“Prima che quella linea diventasse blu ero una donna, ero la tua donna, ero un killer che uccideva per te. Prima che quella linea diventasse blu avrei potuto saltare da una moto sopra un treno in corsa per te, ma dal momento che quella linea era diventata blu non avrei più potuto fare quelle cose, perché sarei diventata madre”
Come il primo film, Kill Bill Vol. 1 anche questo è diviso in capitoli, secondo l’usanza del regista, che in questo modo scardina l’unità temporale del racconto; esso procede per momenti “topici”, la cui successione è un flusso di coscienza (stream of consciousness) degna di un romanzo di James Joyce. Comincia con un prologo, in bianco e nero, intitolato Massacro ai Due Pini. Qui sotto potete apprezzarne un estratto, uno dei dialoghi più belli del cinema tarantiniano.
Kill Bill: Volume II (2004)
Una piccola cappella nel deserto di El paso, Texas. Si fanno le prove del matrimonio di Black Mamba/ Arlene/ Beatrix con Tommy. La Sposa rivede Bill, che sembra concederle di rifarsi una vita, secondo la strada che ha scelto. Entrano quattro killer e fanno strage. Dopo quattro anni di coma la Sposa attua la sua vendetta. Comincia con Budd (Michael Madsen), fratello di Bill – nome in codice: crotalo ceraste- ma egli l’attende al varco, la cattura e la seppellisce viva in una cassa. La Sposa ripensa agli insegnamenti del monaco Pai Mei, con cui si era addestrata per diventare un’assassina implacabile: facendosi strada attraverso il legno della cassa e la terra con la sola forza del suo pugno, riesce a uscire dalla tomba. Intanto, Budd ha proposto a Elle Driver la cessione della splendida lama forgiata da Hattori Hanzo, alla modica cifra di 1 milione di dollari. Elle glieli consegna in una valigetta, in cui ha nascosto un black mamba, che morde Budd, uccidendolo in pochi istanti. La Sposa la raggiunge, le riprende la spada e le strappa con le dita (come a suo tempo aveva fatto Pai Mei con l’altro) l’occhio che le era rimasto. Il Black Mamba, ancora nel camper, arretra con paura al suo passaggio e, forse, ucciderà Elle. Si ritorna al presente: per sapere dove abita l’ultimo nome della sua lista, Beatrix si reca da una delle figure paterne che Bill, in mancanza di un vero padre, ha collezionato. Questi altri non è che un protettore ormai in pensione, Esteban Vihaio il quale le rivela che Bill abita sulla strada per Salina, a Villa Quattro. Beatrix raggiunge la villa e vi si introduce, armata di pistola e di spada. Bill sta giocando con una dolcissima bambina bionda, di circa quattro anni: B.B. (le iniziali dei due genitori), la figlia che credeva morta. La donna resta incredula e commossa. È l’ultima lunga sequenza: i due sono finalmente faccia a faccia. Bill le rivela che aveva ordinato il massacro a El Paso per gelosia, dopo averla pianta per mesi, credendola morta per mano dei suoi nemici. Il loro grande Amore si conclude con un duello. Bill e Beatrix si affrontano, seduti al tavolo della veranda e, colpo di scena, la donna applica in modo subitaneo l’esplosione del cuore con cinque colpi delle dita, il colpo segreto di Pai Mei, che aveva insegnato solo a lei, la sua allieva prediletta. Sfiorando la mano di Bill, piangendo e sorridendo assieme, ella lo vede alzarsi ed accasciarsi dopo cinque passi. La mattina dopo, Beatrix e B.B., la giovane figlioletta, trovano un alloggio da qualche parte nel mondo. Mentre la bambina guarda i cartoni alla televisione, la nostra protagonista si rinchiude in bagno, sdraiata sul pavimento piange, addolorata per la morte di Bill, ma allo stesso tempo non riesce a smettere di ridere in modo incontrollato. È l’effetto del siero della verità che Bill le aveva somministrato la sera prima, l’ondata di euforia come effetto collaterale, ultimo regalo per far sì che la figlia non la vedesse in lacrime. Beatrix, non più Sposa, ma Madre sospira un grazie a Bill comprendendo il suo gesto e torna da sua figlia raggiante, finalmente libera di vivere con lei il resto della propria vita.
Commento
Sul film girano varie leggende e alcune curiosità sono degne di menzione. La Miramax originariamente aveva chiesto che il ruolo di Bill fosse interpretato da un attore di richiamo: Warren Beatty. Il suo rifiuto permise a Tarantino di affidare la parte al preferito David Carradine. Tarantino valutò a lungo l’ipotesi di interpretare lui stesso il personaggio del maestro Pai Mei; egli avrebbe voluto che Pai Mei muovesse le labbra in cantonese, ma che non lo parlasse. Il suo desiderio era infatti quello di doppiarlo lui stesso, ma alla fine Gordon Liu, già interprete del Loto Bianco, recitò e doppiò la parte. In chiesa, abilmente truccato, Samuel L. Jackson, uno dei “fedeli” del regista, è protagonista di un breve cameo come pianista. In questa scena elenca vari artisti con cui ha collaborato in passato e tra questi alcuni sono autori della colonna sonora di Pulp Fiction.
L’ultimo mistero sulla lavorazione ha trovato una soluzione pochi mesi fa. Sul set Uma Thurman ebbe un incidente alla guida della cabrio, girando la scena in cui la sposa va a uccidere Bill. Come raccontato dalla stessa Thurman, Tarantino insistette per far guidare a lei (e non a una controfigura) la macchina, ad una velocità di 40 miglia orarie, su una strada sterrata. In una leggera curva l’attrice perse il controllo dell’auto, che si schiantò contro le piante lungo la strada. L’incidente, che provocò alla bella Uma danni permanenti al collo e al ginocchio, fu oggetto di una lunga querelle legale con la Miramax, che per molti anni si rifiutò di rilasciarle il filmato originale, temendo una richiesta di risarcimento. Questa circostanza minò anche il rapporto tra il regista e la sua musa, che non si parlarono per dei mesi.
“Iperrealismo, cultura del fumetto – l’allenamento di Beatrix con Pai Mei ricorderà agli appassionati quello di Goku col Genio delle Tartarughe – e western alla Sergio Leone, verso il quale l’omaggio è esplicito, sfociano in una tragedia, travolgente e infantile, tarantiniana in sommo grado, nella quale Amore e Morte finiscono per identificarsi” (Cristina Bragaglia e Fernaldo di Giammatteo). Il mio giudizio sul film è molto positivo. Più equilibrato della prima parte, questo Volume II sviluppa la storia e ci permette di valutarla sotto una luce diversa. Impossibile poi ignorare il virtuosismo di alcune sequenze, come quella dell’ uscita dalla tomba, che restano scolpite nella memoria, scandite da una colonna sonora martellante e appropriata, merito in parte di Robert Rodriguez, che ha curato l’arrangiamento di alcuni pezzi. Da vedere e rivedere. Voto 8 su 10.