Tre uomini e una gamba è uno di quei film italiani riuscito a entrare e rimanere nell’immaginario collettivo per tutti questi anni con le sue battute e con le riflessioni che vengono proposte. Giovani e vecchie generazioni rimangono attratte da questo film e dalle abilità comiche dei protagonisti ed è grazie a loro se conosciamo la cadrega, il Garpez e Ajeje Brazorf, oltre al fatto di aver reso ancora più famosi Sforza a Schillaci.
Diretto da Massimo Venier nel 1997, ad oggi può senz’altro essere classificato come un road movie che porta tre amici da Milano a Gallipoli, dove Giacomo si deve sposare con la terza di figlia del cavalier Eros Cecconi (l’epico Carlo Croccolo).
I tre amici in questione, lo sappiamo bene, sono Aldo, Giovanni e Giacomo, trio comico fra i più apprezzati del cinema nostrano, che si cimentano per la prima volta sul grande schermo.
Il trio così come lo conosciamo si forma nel 1991, quando Aldo e Giovanni incontrano Giacomo e lo invitano a fare degli sketch con loro. Nel biennio seguente, ribattezzatisi in Aldo, Giovanni e Giacomo, i tre recitano in teatro insieme a Marina Massironi (che fra l’altro reciterà anche in quasi tutti i loro film) in spettacoli quali Lampi d’estate (1992) diretto da Paola Galassi, Ritorno al Gerundio con Flavio Oreglio e Antonio Cornacchione.
Una prima notorietà arriva nel 1995 grazie alla partecipazione allo spettacolo corale Il Circo di Paolo Rossi, con lo stesso Paolo Rossi in veste di capocomico; tuttavia è con I corti di Aldo, Giovanni & Giacomo, portato in scena l’anno seguente per la regia di Arturo Brachetti, e giunto a corollario del successo televisivo con Mai dire Gol, che il trio ottiene la definitiva consacrazione presso il grande pubblico.
È il 1994, e insieme alla Gialappa’s Band i loro personaggi hanno davvero fatto la storia del programma per un triennio, da Johnny Glamour ai Bulgari, dal cagliaritano Nico alle Interviste di Mr. Flanagan passando per le randellate di Tafazzi, le loro gag sono conosciute, imitate e ricordate da intere generazioni.
Con Tre uomini e una gamba il registro cambia leggermente, e anche se vi sono molti degli sketch del repertorio storico del trio, come la scena di Ajeje Brazorf sul tram, quella del conte Dracula e della scalata della montagna. All’interno del film sono anche presenti due corti sui personaggi della mafia americana Al, John e Jack, che riappariranno cinque anni dopo nell’omonimo film, la comicità, e la genialità dei dialoghi restano intatti, e ci regalano una pellicola a dir poco spumeggiante per quegli anni, un tripudio di risate senza soluzione di continuità, come solo loro avrebbero saputo fare.
Il fil rouge che segna tutto il film e senz’altro una battuta:
“Anche il nostro falegname l’avrebbe fatta meglio”
un tormentone quasi che fa riferimento alla famosa gamba del titolo, tutt’altro che casuale. Tre uomini e una gamba cita in modo molto raffinato il romanzo Tre uomini in barca (per non parlar del cane), scritto da Jerome K. Jerome nel 1889.
La trama ruota attorno a tre amici che risalgono insieme la corrente del fiume Tamigi in barca, tra gag e disavventure di evidente taglio umoristico. Ai tempi il romanzo nacque quasi per sbaglio, perché inizialmente era stato concepito come guida turistica per poi diventare un romanzo vero e proprio. E se pensate che quel cane nel sottotitolo sia casuale, vi basterà pensa al povero Ringhio.
Anche durante il loro, di viaggio, il trittico di viaggiatori ne combina di tutti i colori, tra innamoramenti repentini, gag esilaranti, gambe di legno senza unghie, partite di calcio in spiaggia e proiezioni degli indimenticabili film di Remo Garpelli, neorealista.
