Durante le vacanze di natale c’è qualcosa di meglio da fare che mangiare fino a scoppiare! Per esempio, andare al museo del cinema di Torino, proprio dentro la Mole Antonelliana
Il Museo del Cinema di Torino ti prende per mano e ti accompagna dal teatro di ombre fino agli effetti speciali più sofisticati in un percorso che, anche se l’hai già fatto, ti lascia sempre a bocca aperta. Ma, più che parlare del museo, che do per scontato, mi soffermerò su un evento, ahimé, terminato il 7 gennaio. Sono spiacente di non averti avvertito tempestivamente, caro lettore, ma, in fondo in fondo, mi rimane un barlume di malvagia soddisfazione: io l’ho visto e te no. Siccome oggi mi sento più buona, vediamo se riesco a trasmetterti un po’ di quella magia.
L’evento si chiama, o si chiamava, #Soundframes – cinema e musica in mostra
Nell’anno in cui si celebra il centenario della nascita di Leonard Bernstein, uno dei massimi compositori e direttori d’orchestra del Novecento, autore, fra l’altro, delle musiche di West Side Story, il Museo Nazionale del Cinema organizza una mostra che indaga la complessità del rapporto tra musica e immagini in movimento. E ha cercato di farlo nel modo più ampio possibile, consapevolmente non esaustivo, attraverso un approccio non solo cronologico, ma fondato sulla costruzione di sezioni tematiche trasversali. Si partiva dal cinema muto, per finire con i grandi registi che hanno messo a disposizione la loro arte per realizzare clip musicali.
L’aspetto più importante dell’esposizione è la multimedialità, pensata per offrire al visitatore una vera e propria visita esperienziale. La mostra, infatti, è composta esclusivamente da proiezioni che si snodano lungo tutta la rampa elicoidale dell’Aula del Tempio, a formare un film ideale in cui si vogliono raccontare i mille modi in cui la musica e le immagini del cinema si sono incontrati nel corso di oltre un secolo. Per questo motivo al visitatore erano state fornite cuffie wireless, necessarie per un’immersione a 360° nella mostra. A completare questo viaggio emotivo nell’universo musicale del cinema, l’ultima parte del percorso prevede sei stanze dalle caratteristiche spiccatamente interattive, mentre l’Aula del Tempio sarà sfruttata a pieno nelle sue caratteristiche di sala cinematografica e di palcoscenico per sonorizzazione dal vivo film muti, performance sperimentali e incontri con i grandi protagonisti della musica contemporanea, che hanno e hanno avuto strette relazione con il cinema.
La mostra, nata da un concept di Donata Pesenti Campagnoni e a cura di Grazia Paganelli e Stefano Boni, con la collaborazione di Maurizio Pisani, è stata dedicata a Gianni Rondolino, critico cinematografico e storico del cinema italiano.
I musical: evoluzione del cinema muto
I primi video che troviamo, cominciando a salire le scale, sono quelli di film muti. Inizialmente la musica, eseguita dal vivo, serviva per coprire il rumore del proiettore, ma, dopo poco, a questa funzione se ne affiancano molte altre. Senza la presenza di alcun dialogo, a fare da protagoniste assolute sono le immagini, accompagnate dalla musica. La colonna sonora ha un compito ben preciso e imprescindibile: non solo accompagnare il film e lo spettatore dentro il film, ma anche far parlare le immagini, sottolineare la loro potenza e amplificarla. Tra i film presenti l’immancabile Tempi moderni di Charlie Chaplin, in cui la musica diventa la voce dei movimenti frenetici, della velocità della catena di montaggio, e La corazzata Potëmkin.
Dopo il cinema muto arriva il musical, che nasce quasi subito dopo l’avvento del sonoro. Qui la musica ha una funzione completamente diversa: non accompagna più soltanto le scene, ma diventa parte integrante del film. Le canzoni hanno una funzione narrativa, diventano i dialoghi del film e, accompagnate dalle coreografie, rappresentano l’essenza del film. Nel musical non sono gli attori a essere protagonisti, bensì le colonne sonore. I film presenti vanno dai musical più classici e famosi come Cantando sotto la pioggia e West Side Story, ai musical più recenti come Across The Universe e Mouline Rouge, passando da capolavori come Cabaret di Bob Fosse e The Rocky Horror Picture Show.
Colonne sonore a commento
A seguire i musical ci sono le colonne sonore dei grandi compositori. Colonne sonore che vengono chiamate “a commento” o “da tappezzeria“. La funzione della musica è quella di tradurre le emozioni, farle uscire dallo schermo e colpire lo spettatore. La musica di commento è la musica che si sente, ma non si vede, che non ha alcun collegamento apparente con le immagini. Non per questo, però, diventa meno importante: la musica riempie il film, gli dona profondità e diventa voce dell’Io dei personaggi. Un esempio per tutti è la colonna sonora di Ennio Morricone per C’era una volta in America.
