Ecco qui: Ze’, oppure Zero, e anche solo Calcare qualche volta, insomma, Zerocalcare. Il fumettista romano ha avuto l’occasione di realizzare una serie animata per Netflix, e l’ha sfruttata alla grande: è la cosa migliore che vedrai quest’anno su Netflix. Non è per orgoglio italiano che si scrivono queste parole: la serie è davvero spassosa, e quando vuole introspettiva. Racconta un momento della vita che tocca tutti, ma senza pretesa di insegnare nulla a nessuno. Piuttosto dice: ecco, questo è quello che ho sentito, e quello che penso di aver imparato. Ha le carte per essere il prodotto d’autore che effettivamente è, e il mezzo per essere visto da moltissime persone.
E d’altronde, quanti altri autori italiani hanno avuto la possibilità di giocarsi una serie animata tutta per loro prodotta da Netflix? Esatto: nessuno.
La serie (un po’ seria, un po’ no)
La serie comincia veloce, dando esempio perfetto di quella che sarà la forma di tutta la serie sin dal primo episodio: questa è la struttura, ed è quello che ti puoi aspettare da qui fino alla fine. E non accade nulla di meno. Le puntate scorrono via una dopo l’altro, anche per chi non è abituato al bingewathcing. Sono semplicemente irresistibili, e come una scatola di Pocket Coffee: il cioccolato dolce fuori, e quando lo rompi dentro ti attende l’aroma forte del caffè. E proprio con questa formula riesce a partire dalla maestra della scuola elementare per arrivare alla strage di Capaci senza far accapponare la pelle: ironizza in un bellissimo modo, spontaneo e non ricercato, anche sui campi minati nella molto poco coraggiosa comicità italiana (si cita anche il G8 di Genova).
Gli episodi raccontano, oltre ad aneddoti sparsi (ma che nutrono la trama principale) dalla vita di Zerocalcare, un evento che coinvolge tutti i protagonisti che man mano il narratore ci presenta (Armadillo compreso, la cui voce è di un perfetto Valerio Mastandrea): gli eterni amici Sarah e Secco, quelli che Zerocalcare conosce alle elementari e non lascia più, i punti estremi della società nella classe, tra l’altro. Poi c’è Alice.
L’evento (che non viene rivelato a noi finché non è necessario, e dunque alla fine) comincia con un viaggio. E gli episodi narrati in flashback della vita del protagonista sembrano proprio quelle cose che ti vengono in mente guardando fuori da un finestrino. Strappare lungo i bordi, certo; eppure un buon titolo poteva essere anche Guardare fuori da un finestrino (anche perché in effetti un viaggio in treno c’è).
Nonostante il grande uso di flashback la trama principale è perfettamente riconoscibile in ogni momento, e anche molto lineare. La storia è molto semplice, ed è questo il punto di forza principale della storia scritta da Zerocalcare: un evento che si infila in ogni vita, raccontata come viene vissuta da una persona che – come tutti – deve proprio mettersi a confronto con sé e la propria coscienza.
Sceneggiatura
La storia scritta da Zerocalcare, nella sua semplicità – e attenzione, abbiamo comunque a che fare con un narratore esperto che ha raccontato molto lungo la sua carriera, e che si trova ora (e non per la prima volta) di fronte a un medium che conosce già bene (tra tutto bisogna almeno ricordare Rebibbia Quarantine) – è una sceneggiatura che racconta una storia formativa per un essere umano che ha già superato la sua storia di formazione. Ma c’è sempre tempo per crescere, soprattutto se tiri fuori la testa dall’Isola che non c’è.
La storia è quella del viaggio che Zerocalcare, Sarah e Secco intraprendono per andare in un posto ben preciso. La loro presenza è richiesta perché l’evento che li richiama lontano da casa coinvolge tutti, anche se in modi diversi. Ma non è solo questo. C’è anche Alice, la scuola elementare, gli ambienti punk di Roma appena accennati, e la filosofia del filo d’erba (che però lascio scoprire a te).
Alice è un elemento con un certo peso all’interno della serie. Amica di Sarah, viene presentata dalla stessa a Zerocalcare, che si innamora perdutamente di lei sin da subito. Ma attenzione: non è una storia d’amore. È la storia di due persone che si piacciono, e dei loro problemi, dei loro caratteri e di tutta la vita che gli passa in mezzo (compresa una vaschetta di gelato a notte fonda). Non è una commedia romantica, d’altronde. E non è un biopic romanzato, e neanche una commedia e basta, o un drama: è un diario condito di ironia.
Recensione
Come ho detto ad un mio amico appena dopo averla finita: guardandola mi sono soffocato dalle risate e affogato nelle lacrime (certo è anche vero che piango un po’ per tutto…). La serie è veloce, non si perde e non perde tempo: racconta quello che deve raccontare senza fronzoli. Come il suo protagonista e narratore, non hanno filtri.
Ironia, comicità, resoconto, realtà: ecco la formula con cui Zerocalcare realizza una serie animata perfetta. Un prodotto che desidererai rivedere altre venticinque volte. Non ti uscirà dalla testa e dal cuore facilmente.
Perché “Strappare lungo i bordi”?
Hai presente le figurine che si trovavano in certi magazine o in certi fumetti (come Topolino e disneyana compagnia?): Noi pensavamo che per vivere bastasse strappare piano piano e seguire la linea tratteggiata, per essere sicuri de non sbagliasse… e come no, Ze’, come no…
Insomma, è questa la filosofia del giovane Zerocalcare. Non correre rischi, andare piano piano e navigare in una barchetta dal nome comfort zone su un fiume dalle acque piatte. Ma l’Armadillo, gli eventi che passano tra gioventù e maturità, e lo stesso Zerocalcare, un po’ più cresciuto, la smentiranno.
Zerocalcare, il narratore
Zerocalcare è la super-star: dà la voce a tutti i personaggi nella serie, li anima (tutti a parte l’Armadillo: ma d’altronde quando a parlare è la tua coscienza sembra sempre uno sconosciuto, qualcuno che non conosci proprio bene). La cosa potrebbe sembrare molto farsesca, estrema, ma Zerocalcare è perfetto in questo, riesce a rappresentare tutti i personaggi fino al punto che dopo un po’ ti scordi che è sempre la stessa persona a doppiare chiunque: questa è pura magia.
Zerocalcare è davvero uno di noi: il personaggio ha i nostri vizi, i nostri pregi di esseri umani, ma soprattutto la nostra indecisione di fronte al catalogo di Netflix quando ci mettiamo sul divano la sera e dobbiamo scegliere cosa guardare. C’è tutto un episodio che si concentra sull’evitare una persona, con Zerocalcare che non risponde a una chiamata e allora deve stare attentissimo a non comparire sui social, a non farsi notare in nessun modo: non risponde al telefono, ora deve sembrare che stia facendo qualcosa di serio e impegnativo.
Il narratore twitta, si nasconde dalle proprie responsabilità, gli prende male, ricorda il passato, parla con la sua coscienza, buca la ruota di una macchina, si lamenta dell’aria condizionata sui treni, gli prende bene, critica se stesso con i suoi pregiudizi di razza e di genere (e che attenzione, non fare il puro: sono in tutti noi), ed evita la sua coscienza. Insomma, è una persona con una vita come la nostra, non è un personaggio. Ed è proprio per questo il motivo che vale la pena di guardarlo: certo, anche per guardarsi.