Ripercorriamone la trama e conosciamo i personaggi
I tre comici interpretano tre cognati che lavorano nel negozio di ferramenta del suocero: Aldo e Giovanni sono già sposati con le figlie maggiori dell’uomo, mentre Giacomo sta per scendere con gli amici da Nord a Sud per convolare a nozze con la figlia minore, una Luciana Litizzetto stonata come una campana e più svitata del solito.
Questo lungo viaggio in macchina, in un’epoca in cui a malapena si usavano i cellulari, cambierà profondamente il trio, anche grazie all’incontro fortuito con Chiara (Marina Massironi), che farà innamorare Giacomo.
Tutto ha inizio il 31 luglio.
“Va be’, finisco di mangiare la peperonata e scendo!
– Peperonata? Alle otto del mattino?
Mezzogiorno… topi morti?”
e il matrimonio si celebrerà due giorni dopo proprio in Puglia.
I tre lavorano in un negozio di proprietà del suocero dicevamo, un arricchito, volgare e arrogante, che da sempre li tiranneggia sia sul lavoro che in famiglia; lui è il compianto Carlo Croccolo, (scomparso nell’ottobre del 2019, a 92 anni) romano doc che ci regala delle perle indimenticabili, e che nella sua lunga carriera è stato, tra le altre cose il doppiatore di Oliver Hardy (Ollio), succedendo al grandissimo Alberto Sordi e di Totò (l’unico che lo stesso Totò autorizzò).
Aldo, Giovanni e Giacomo non hanno mai reagito alle angherie del vecchio, sia per la loro innata codardia, sia per timore di perdere il lavoro.
I tre oltre al lavoro, si frequentano di rado e non si trovano particolarmente simpatici.
Giovanni è pignolo e cinico, odia animali e bambini perché sporcano e fanno casino, ci tiene a fare sempre bella figura col suocero, il classico “lecchino” potremmo definirlo, e dei tre è il più autoritario.
Giacomo è disordinato, si atteggia ad amante dell’arte (in particolare cinema d’autore e musica rock); da adolescente si è fatto tutte le malattie esistenti, è ipocondriaco, mangia e beve solo schifezze ed è l’unico fumatore.
Aldo è svagato, distratto, naif. Ama gli animali ed è l’unico meridionale. E’ tenero, buono ma decisamente ignorante insofferente ad alcune regole del buon gusto e del vivere civile.
Oltre a dover raggiungere le famiglie per il matrimonio, i tre hanno un’altra incombenza: portare in Puglia una costosissima gamba di legno, ultima fatica del celebre scultore americano Michel Garpez.
Il viaggio tuttavia non procede per niente in maniera tranquilla, perché le vicissitudini che si trovano a dover affrontare sono tante a cominciare dalla disavventura del povero Ringhio, il cane del suocero Eros che viene dimenticato legato all’auto dopo che i tre ripartono da una stazione di servizio.
Il vero imprevisto però è rappresentato dall’incontro con Chiara (Marina Massironi), della quale il futuro sposo si infatua
“E così domani ti sposi?” “Sì, ma niente di serio.”
Proprio il suo incontro con Chiara, “la metà della mela” (citando il mito epico che racconta lei), lo aiuterà a mettere in discussione una vita che non lo rende felice.
Fra ospedali, bagni in laghi di fortuna e partite di calcetto, i tre gradualmente si scoprono amici e insieme si rendono conto della meschinità delle loro vite fino al punto di decidere di cambiarle drasticamente.
Il Finale
Poco prima, della fine del film, assistiamo un una delle scene sicuramente più esilaranti, Aldo simula una telefonata e una sfuriata ribelle contro i soprusi del padre di sua moglie.
Tutti credo, guardando il film la prima volta, ci siamo cascati, Aldo è talmente vero e sincero nella sua esternazione, da meritare davvero un plauso.
Arrivati in Puglia, scoprono che Eros li attende con un fucile puntato.
Nei chilometri finali prima di arrivare a Gallipoli, dopo la separazione dolorosa da Chiara, i tre si sentono pervasi dalla malinconia e cominciano a meditare il momento della rivolta.
“Ma quindi mandiamo tutto a puttane?
