Non è passato nemmeno un anno da quando abbiamo parlato del film di Nanni Moretti, Santiago, Italia, convinti di aver rammentato una cronaca lontana nel tempo e convinti che non si sarebbero mai più ripetuti fatti così atroci. Invece ci risiamo. Nessuno o quasi ne parla, ma in Cile “torturano, uccidono e violentano”, come stava scritto sul petto della cantautrice cilena Mon Laferte, che si è aperta il vestito mentre sfilava sul tappeto rosso del Grammy Latino.
La grande differenza fra oggi e il 1973 è che nel 1973 il mondo intero si commosse e si mosse per quanto stava avvenendo in Cile, oggi tutto succede di nuovo, ma fra l’indifferenza generale. O meglio, fra l’indifferenza di giornali, televisioni e politici, ma gli artisti di ogni disciplina non si sono fatti sorprendere e, come ormai succede sempre più spesso, sono gli unici a far sentire la propria voce in favore degli oppressi. La scrittrice Marisol García dice: “Non era mai successo che un esplosione sociale in Cile avesse fatto nascere tante nuove composizioni e incisioni in così poco tempo. La musica, nel nostro paese, è sempre stata vincolata al sociale e, in alcuni casi, all’attivismo politico, ma questa tradizione sembrava essersi acquietata. Dal 18 di ottobre c’è almeno una nuova composizione al giorno sul dibattito cileno, e nelle chiavi più disparate: dai rapper ai DJ elettronici“. Fra i musicisti che si espongono c’è anche l’Orchestra Sinfonica Nazionale, che è uscita a suonare in strada: “Stiamo lottando per le stesse cose per cui lotta il popolo e il nostro modo di esprimerlo è suonare“, dice il violinista Daniel Zeleya. Il 25 ottobre il collettivo Mil Guitarras por Victor Jara è riuscito a riunire più di un milione di persone a Santiago de Chile. In quell’occasione più di cento chitarristi hanno suonato le canzoni di Victor Jara, assassinato nello stadio di Santiago durante il golpe del 1973. Il violoncellista Daygoro ha messo su YouTube questo video
di El derecho de vivir en paz, di Victor Jara. “Riempe di speranza osservare che in Cile settori sociali e politici differenti possono unirsi per lottare contro la diseguaglianza in un movimento spontaneo e trasversale“, dice il chitarrista Emmanuel Sowicz, che ha partecipato all’iniziativa. Neppure Isabel Allende, probabilmente la scrittrice cilena più nota nel mondo, si è tirata indietro: “Presidente Piñera, da ogni parte del mondo, scrittrici e scrittori hanno visto che il Cile è cambiato e non si può più tornare indietro”. Il mondo del teatro forse è quello che, dal punto di vista letterario, ha dato i contributi maggiori, con le opere dei drammaturghi Guillermo Calderón o Luis Barrales.
E il cinema?
Il cinema è attivissimo. La sede della casa produttrice Fábula, del regista Pablo Larraín, ha filmato un incontro cittadino per “compartire un momento di riflessione”. In parallelo ci sono numerosi collettivi che documentano quello che succede in strada. Anche i grandi musei hanno protestato rimanendo chiusi fino a quando i militari fossero rimasti in strada e hanno aperto i loro spazi ai cittadini per dialogare. Una sintesi del movimento l’ha data il critico d’arte Diego Parra: “Si tratta di impugnare la propria specializzazione artistica, che è il visuale e il simbolico”.