Videoclip e biopic
Una parte molto interessante di questa rassegna del museo del cinema è quella relativa all’avvento del cinema indipendente e del documentario musicale che comincia a imporsi negli anni ’60, con l’avvento del rock. Si fanno documentari di concerti, come quello storico del Festival di Woodstock con Hendrix, Who, CCR, e di tournée come quelle di Bob Dylan, Nick Cave, Neil Young. Vengono anche fatti film musicali, come Stop making sense dei Talking Heads, e biopic sulle star della musica.
https://www.youtube.com/watch?v=9dMpX7WUIlU
Tra i documentari segnalo Shine a light di Scorsese sui Rolling Stones e A letto con Madonna, mentre tra i biopic segnalo Sid & Nancy di Alex Cox.
Con la progressiva diffusione della televisione e la perdita di centralità della radio, l’industria discografica comincia a utilizzare come strumento di promozione il videoclip. Sono tanti i grandi registi del cinema che vi si sono dedicati, a partire da David Lynch con Wicked Game di Chris Isaak fino ad arrivare a Thriller di Michael Jackson, il capolavoro di John Landis.
La musica negli Horror
L’horror è il genere cinematografico che maggiormente ha saputo sfruttare l’aspetto inquietante che la musica conferisce alle immagini. Solitamente le colonne sonore horror sono minimali, l’attenzione è posta sui suoni piuttosto che sulla melodia, suoni che hanno il preciso obiettivo di accrescere l’angoscia dello spettatore. I motivi sono sempre ripetitivi, ossessivi, inquietanti. Esempi classici sono L’Esorcista e Profondo rosso.
Abbiamo lasciato per ultime le colonne sonore stranianti
Quel commento sonoro apparentemente estraneo a ciò che accade sullo schermo se non, addirittura, ossimorico. Questi sono gli esempi che, paradossalmente, fanno capire meglio l’enorme importanza della musica in un film.
Mi è piaciuta talmente tanto questa sezione della mostra, che mi azzardo a fare una classifica dei tre commenti musicali più azzeccati. In tutti e tre i casi, si tratta di tre grandissimi registi, due dei quali italiani.
Palombella rossa, Nanni Moretti (1989)
https://www.youtube.com/watch?v=0m1x93mEcO8
Al terzo posto Palombella rossa, di Nanni Moretti. La scena in cui, durante la concitata partita di palla a nuoto, un ragazzo schiaccia il pulsante di un grosso mangianastri che diffonde I’m on fire del Boss per tutta la piscina.
Accattone, Pier Paolo Pasolini (1961)
https://www.youtube.com/watch?v=dvBIGV4paSs
Al secondo posto Accattone di Pier Paolo Pasolini. La scenda nella quale accattone si picchia di santa ragione sulle noìte della più struggente sonata di Bach. Chiedo scusa: non sono riuscita a trovare il filmato su YouTube, la musica è questa; immaginate due persone che si picchiano selvaggiamente.
Fitzcarraldo, Werner Herzog (1982)
Al primissimo posto il regista visionario Werner Herzog, che non conosco bene, ma mio padre si inginocchia ogni volta che ne sente il nome e ringrazia Manitù, che è l’unico dio decente (secondo lui) per l’esistenza del regista tedesco. Herzog non è nuovo a questo tipo di colonna sonora, la scena più nota è quella di Fitzcarraldo, che segue il corso dell’Orinoco ascoltando Bella figlia dell’amore. Vi segnaliamo il video per scusarci della precedente mancanza.
I curatori della mostra hanno avuto un bel daffare per trovare il top delle colonne sonore stranianti di Herzog, ma ci sono riusciti con Wodaabe – I pastori del sole. Un documentario sul popolo di pastori nomadi sub sahariani, che si definisce il popolo più bello del mondo. Il link permette di vedere tutto il film, ma quello che raccomandiamo sono i primi tre minuti e quarantanove, durante i quali i giovani wodaabe si mettono in mostra per le ragazze del villaggio sulle note di una vecchia registrazione gracchiante dell’Ave Maria.
https://www.youtube.com/watch?v=tKYKLYXxn04
Non sono arrabbiata per non avermi avvertito dell’evento, alla fine l’ho vissuto attraverso le tue parole… Grazie! 🙂
Grazie Lara, sono contenta di essere riuscita a trasmettere anche un minimo di quella magia 🙂