Non ho detto che mando tutto a puttane.”
Quando il trio arriva a Gallipoli i tre scendono dalla macchina, risalgono subito e fanno inversione di marcia. Addio a quella vita, addio alla famiglia, addio al suocero e alla sua arroganza che, come dice Aldo
“prenderei a bottigliate in testa”,
ma anche alla vita comoda e sicura che però li rende frustrati e li fa sentire umiliati.
Sulle note di Ho imparato a sognare dei Negrita, la macchina sfreccia sulla strada sterrata verso un futuro incognito, che può spaventare, ma che è anche assolutamente affascinante.
Prima del congedo, però, Aldo, Giovanni e Giacomo non si dimenticano della gamba, che restituiscono conficcandola nella terra proprio davanti la lussuosa villa dei Cecconi.
Il finale nasconde sicuramente una morale più profonda, perché al di là della storia in sé, rappresenta una rivincita nei confronti di chi si crede più forte e più potente, sol perché più danaroso.
Il film rappresenta una velata critica sociale: a guidare il mondo è ancora la ricchezza, una ricchezza cafona e volgare, che si permette di essere arrogante e ricattatoria.
I tre protagonisti hanno bisogno di lavorare e voglia di costruire una famiglia, ma questo li porta a snaturarsi, ad annullare la propria volontà. Paradossalmente, però, sarà proprio il viaggio verso “la costrizione estrema”, il matrimonio di Giacomo con una ragazza sgraziata e grottesca, a rappresentare la via verso la libertà.
È la rivincita del debole sul forte, del dipendente sul capo, del figlio sul padre- padrone, dell’astuzia sul denaro.
Le scene memorabili
Il film è un susseguirsi di scene indimenticabili, e fin dall’inizio i tre comici hanno saputo prenderci in giro e divertirci a cominciare proprio dai luoghi in cui il film è stato girato.
Sì, perché nonostante sia spacciato come un viaggio partito da Milano e finito a Gallipoli, ambientato lungo tutta l’Italia, Tre uomini e una gamba è stato girato quasi interamente nel Lazio.
All’inizio del film la città che vediamo è spacciata per il capoluogo lombardo, ma si tratta di Roma e lo stesso vale per altre scene, come quella del bagno nel lago o l’arrivo in Puglia nel finale, girate tra Viterbo e altre zone laziali. Insomma, un on the road non molto on the road.
Non è pugliese, ad esempio, la scogliera del divertentissimo momento di Aldo e Giovanni sulle rocce di una spiaggia vicino al mare, quando i due raggiungono Giacomo che, preso dalla tristezza e dalla nausea, è sceso dalla macchina.
“Metti la mano lí dove c’è quella sporgenza lí a forma di zoccolo di gnu
Di zoccolo di gnu?
Non conosco lo gnu, devo conocere lo zoccolo di gnu?”
Non c’è una sequenza di Tre uomini e una gamba che non sia diventata un meme. Non c’è battuta che non sia entrata nel nostro vocabolario. Abbiamo imparato a sfuggire alle situazioni più difficili grazie ad Ajeje Brazorf, a curare una colica renale, ad imitare uno squalo in acqua e ad improvvisare una coreografia di nuoto sincronizzato.
Tre uomini e una gamba è anche stracolmo di riferimenti cinefili di gran classe. Oltre alla già citata parodia iniziale dei gangster movie, il film dimostra tutto il suo amore per il cinema proprio quando Aldo, Giovanni, Giacomo e Marina vanno al cinema a gustare l’intenso Biglietto Amaro, girato dalla mano sapiente del regista Remo Garpelli (cognome fittizio già richiamato da Gaprez, il disprezzato autore della gamba di legno).
Si tratta, ovviamente, di un grande omaggio al cinema neorealista, con il suo inconfondibile bianco e nero e il suo amore per storie ordinarie, quotidiane e prese dalla strada (come gli attori assolutamente non professionisti).
Altra citazione indimenticabile la mitica (o forse dovremmo dire mitologica) la partita di beach soccer in cui i nostri perdono 10 a 3 contro il Marocco.
