Il 19 aprile, a Lucca, è stato consegnato il premio alla carriera a Rutger Hauer. Per l’occasione è stata anche proiettata una versione alternativa di Blade Runner
La sera del 19 aprile il tempo sembrava buono, magari qualche nuvola. Eppure, appena arrivata in piazza del Giglio a Lucca mi sono trovata davanti un gruppo di persone con l’ombrello aperto e mi sono subito maledetta per non aver guardato le previsioni del tempo e non essermi portata qualcosa per ripararmi. Poi, guardando più attentamente, mi sono accorta che si trattava di figuranti che stavano introducendo Blade Runner; forse perché nella prima scena con Harrison Ford piove a dirotto? Comunque hanno continuato a passeggiare avanti e indietro per il red carpet. C’era anche una ragazza che faceva ruotare un cerchio luminoso, metafora della rivoluzione dei pianeti attorno al Sole? Dell’uroboro, il serpente che simboleggia l’energia universale? Del cerchio del Karma? Della rotazione della volta celeste? Delle lame rotanti di Goldrake?
Dopo una mezz’ora buona di sfilata con gli ombrelli aperti e cerchio ruotante, finalmente ecco Rutger Hauer, immediatamente accerchiato e bloccato dai fan. Nonostante la calca, siamo riusciti a entrare tutti in sala, dove è stato premiato l’attore olandese, che quest’anno era anche presidente della giuria del festival che ha premiato Dollhouse di Nicole Brending.
Niente cerimonie particolari, niente lunghi discorsi di circostanza; a suo merito va detto che Hauer non ha nemmeno cercato di fare lo spiritoso, come spesso accade in simili circostanze. Dopo aver parlato brevemente dell’esperienza sul set di Blade Runner, Hauer ha lodato la versione alternativa e ha salutato, accompagnato da un caloroso applauso. Nessuna novità, in realtà: si tratta della versione, già distribuita, senza la voce fuori campo di Harrison Ford e col finale aperto, con Deckard e Rachel che scappano e non si sa come vada a finire. C’è, sempre alla fine, l’origami dell’unicorno, costruito dal mefistofelico Gaff, che insinua il dubbio che anche Decker sia un replicante, poiché l’unicorno è il suo sogno ricorrente.
Veniamo al film, talmente noto da dare per scontata la trama e le varie curiosità (tipo che la sequenza iniziale è un omaggio a Metropolis). Parliamo delle due versioni. Quella originale è quella con la voce fuori campo di Deckard, che fa molto Philip Marlowe, e il finale rassicurante col poliziotto che fugge con la sua replicante “senza scadenza”. Poi abbiamo quella proiettata al cinema Astra, senza voce fuori campo e futuro incerto.
Fermo restando che trovo entrambe le versioni stupende, per motivi diversi, va detto che, mentre la prima versione mette al centro del film Deckard e ne fa il protagonista assoluto, la seconda versione è più corale, si apprezzano di più tutti i ruoli e, soprattutto, i protagonisti sono sicuramente due: il poliziotto Rick Deckard e il replicante Roy Batty. Non è un caso che Rutger Hauer, che ha al suo attivo quasi 100 film, venga universalmente ricordato per una parte di attore non protagonista. Non è tutto, mentre nella prima versione si è istintivamente dalla parte del poliziotto, nella seconda si comincia a tifare per il robot o, almeno, si spera in un pareggio. Tutto questo può fare una voce fuori campo? Pare di sì. Comunque un film che si può vedere all’infinito, in entrambe le versioni, senza stancarsi.
Per tornare alla rassegna
un giudizio molto positivo. Lucca è una piccola città di provincia, non è Berlino, non è Venezia e non è nemmeno Cannes, ma è riuscita a portare film e personaggi di ottimo livello. Tanto per dirne una, a Cannes c’è il più grande mercato cinematografico del mondo e tutti fanno il possibile per piazzarci un film; non è certo così a Lucca, per questo agli organizzatori vanno tutte le nostre lodi, apprezzamento e gratitudine. Se magari non allestissero spettacolini tipo quello descritto all’inizio sarebbe meglio ma, come diceva il presidente Mao, una marcia di 2400 lǐcomincia col primo passo.