Cristina Comencini presenta il suo docufilm al festival torinese
Girato con Roberto Moroni e prodotto da Aurora Tv, Rai tv e Rai Teche, Sex Story è un documentario che ci mostra come è cambiato il modo in cui la sessualità ci viene presentata alla televisione, con uno spaccato di trentacinque anni del piccolo schermo. Per girare questa pellicola di sessanta minuti, i due autori hanno visionato centinaia di filmati che comprendevano talk-show, spettacoli, telegiornali, quiz e quanto altro per portare alla luce i cambiamenti legati alla visione del sesso da parte dello spettatore, ma anche per come questo veniva presentato nel corso degli anni.
Dopo la legge Guala degli anni 50 che “proibiva relazioni sessuali troppo veristiche, vesti indumenti e danze immodesti che potevano sollecitare bassi istinti”, alla liberazione sessuale degli anni settanta, si arriva agli anni ottanta e i suoi eccessi. Per chi è un pochino più grandicello come me, si ricorderà le numerose ospitate di Ilona Staller, nome d’arte Cicciolina, in numerosi spettacoli in orario serale alla quale casualmente (?) cadeva sempre uno spallino rivelando il seno, le famose “mascherine” di Colpo Grosso che si esibivano in sensuali streaptease, o le super maggiorate del Drive in, in pochi anni è facile rendersi conto dei veloci cambiamenti avvenuti nella società e la sua prospettiva nei confronti del sesso in tv.
Ma anche le signorine dei vari quiz televisivi, dalla minigonna di Sabrina Ciuffini reputata troppo corta da Mike Buongiorno, o di Mario Riva che definiva la sua valletta “la mia assistente non parlante”, tanti gli esempi mostrati dal documentario il quale, alla fine, rivela una televisione al maschile, allo stesso modo del cinema e di cui vi ho parlato in un precendente articolo. Ma ecco la sinossi di Sex Story:
“Chiedersi se la televisione sia in grado di cambiare i comportamenti sessuali di un popolo è questione complessa, tanti e tali sono i rimandi biunivoci che il mezzo televisivo impone a chi ne fruisce, e viceversa. Un’indagine che restituisce una fotografia composita e multicolore dei costumi sessuali dell’Italia nell’arco dei primi trentacinque anni di storia televisiva del Paese, in cui il piccolo schermo è entrato, spesso con violenza, si è rispecchiato, uscendone irreversibilmente mutato, attraverso un processo, integrativo, vorace, quasi osmotico.”
In questo periodo in cui sembra stia avvenendo un cambiamento, grazie a tanti movimenti come il #MeToo o #EqualRights ed altri, non può fare che bene un documentario come Sex Story, almeno per fare dei paragoni e forse notare quanto ancora poco sia cambiata la televisione italiana anche in questi ultimi trenta di anni. Voi cosa ne dite?. Parliamone nei commenti.