici. Verdone amava la sua bonarietà e la capacità di immedesimarsi di fronte ai problemi che le venivano posti, riconoscendole l’espressività delle tipiche signore romane, e l’idea di affidarle un ruolo importante nell’economia del film era malvista non solo da Leone ma da tutta la produzione, poco convinti delle sue doti recitative.
Anche in questo caso Verdone s’impuntò, vincendo la scommessa e regalando una seconda carriera alla signora Fabrizi, che poi recito’ anche in altri film.
Esilarante la scena in cui Er principe, camionista in apparenza burbero e rude, solleva l’impacciato Mimmo dall’ingrato compito di fare un’iniezione alla nonna.
“Sta mano po esse fero e po esse piuma: oggi è stata na piuma”
Fra i personaggi maschili invece, è Pasquale quello che meglio rappresenta lo stereotipo dell’emigrante italiano disposto a tutto pur di mantenere saldi i principi e le tradizioni della propria terra d’origine, attraverso immagini riferibili all’ambito calcistico, come dimostra la foto conservata in camera del calciatore juventino Causio.
Pasquale è rozzo, quasi animalesco nei suoi modi, ma in fin dei conti non sarebbe capace di far male ad una mosca, e rimane esterrefatto ogni qual volta, la sua amata Patria, lo deruba di tutto.
Il suo viaggio è come quello di un bambino nel paese dei balocchi, da tanto tempo lontano da casa, spera di ritrovare intatto tutto quello che ha lasciato, ma come sappiamo le cose vanno diversamente.
Il tutto è racchiuso nello sfogo finale del mal capitato Pasquale, che da taciturno e sciatto emigrante, sbotta in un esilarante e incomprensibile monologo, rappresentando una felice soluzione comica e al tempo stesso critica non solo all’esercizio del diritto di voto espresso con notevole impegno intellettivo, ma anche nei confronti della società e del Paese in cui dovrebbe riconoscersi, ma da cui si sente ormai distante ed inevitabilmente escluso.
Pasquale ha inoltre una fantastica mimica facciale, per questo non necessita di per esprimere il suo disagio e il senso di straniamento di cui si fa portatore nel suo viaggio verso Matera per compiere il suo dovere di elettore. Qui Verdone dimostra di saper tratteggiare una figura comica, degna dei personaggi dei film di Jacques Tati, visti più volte al cineclub Filmstudio di Roma.
Pasquale è anche il personaggio che, idealmente, si contrappone a Furio Zoccano, non solo geograficamente ma anche linguisticamente.
Verdone difese fortemente le manie e le nevrosi dell’avvocato torinese, sostenendone la modernità e l’indovinata caratterizzazione di un certo tipo di italiano insopportabile e pesante, soprattutto con la propria famiglia, portatore di una dialettica nevrotica capace di minare la serenità mentale della propria consorte e di chi lo circonda.
Il logorroico e pignolo Furio, caratterizzato da occhiali da vista e barbetta alla Nerone, che da Torino si mette in viaggio verso la capitale affiancato dai piccoli figli Anton Giulio e Anton Luca e dalla povera moglie Magda che la non riesce più a sopportarlo, è il tipico uomo sicuro di sé che prova quasi piacere nello svilire e sottolineare le debolezze altrui.
“Magda?? Per l’amor di Dio fermati!”
“Ma… ma scusa Furio, ma che cosa ho fatto?”
“No, non si dispongono i bagagli dentro una macchina così! Eh, tesoro… Quando compi questa operazione devi sempre tener presente di dover comporre un mosaico: ogni cosa deve combaciare con l’altra! Eh! Deve essere come un puzzle, né più e né meno!”.
https://www.youtube.com/watch?v=tJHlhPSZP78
È davvero un personaggio insopportabile, che viene spesso interpretato da Verdone; oltre ai numerosi sketch cabarettistici, viene infatti utilizzato in Viaggi di nozze (Raniero) e Grande, grosso e… Verdone .
Anche il personaggio di Mimmo non è del tutto inedito: riprende infatti a grandi linee il personaggio di Leo di Un sacco bello che il regista recupera per incarnare ancora una volta l’immagine dell’italiano “mammone” e di Grande, grosso e… Verdone, ritratto come individuo psicologicamente immaturo e incapace di rapportarsi appieno con la propria sessualità.
Altro clone del bamboccione Mimmo, possiamo intravederlo anche nel film In viaggio con papà con Alberto Sordi che esordisce nelle sale cinematografiche circa un anno dopo.
Mimmo è un tenerone dai sentimenti puri e genuini, che nutre un profondo affetto per l’anziana nonna; le situazioni al limite dell’inverosimile (per un ragazzino senza alcuna malizia) in cui si ritrova, ci fanno ridere di gusto facendo quasi dimenticare il finale “tragico” della sua avventura.
Nel cast c’é anche Milena Vukotic, attrice molto attiva nel Cinema italiano e conosciuta soprattutto per il ruolo della Pina, la moglie del ragionier Fantozzi.
Qui interpreta una prostituta che prova in tutti i modi a sedurre Mimmo, senza però riuscire a vincere la goffaggine del ragazzo.
Una curiosità: la celebre e “particolare” inquadratura della vasca dei pesci rossi che sicuramente ricordiamo, non fu realizzata ricorrendo alla Vukotic che fu sostituita, per ordine di Sergio Leone, da una vera prostituta, molto più “dotata” per la scena.
Mario Brega invece, Er principe che aiuto Mimmo e l’anziana nonna, era un attore caro a Leone, che lo aveva utilizzato in molti dei suoi celebri Spaghetti Western e che in Un sacco bello era stato un’ottima spalla per Verdone.
Il comico romano, conduce così i suoi protagonisti lungo un viaggio per l’Italia, accompagnati da un simpatico motivetto, quasi dissacratorio dell’inno di Mameli e realizzato dal grande Ennio Morricone.
I personaggi messi in scena, con le loro avventure e disavventure, ci offrono no solo spunti comici, ma anche momenti di riflessione e non sempre facili da digerire.
Bianco Rosso e Verdone si chiude infatti con una malinconia di fondo, senza un happy end e lasciando l’amaro in bocca.
Questo trend è tipico dei film della Commedia all’italiana, nel cui filone s’inserisce Verdone e la sua filmografia fatta di personaggi quasi mai vincenti, (pensiamo ad esempio al protagonista di Maledetto il giorno che ti ho incontrato) e che per questo sono spesso messi a confronto con quelli di Alberto Sordi.
Sergio Leone, ci aveva visto giusto.