L’11 maggio 1818, quindi poco più di 200 anni fa, Mary Shelley pubblicò, anonimo, Frankenstein; or the Modern Prometheus. Come succederà anni dopo per Dracula, le critiche furono pessime ma, come il romanzo di Stoker, Frankenstein ottenne un successo straordinario e duraturo.
Nel 1931 fu girato il famoso film di James Whale con Boris Karloff, che è diventato il prototipo di tutti i Frankenstein successivi, ma la prima prova cinematografica è questa, ritrovata, restaurata e messa in rete dalla Biblioteca del Congresso:
Il film è virato in colori diversi, a seconda della scena, che era una procedura comune nei film in bianco e nero dell’epoca che, in realtà, in bianco e nero non erano. Sono state ritrovate le didascalie ed è stata creata appositamente una colonna sonora. Il film fu diretto da Searle Dawley per la Edison Manufacturing Company. Il negativo originale, probabilmente l’unico rimasto, era di un collezionista, Alois F. “Al” Dettlaff, che aveva comprato la pellicola negli anni Cinquanta.
Quando, nel 1980, l’American Film Institute inserì il Frankenstein del 1910 nella lista dei dieci film andati perduti più cercati, Al Dettlaff capì di avere in mano un autentico tesoro e non permise a nessuno di avvicinarsi al suo Frankenstein; ne faceva copie in DVD da vendere a caro prezzo. Quando Dettlaff morì, nel 2005, la Biblioteca riuscì a entrare in possesso della mitica pellicola. Al film, però, mancavano alcuni titoli e didascalie che furono recuperati presso l’archivio storico della Edison. Per la colonna sonora la Biblioteca si è rivolta a uno specialista, Donald Sosin, noto per ricreare colonne sonore di film muti.
La storia è molto diversa dall’originale, infatti nei titoli di testa si parla di “libero adattamento”
Il dottor Frankenstein, come le streghe di Macbeth, butta in un pentolone una quantità di ingredienti con l’intento di creare “l’essere umano più perfetto che il mondo abbia mai conosciuto”. Una volta compiuta la sua grandiosa opera, Frankenstein impalmerà la sua fidanzata Elizabeth. Purtroppo le cose non vanno come pensa perché, dal pentolone, si materializzano prima le ossa, alle quali si appiccica addosso il resto del corpo, per generare un mostro gigantesco che è una via di mezzo fra It e Pippo (l’amico di Topolino, intendo). Fronte alta con un gran pennacchio di capelli come It, piedi lunghissimi e goffo come Pippo. Quando il mostro si vede allo specchio si spaventa e scappa.
Chissà se Mel Brooks o Gene Wilder, autore dello script di Frankenstein Junior, fossero in possesso di uno dei DVD di Al Dettlaff; fatto sta che è impossibile non ripensare alla scena del furto di cervelli di Igor quando, vedendosi nello specchio, si spaventa e lascia cadere il cervello di Hans Delbruck:
Il mostro tornerà proprio la notte di nozze del suo creatore, ma la sua natura malvagia cede alla forza di cotanto amore e finisce dentro lo specchio, né più, né meno come Alice, per scomparire per sempre.
Il film non è esattamente Casablanca, ma ha il suo fascino
La restaurazione è ottima e la colonna sonora efficace. In più, è il miglior modo di celebrare il bicentenario di un libro di fantascienza, scritto da una ragazzina di 17 anni, che ha segnato indelebilmente l’immaginario per due secoli.
Una curiosità degna di essere vista. Brava Irene