Massimo Troisi ha indubbiamente lasciato un vuoto incolmabile…se solo il destino fosse stato meno beffardo. Celebriamo la sua carriera e l’inestimabile eredità artistica che ha lasciato
Massimo Troisi: le origini
Nato il 19 febbraio 1953 a San Giorgio a Cremano, è cresciuto in una famiglia numerosa, con i suoi genitori, cinque fratelli, due nonni, gli zii ed i loro cinque figli! Ancora studente, comincia ad interessarsi al teatro frequentando assiduamente il Centro Teatro Spazio di San Giorgio a Cremano, dove intreccia una profonda amicizia con Enzo Decaro e Lello Arena con cui fonda il trio de I Saraceni e, in seguito, il gruppo cabarettistico de La Smorfia col quale porta il suo vivace napoletano e la sua creatività ovunque, superando i confini del linguaggio.
Il 4 giugno 1994, appena dodici ore dopo la conclusione delle riprese del suo più impegnativo film, quel capolavoro immortale che è Il Postino, Massimo Troisi si appisolò esausto ed affaticato, in quel momento della giornata che nel meridione chiamiamo ‘la controra’ e, lentamente, scivolò via passando dal sonno alla morte. Era ad Ostia, ospite della sorella Annamaria e aveva soltanto 41 anni.
Massimo aveva già subito un’operazione al cuore negli Stati Uniti, agli albori della sua carriera. A San Giorgio a Cremano era stata organizzata, a questo scopo, una colletta a cui aveva partecipato tutta la cittadinanza, ma aveva il cuore tanto grande quanto fragile e lo smisurato amore per il cinema gli fece sottovalutare la necessità di ricorrere ad un altro intervento. ‘Voglio fare questo film con il mio cuore‘ ribatteva a chi lo invitava a rimandare le riprese per sottoporsi al trapianto.
Sempre numerose le manifestazioni di stima e affetto nei confronti di Massimo. Gianni Minà, il giornalista con l’agendina più invidiata del mondo, dichiarò: ‘La gente, la stampa, le TV, stavolta hanno capito che non è morto solo un attore, ma un testimone del nostro tempo‘.
Enzo Decaro, amico storico e componente del trio comico La Smorfia con Massimo e Lello Arena, ha dichiarato: ‘Per tanti aspetti era un rivoluzionario, solo che esprimeva il suo punto di vista in modalità assolutamente personale. Toccava temi importanti alleggerendoli con la genialità di una battuta…E quanto sarebbe necessario, un punto di vista centrato, in tempi così confusi e contraddittori, non servono troppe parole per dirlo. Massimo era un portatore sano di pensiero critico. Aver avuto la fortuna di condividerlo è l’eredità che io e Lello ci portiamo dentro‘.
Roberto Benigni, amico prima che collega, gli dedicò una splendida poesia che non potrebbe descriverlo meglio.
Non so cosa teneva dint’a capa; intelligente, generoso, scaltro, per lui non vale il detto che è del Papa,
morto un Troisi non se ne fa un altro.
Morto Troisi muore la segreta
arte di quella dolce tarantella,
ciò che Moravia disse del Poeta
io lo ridico per un Pulcinella.
La gioia di bagnarsi in quel diluvio
di jamm, o’ saccio, ‘naggia, oilloc, azz!;
era come parlare col Vesuvio, era come ascoltare del buon Jazz.
“Non si capisce”, urlavano sicuri,
“questo Troisi se ne resti al Sud!”
Adesso lo capiscono i canguri,
gli Indiani e i miliardari di Hollywood!
Con lui ho capito tutta la bellezza
di Napoli, la gente, il suo destino,
e non m’ha mai parlato della pizza,
e non m’ha mai suonato il mandolino.
O Massimino io ti tengo in serbo
fra ciò che il mondo dona di più caro,
ha fatto più miracoli il tuo verbo
di quello dell’amato San Gennaro.
Nato il 19 febbraio del 1953, si era fatto le ossa in teatro ispirato dall’Edipo Re di Pasolini. Degno erede di Eduardo eppure simile a nessuno, unico nelle sue interpretazioni, geniale nelle sue valutazioni e nelle scene, sincero ed onesto con quelle eloquenti frasi sospese e le battute diventate citazioni parte del nostro vissuto quotidiano, Massimo è l’anti eroe, un uomo normale.
Ha raccontato le storie di tanti, le storie di tutti, di una dolente e brillante napoletanità che respingeva con forza banalità e luoghi comuni prendendo parte, con Pino Daniele, alla rivoluzione culturale che attraversò Napoli dalle pendici del Vesuvio alle scogliere lambite del mare, passando per il cuore pulsante dei quartieri.
Il successo cinematografico giunge con il suo film d’esordio Ricomincio da tre, la storia di un giovane napoletano che, contrariamente allo stereotipo secondo cui chi lasciava il meridione lo faceva esclusivamente per emigrare, decide di trascorrere un periodo a Firenze dalla zia e finisce per innamorarsi di una donna (Fiorenza Marchegiani) che lavora in un istituto d’igiene mentale. Il brillante film gli vale ben due David di Donatello, come Miglior attore protagonista e Miglior film.
Ironicamente, nel 1982 produce con l’allora partner Anna Pavignano e Lello Arena Morto Troisi, Viva Troisi: un reportage che simulava la morte di Massimo con tanto di funerale, commemorazione ed interviste biografiche ad amici e colleghi autorevoli. Nello stesso anno, diretto da Lodovico Gasparini, recita nella commedia No grazie, il caffè mi rende nervoso.
