L’attesa è quasi finita, Mufasa Il Re Leone sarà in tutte le sale a partire dal 19 dicembre. Il live-action che ha conquistato tutto il mondo con la storia di Simba, riavvolge il nastro e svela la storia dei personaggi principali Mufasa e Scar. Un prequel che vede protagonisti molte voci del panorama italiano tra cantanti e attori. A prestare la voce di Mufasa sarà Luca Marinelli e quella di Sarabi l’icona del pop italiano del momento, Elodie.
A seguire la regia è Barry Jenkins, l’autore del film Oscar Moonlight e Aftersun. Invece a gestire la parte americana del doppiaggio ci sono i Carter, questa volta con la figlia primogenita Blue Ivy che sarà la voce di Kiara, interpretata, Beyoncè sarà sempre Nala ed ad aggiungersi allo straordinario cast composto da; Aaron Pierre (Mufasa), Tiffany Boone (Sarabi), è Mads Mikkelsen che presterà la voce al temibile antagonista Kiros.
Mufasa: la storia del grande Re randagio
Mufasa: Il Re Leone racconta, attraverso Rafiki, la leggenda di Mufasa alla giovane cucciola di leone Kiara, figlia di Simba e Nala, con Timon e Pumbaa che offrono il loro caratteristico spettacolo.
Raccontata attraverso flashback, la storia presenta Mufasa, un cucciolo orfano, perso e solo fino a quando incontra un leone comprensivo di nome Taka, erede di una stirpe reale. L’incontro casuale dà il via al viaggio di uno straordinario gruppo di sventurati, alla ricerca del proprio destino. I loro legami saranno messi alla prova mentre lavorano insieme per sfuggire a un nemico minaccioso e letale.
Un viaggio attraverso, uno dei miti della storia Disney. La storia più amata di sempre torna con un piccolo salto nel passato. Ad emergere è la misteriosa storia di Mufasa e la sua ascesa al trono, con la curiosa e tormentata storia dell’antagonista Scar, fratello del Re. Tutto inizia con il personaggio allegorico del racconto, ovvero Rafiki, emblema per eccellenza della coscienza sociale e della saggezza. A piccoli passi, tra le intemperie di una tempesta, racconta alla piccola Kiara, figlia di Nala e Simba, la storia del Re dei Re, ovvero Mufasa, suo nonno.
Un giovane orfano, che resiste alle sconfinate complessità della vita, e della solitudine rimanendo sempre leale e fedele ai propri principi. Una famiglia trovata per caso, un fratello trovato per caso e la continua lotta per farsi accettare dal nuovo branco. Tutto questo forgia un coraggio autentico e ineguagliabile che farà da collante al suo unico destino: quello di occuparsi degli altri e prendersene cura.
Mufasa Il Re Leone: è un grido di coraggio
Il film affonda sulle tematiche più scabrose della società, l’abbandono emotivo e fisico da parte dei familiari e la conseguente solitudine e perdita dell’equilibrio. Ne ha parlato tanto Jenkis, soprattutto nel suo film Moonligh, dove Chiron è al centro di una dramma familiare reale e ordinario. Le periferie di Miami, le sue insidie e i vizi più ricorrenti che canalizzano e opprimono la società. La madre, è l’esempio lampante, una dipendenza dalle droghe e un continuo trascinarsi in un loop interminabile e cieco. Assuefatta solo dalle sostanze, non vede oltre il suo sguardo, trascurando e abbandonando il figlio, che proprio come Mufasa, troverà per caso una persona che gli stravolgerà la vita. Un pò come la storia dello stesso regista, che ha visto la luce solo attraverso il cinema:
chi viene da quelle zone non arriva a Roma seduto di fronte a tutti questi giornalisti parlando di un film di Lion King. Oppure lo fa, lo può fare. Credo che Mufasa per troppo tempo è stata questa cosa impossibile. Credevo che da bambino di non poter mai essere un re, pensavo “non potrò mai essere un leader”. Quando è uscito il primo trailer, su Instagram qualcuno ha detto “non posso credere sono un figlio adottato e non ho mai visto un film in cui un figlio adottato è stato il centro della storia. Questo è il tipo di complessità e penso che la nostra narrazione sia avvolta in questo senso. Ci sono grandissimi leader, questo grandissimo leader di re dei re che è venuto fuori essendo stato adottato, quindi anche voi pur se adottati potete essere dei grandi leader.
