Un pò tempo fa ti avevo parlato di Mister Wonderland, il documentario che si è aggiudicato il premio alla distribuzione Il Cinemino al 60° Festival dei popoli, scritto da Luca Peretti e diretto da Valerio Ciriaci che ci racconta la storia di Silvestro Zefferino Poli, un umile artigiano emigrato da Bolognana, un piccolo paese del comune di Gallicano in Garfagnana (Lucca), che ha conquistato l’America diventando il più grande proprietario di sale cinematografiche del suo tempo.
Non appena sono venuta a conoscenza di un personaggio così interessante che proviene dalla mia terra, non ho esitato a chiedere di poter vedere il documentario il quale mi ha lasciato letteralmente incantata, riuscendo a trasportarmi in un viaggio incredibile e magico che mi ha raccontato la storia di un uomo coraggioso e intraprendente, il quale ha fatto del suo talento immaginifico la base del suo successo.
Mister Wonderland
Nato il 31 dicembre del 1858, dal santo di questo giorno viene il primo nome, Silvestro Zefferino Poli vive con la sua famiglia a Bolognana in condizione di povertà. Suo padre era un contadino e sua madre vendeva ciaccine per le strade, lavoro che per il piccolo Zefferino sarà il primo della sua vita, ma che aiuterà la famiglia a tirare avanti. Quando i Poli si trasferiscono a Coreglia, il piccolo Silvestro impara il mestiere del figurinaio realizzando statuette votive in gesso e cera, impiego che gli permetterà di recarsi a Parigi e trovare lavoro presso un museo delle cere, mostrando grande abilità nella scultura.
Dopo essere rientrato in patria per il servizio militare, il diciannovenne Zefferino emigra negli USA dove inizia la sua carriera vendendo per le vie di New York statuine di santi e gatti prodotte da lui stesso durante la notte.
Fu la moglie, la genovese Rosa Leveroni, a convincere il marito a eseguire anche altri soggetti, così Zefferino iniziò con il creare riproduzioni di personalità famose; il gran successo che ne derivò spinse i coniugi a cercare un posto dove potessero esporre le creazioni, fino alla prima società instaurata nel 1888 e con cui i Poli aprirono numerosi altri musei e teatri, uno persino a Toronto in Canada.
Nel 1892 la famiglia Poli si trasferisce a New Haven, in cerca di un luogo più tranquillo dove crescere i propri figli, e dove Zefferino apre il Poli Eden Musee, ma ha un ulteriore idea: vuole costruire teatri in cui le persone di ogni classe sociale possano divertirsi immersi in un’atmosfera lussuosa.
Così costruisce il Poli’s Wonderland Theatre nel 1893, dove vanno in scena spettacoli di vaudeville per tutta la giornata.
Fino al 1926 Zefferino Poli continuò a costruire teatri diventando il più grande imprenditore del mondo dello spettacolo di quel periodo con ben trenta teatri distribuiti in vari stati.
Dopo la morte del figlio Edward nei primi anni ’20, Poli vende tutto il suo impero alla Fox Company che ha intenzione di trasformare i suoi teatri in sale cinematografiche, progetto che viene interrotto dalla crisi del ’29 e, temendo che i suoi teatri potessero cadere in rovina, Poli riacquista tutta la catena. Nel 1934 Zefferino vende tutto alla Loew’s e si godrà gli ultimi anni di vita tornando a coltivare la passione per l’arte del figurinaio.
Silvestro Zefferino Poli muore nella sua Villa Rosa a New Haven il 31 maggio 1937 a 78 anni; i suoi teatri verranno con il tempo quasi tutti demoliti e l’ultima insegna con il nome Poli’s si spenge nel 1976.
Un emozionante viaggio nel passato
Un nipote con quaranta anni di esperienza nell’edilizia che scopre casualmente in un ripostiglio della casa dei genitori appena deceduti alcuni particolari oggetti è l’inizio di questo documentario, una forte curiosità che spinge l’erede a cercare di conoscere quel personaggio ritratto in un busto e nelle numerose foto e che sembra aver vissuto una vita quasi straordinaria.
Dagli USA inizia questo viaggio che, attraverso un percorso che inizia nella verde Garfagnana un tempo terra povera che ha spinto molti ad emigrare, ci porta a conoscere un uomo che, nonostante abbia raggiunto il successo e la ricchezza, ha saputo mantenere un cenno di riguardo verso le classi povere regalando loro qualche attimo di rilassatezza e spensieratezza grazie ai suoi spettacoli teatrali, che ha avuto a che fare con celebrità del calibro di Charlie Chaplin ma che non ha dimenticato le sue umili origini. Origini che noi andiamo a ripercorrere attraverso le parole dei nipoti, attraverso la visione di quelli che erano i luoghi di Zefferino e attraverso i racconti tramandati da nonni e zie.
Ci vengono aperte le porte dell’antico teatro ormai abbandonato ma che conserva quel fascino particolare che solo una costruzione vetusta ma maestosa riesce a regalarci, tra quei tendaggi e quei lampadari pieni di cristalli ci sembra di sentire risuonare le risate e il vociare della gente, ricordi polverosi di un’epoca ormai così lontana.
Mister Wonderland ci dà anche l’occasione di dare un’occhiata a quello che era l’emigrazione, a cosa ci saremmo trovati davanti una volta giunti in America e gli stereotipi che accompagnavano l’emigrante italiano, ma soprattutto ci ricorda quali erano le condizioni che hanno costretto un gran numero di persone a trovare un altro luogo dove poter vivere e sperare nel futuro, scappando da una situazione che non avrebbe permesso nemmeno di sopravvivere.
Un documentario che è un tributo meritato a Zefferino Poli, un uomo coraggioso, intraprendente e letteralmente che “si è fatto da sè” costruendo con le sue forze un impero e vivendo in pieno il “sogno americano”, un percorso emozionante ed emotivo grazie anche ai vari cimeli che ci vengono mostrati e che ci fanno apprezzare ancor di più la genialità di un’artista italiano che ha esportato il suo sapere e ha conquistato gli USA.
Inoltre Mister Wonderland ci permette di dare uno sguardo approfondito nella società rurale e cittadina dell’epoca attraverso il racconto della vita di Zefferino e, attraverso di lui, di quei tanti che sono emigrati in cerca di fortuna, anche se non tutti possono purtroppo dire di avercela fatta, un viaggio nel tempo che ci ricorda quello che siamo stati anche noi ma che alcuni oggi si sono dimenticati.