Un anno dopo realizza ed interpreta Scusate il ritardo il cui titolo è un velato riferimento al tempo trascorso tra questo lavoro e il suo primo film. Nella pellicola racconta la storia di Vincenzo, un giovane inoccupato che vive all’ombra del fratello e cerca di supportare e sopportare l’amico d’infanzia Tonino (Lello Arena), eterno ed inguaribile pessimista e vittimista. Si innamora della bella Anna (Giuliana De Sio), che spera dia una ventata d’aria fresca alla sua vita.
Nel 1984 intraprende un viaggio professionale e cinematografico in Non ci resta che piangere, accanto a Roberto Benigni con cui stringe un sodalizio artistico e personale. In un viaggio nel tempo nella Firenze medicea, i due attori incontrano personaggi storici e scoprono quanto sia difficile improvvisarsi abitanti di quell’epoca.
Il suo film che preferisco in assoluto (premettendo che li adoro tutti e che conosco parecchie scene a memoria) è Le vie del Signore sono finite con la cui sceneggiatura, Massimo vince un Nastro d’Argento. La storia, ambientata in epoca fascista, racconta di Camillo, un barbiere di Acquasalubre che soffre di una paresi alle gambe di origine psicosomatica, probabilmente dovuta alla fine dell’amore con Vittoria (Jo Champa), una ragazza di origine francese con cui è stato fidanzato. Vittima del regime fascista e di una serie di disavventure sentimentali, Camillo arriva fino a Parigi per poter stare con Vittoria e la pellicola si conclude sulle note della romantica Qualcosa arriverà di Pino Daniele.
Nel 1987 viene diretto da Cinzia TH Torrini in Hotel Colonial ed Ettore Scola lo vuole al fianco di Marcello Mastroianni in Che ora è? per cui Massimo vince la Coppa Volpi, Splendor e Il viaggio di Capitan Fracassa in cui veste i panni della maschera di Pulcinella.
Con Pensavo fosse amore…invece era un calesse Massimo Troisi realizza una commedia sentimentale scrivendone la sceneggiatura con la sua ex compagna, ma ancora collega Anna Pavignano e recitando con la bellissima Francesca Neri. Per il film, Pino Daniele compone la magnifica Quando e musica una poesia scritta dallo stesso Massimo O ssaje comme fa ‘o core. Intervistato sul senso del titolo (divenuto poi un modo di dire comune) Massimo disse: ‘Perché calesse?… per spiegare al meglio la delusione di un qualcosa le cui aspettative non sono state mantenute, poteva essere usato un qualsiasi altro oggetto, una sedia o un tavolo, che si contrappone come oggetto materiale all’amore spirituale che non c’è più. Mi piaceva e poi si possono trovare tante cose con il calesse: si va piano, si va in uno, si va in due, ci sta pure il cavallo…Quando non è più amore ma «calesse», bisogna avere il coraggio della fine, piano piano, con dolcezza, senza fare male…ci vuole lo stesso impegno e la stessa intensità dell’inizio. Le storie d’amore non mancano mai nei film, quindi farne un’altra mi sembrava una cosa né stupida, né eccezionale ma raccontata in questi termini mi incuriosiva‘.
Il suo indiscusso capolavoro, è indubbiamente Il Postino per il quale Massimo Troisi ha dato assolutamente tutto. Ispirato al romanzo Il postino di Neruda di Antonio Skàrmeta, racconta la storia di Mario Ruoppolo, figlio di pescatori che vive su un’isola nel sud Italia (verosimilmente Salina), luogo di asilo politico al poeta cileno Pablo Neruda (Philippe Noiret). Assunto in qualità di postino esclusivo di Neruda, dato che tutto il resto della popolazione è analfabeta e non riceve n’è invia corrispondenza, Mario rimane sempre più affascinato da lui, tanto da comprare un suo libro di poesie che si fa autografare.
Determinato a conquistare Beatrice (Mariagrazia Cucinotta) nipote della proprietaria dell’osteria locale, Mario si fa insegnare l’arte della conquista e della poesia da Neruda e riesce a farla innamorare.
Il film ha ottenuto 5 candidature agli Oscar 1996, quella come Miglior Film, Miglior Attore Protagonista, Miglior Regia, Miglior Sceneggiatura non originale e Miglior Colonna Sonora Drammatica. E anche se a conquistare la statuetta fu soltanto Bacalov per le meravigliose musiche, la performance recitativa di Massimo è entrata nell’olimpo cinematografico.
A San Giorgio a Cremano, oltre ad un monumento in onore di Massimo Troisi presso il cimitero locale, è stata allestita all’interno dell’antica Villa Bruno, cornice del prestigioso “Premio Massimo Troisi” una mostra permanente di tutti gli oggetti ed il mobilio appartenuti a Massimo. La casa-museo chiamata infatti A Casa di Massimo Troisi, è gestita e amorevolmente curata dal fratello Luigi Troisi presidente dell’omonima associazione, noto regista ed attore di teatro ed è liberamente visitabile. Qui tutte le info sugli orari d’apertura e gli eventi organizzati dall’associazione che, tra l’altro, si occupa della promozione e della libera espressione di talenti artistici di ogni tipo. Oltre ai copioni originali dei film, al mitico divano dell’intervista di Minà all’attore a seguito della vittoria dello scudetto del Napoli e alla bicicletta del film Il Postino, la chitarra su cui Pino Daniele creò Quando e diversi strumenti musicali che Massimo collezionava per far suonare gli amici e non per sé dal momento che non sapeva suonarne neanche uno. Invito ad andare a visitarla, perché non si tratta di una mera mostra, ma di una magnifica esperienza e si percepisce la presenza di Massimo.