La storia di Mufasa è un grido al coraggio e alla forza di andare avanti, anche da soli trovando la strada più onesta e valorosa che ci sia. La stessa retorica affrontata anche nel primo, come ricorderete. Infatti Simba allontanato da casa con la crudeltà dell’insensibile zio, si ritroverà a percorrere una strada nuova che forgerà il coraggio di tornare a casa e riprendersi la sua valle, strappandole dalle grinfie di Scar e dei suoi alleati, le iene.
Insomma il tema anche se un pò diverso non è tanto lontano dal primo. Un viaggio simile, che sia Simba e Mufasa fanno per ritornare a casa, nel caso di Simba o ritrovare il proprio posto nel mondo come fa Mufasa. Svelata è l’amicizia tra Il Re e il saggio Rafiki, un’incontro nato dal destino per sposare un’ unica causa, quella di unire e salvare il popolo di Milele. La terra ambita, bramata che vede finalmente insorgere il leader che da sempre stavano aspettando.
Un piccolo randagio, solo e abbandonato a sé stesso che con coraggio conquista il suo posto nel branco capitanato da Obasi, padre di Taka. Fino ad arrivare ad essere un leader, amato e rispettato da tutta la sua valle. Una storia che probabilmente andava raccontata cosi che finalmente il grande cerchio della vita, fosse al completo e che il suo inizio avesse misteriosamente una fine.
Mufasa: il doppiaggio italiano lascia a desiderare…
Sui social, a pochi giorni dall’uscita del film, è nato un dibattito acceso riguardo alla categoria del doppiaggio italiano, quasi sempre edulcorato da gente che proviene dalla televisione e dal cinema. A far scalpore è stata la partecipazione di Elodie nel ruolo di Sarabi, che comunque anche nel reparto americano è interpretata da Tiffany Boone, un’attrice statunitense.
Lo stesso concetto allora vale, anche per Luca Marinelli, attore italiano che ha preso il posto onorario nei panni del grande Mufasa, interpretato nel film d’animazione del 1995 da Vittorio Gassman.
Sinceramente mi sono ispirato molto ai miei ricordi del Mufasa che conoscevo e mi ha anche emozionato tanto il fatto di poter fare la versione diciamo…giovane di quella che poi abbiamo visto 30 anni fa. Mi sono emozionato tantissimo. Di quello che mi ricordo, del Mufasa di Vittorio Gasman, grandissimo, perché se parliamo appunto dell’Olimpo, diciamo nel mio personale Olimpo, lui è tra le divinità che seguo e quindi sapere di poter fare, diciamo, la parte giovane di quel personaggio mi ha emozionato tantissimo, però di quello che abbiamo visto della sua grandissima interpretazione, di tutte le sue interpretazioni, di come passava dal drammatico al comico in una maniera meravigliosa. Quello è quello che ho tentato in una qualche maniera, sempre rimanendo aderente al lavoro che è stato fatto, di portare dentro, è quello che mi ha emozionato di più, di tutto il lavoro sul personaggio. -Luca Marinelli
Insomma un problema che però non è emerso nel primo live action dove a interpretare Simba è Marco Mengoni e Nala, Elisa. Nonostante le critiche, Elodie con grande sorpresa ci stupisce, interprtando con professionalità la leonessa Sarabi, tenendo testa agli altri colleghi doppiatori, Alberto Boubakar Malanchino che è Taka, Edoardo Stoppacciaro che è il giovane Rafiki, Dario Oppido voce del perfido Kiros e Riccardo Suarez Puertas che dà voce alla mitica interpretazione del buffo e ironico Zazu.
Mai avrei immaginato di fare tutte le cose incredibili, le opportunità che sono capitate in questa carriera assurda. Quindi, meglio di una leonessa non potevo proprio chiedere. Veramente è stupendo. Spero di essere stata all’altezza. Ecco, questo è complesso e non è il mio mestiere. Per fortuna avevo Fiamma al mio fianco che è stata paziente. Siamo diventati anche grandi amiche, quindi la bellezza poi di lavorare e incontrare nuove persone, quindi sono felicissima in questo momento della mia vita anche di aver dato la voce a Sarabi. -Elodie
L’ unico a rimanere sottotono è proprio Luca Marinelli, che nonostante la bravura sul set con interpretazione di personaggi iconici, non riesce a gestire la voce al doppiaggio. Lasciando ad ogni chiusura di dialogo una leggera aspirazione e una lettura quasi espressiva, che non si sposa perfettamente con il personaggio e le svariate situazioni. Tutto un pò monotono, rendendo piatto un personaggio così energico e pieno di sfumature.