La scena, citata dallo stesso trio anche nel loro recente Odio l’estate, strizza l’occhio a Marrakech express di Gabriele Salvatores.
Durante la pellicola sono presenti anche numerosi auto-riferimenti riguardanti lavori precedenti del trio comico. Per esempio ci sono vari sketch rivisitati del loro repertorio storico, come la scena di Ajeje Brazov sul tram, quella del Conte Dracula e della cadrega, e quella della scalata/discesa in montagna.
E infine, come dimenticare il richiamo alla rapina in banca di Point break, Punto di rottura? Se nel film di Kathryn Bigelow i criminali agiscono indossando le maschere dei presidenti degli stati uniti, Aldo Giovanni e Giacomo per rubare la gamba si travestono da Cossiga e Scalfaro. Con risultati ovviamente disastrosi.
Certo, questa scena in particolare ha un epilogo piuttosto inaspettato e alla fine ci insegna come le apparenze possano ingannare e i pregiudizi condizionarci.
Un successo inaspettato
In quel 1997 Aldo, Giovanni e Giacomo spalancano le porte del cinema forti della loro comicità garbata, del loro affiatamento raro, del loro ridere in faccia all’accontentarsi.
È soprattutto di questo infatti che parla Tre uomini e una gamba, un film che probabilmente, essendo il primo, potrebbe sembrare acerbo e ingenuo, ma talmente genuino da sembrare vero.
Nessuno si aspettava quel clamoroso successo e vari fattori lo hanno dimostrato.
Prima di tutto il trio non pretese alcun compenso per le riprese, scommettendo di fatto su se stesso; Aldo, Giovanni e Giacomo chiesero “solo” una percentuale sugli incassi e siccome il film raccolse ben 40 miliardi di lire al botteghino (a fronte di una spesa di 2), si dimostrarono coraggiosi, saggi e lungimiranti.
La vera sfida fu anche la data scelta per l’uscita, ovvero il 27 dicembre 1997, un periodo delicato in cui il cinepanettone dominava ancora la scena dei cinema italiani.
Per questo motivo Tre uomini e una gamba, all’inizio, si affacciò in sala molto timidamente con poco più di 40 copie distribuite in tutta Italia, per poi invadere le sale con una distribuzione molto più capillare. L’amore nei confronti del film fu confermato anche durante la prima tv, andata in onda il 28 marzo del 2000, quando Tre uomini e una gamba raccolse ben 12 milioni di spettatori e uno share del 40%.
Un vero e proprio successo insomma, che lo legherà, come in una sorte di trilogia ad altre due pellicole del trio, Così è la vita e Chiedimi se sono felice pur essendo tre film separati e autosufficienti
I tre film infatti presentano vari punti in comune. Prima di tutto sono tre film in cui Aldo, Giovanni e Giacomo interpretano tre personaggi che si chiamano come loro, senza quindi vestire i panni di altri protagonisti come succederà in futuro (con risultati, purtroppo, quasi sempre deludenti).
In secondo luogo c’è la “par condicio sentimentale” applicata da Marina Massironi. L’ex moglie di Giacomo Poretti, infatti, si innamora di Giacomo in Tre uomini e una gamba, di Aldo in Così è la vita e di Giovanni in Chiedimi se sono felice.
Da non dimenticare anche gli ammiccamenti e le autocitazioni inseriti nel film che non solo recupera, come già ricordato, vecchi sketch teatrali (l’inganno della cadrega, Ajeje Brazorf e la gag del “non posso né scendere, né salire“), ma introduce i personaggi di Al, John e Jack nel prologo e preannuncia il titolo del film successivo quando Giovanni esclama:
“Così è la vita!“.
Credo che da dire ci sia ancora tanto su questo film che ha fatto la storia della comicità italiana, e probabilmente, da lassù, anche il buon Carlo Croccolo lo sa bene , convinto del fatto che Tre uomini e una gamba, così amato dal pubblico, non potrebbe mai fargli fare brutte figure, o come più genuinamente direbbe lui:
“figure de mmerda“.