Mufasa: una storia simile alla prima che eclissa di nuovo l’antagonista
La realizzazione in CGI lascia sempre di stucco, e non delude mai. Le tematiche sociali che vi sono affrontate sono quasi simile al primo film, dove lo stesso Simba diventa un piccolo randagio a causa della perfidia di suo Zio Scar. Un’antagonista che ritorna anche in Mufasa, con una propria storia, raccontata un pò frettolosamente, concentrandosi solo sulla parte iniziale e non sul cambiamento emotivo del personaggio, arrivando poi a diventare “Scar”.
Una storia che sicuramente, sarebbe più interessante della solita favola buonista del personaggio buono. Un pò come fa Todd Phillips ne il Joker trasformano il personaggio dei fumetti e dandogli uno sfondo sociale e psicologico tutto suo, diventando emblema di una nuova maschera forgiata dalla collettività e osannata al mito della rivoluzione.
Scar, inizialmente aveva tutto, ma poi gli viene strappato da una nuova figura, più coraggiosa e valorosa di lui, che si insidia nella sua vita togliendogli pian piano ogni cosa. Una trasfigurazione sociale e psicologica che è raccontata alla rinfusa e quasi sempre con una presa di posizione velata nei confronti del perfetto e buono Mufasa. Il grande Re, che con coraggio difende tutti e conquista consenso tramite la sua valorosa saggezza. Una caricatura quasi perfetta e inesistente, che mette in ombra invece le imperfezioni della vita, come la paura, la mancanza di coraggio e a volte la codardia. Travasate nel personaggio di Scar come elemento malvagio e imperfetto.
Visto con occhi diversi il film sembra quasi sempre prediligere sul piano un’eterna lotta tra bene e male, identificando atteggiamenti umani come elementi giusti e meno giusti di “essere”. Questo eterno ritorno dell’individuo perfetto e socialmente giusto, che ha forgiato la società e le esigenze capitaliste e politiche. Scar è l’eccezione della regola, che reagisce a suo modo alle condizioni di vita imposte, diventando un reietto e un’emarginato.
Io sono molto fan della Disney, Disney-Pixar, ho visto praticamente, credo, tutto. Io sono sempre stata molto innamorata degli antagonisti devo dire. Ursula tra le mie preferite. Perché credo che abbiano una bella tridimensionalità i cattivi perché poi come diventano cattivi è interessante quindi in realtà per assurdo io mi sono sempre molto innamorata dei reietti, di quelli che nessuno voleva. Avrei voluto abbracciarli, quindi scoprire perché. -Elodie
Una posizione che viene messa in ombra, dalle sue “cattive intenzioni” o dalla continua incapacità che Mufasa tende sempre a rendere evidente soprattutto quando cede il suo aiuto per conquistare Sarabi e quando difende costantemente la sua codardia. Rendendo commiserevole il suo personaggio, incapace e codardo di fronte alle difficoltà della vita.
Un ‘ apprensione che sicuramente non aiuta il personaggio a cambiare, ma anzi lo esorta a fare quello che fa nel film. Un peccato poiché vi si potevano svelare tante sfumature umane e sociali dietro questo personaggio tridimensionale che viene eclissato in maniera superficiale e innegabile.
Mufasa Il Re Leone: il cerchio della vita, l’eterno divario tra vita e morte
Alla base vi ritroviamo l’eterno divario tra la vita e la morte, che sembra apparire un passaggio fondamentale per ritornare alla materia originale. Un pensiero eterico e poetico che converge nella grande mistero della vita. Un cerchio che vede un’ inizio e una fine, divenendo artefici di storie e racconti unici e indimenticabili. Questa riflessione emozionante e drammatica è il nucleo principale del Re Leone che appare in maniera più dirompete e più suggestiva nel primo live action.
Mufasa perde un pò di quella drammaticità e della potenza emotiva delle scene. Rimanendo il più delle volte troppo piatto e freddo. Le canzoni che di solito fanno da cornice al magnifico spettacolo naturale, si dimezzano rispetto al primo, e al livello di composizione sembrano un copia e incolla delle precedenti. Il ritmo è buono, nonostante i pochi effetti sorpresa e la continuità piatta del racconto. A regalare qualche sorriso sono i personaggi allegorici di Timon e Pumbaa, doppiati da Edoardo Leo e Stefano Fresi. Che a colpi di sferrate battute ironiche e buffe, rinfrescano il quadro narrativo di flashback.
Insomma, nulla di emozionante e di straordinario. Un live action piacevole e tecnicamente sufficiente, che ripropone l’ennesima storia di personaggi perfetti e ineguagliabili. Il solito proposito Disney, che rispolvera i suoi personaggi migliori dando vita alla favoletta sociale esemplare, conclusa dal rigoroso lieto fine.