“La paura più grande dell’uomo è pronta a tornare!”
Davide Melini è noto come uno dei registi emergenti del panorama europeo. Dopo aver collaborato con Dario Argento (recente e meritato David di Donatello, dopo che la manifestazione lo ha ingiustamente ignorato per decenni, come con arguzia non ha mancato di far notare sul palco) in qualità di assistente alla regia per La Terza Madre è stato anche uno degli aiuto-registi della serie Penny Dreadful (“uno dei due stranieri e l’unico italiano” ci tiene a sottolineare). Emigrato in Spagna nel 2007, nel 2008 gira il cortometraggio The Puzzle che ambienta nella propria casa: pur durando meno di 5 minuti, nel film il quotidiano diventa incubo e la tensione avvince lo spettatore. Nel 2010 arriva il riuscitissimo The Sweet Hand of the White Rose, in cui il regista prende spunto dalla realtà, affrontando il tema degli incidenti automobilistici mortali,da una doppia prospettiva insolita e decisamente inquietante. Nel 2016 è la volta di Lion, che riscuote premi in Italia e all’estero, entrando nella rosa dei candidati per il miglior cortometraggio ai David di Donatello 2018. Il corto estorce alla critica superlativi assoluti e paragoni ingombranti per Melini, con maestri del brivido quali Dario Argento, Mario Bava e Alfred Hitchcock. Qui sotto il trailer.
Lion
Uno chalet di montagna, isolato in mezzo ad una tormenta di neve. Il piccolo Leon (Pedro Sanchez) di 8 anni è continuamente picchiato dal padre alcolizzato Jeff (Michael Segal) e ignorato dalla madre Amanda (Tania Mercader), giovane donna anaffettiva. Una notte però, in aiuto di Leon arriva qualcosa di incredibile e inaspettato che, seppur bestiale, cambierà le carte in tavola per sempre.
Il regista ci trasporta in un ambiente claustrofobico, privo di ogni via di fuga. Davide Melini dirige la storia con mano sicura, mostrando di padroneggiare gli elementi tipici del cinema horror dal punto di vista tecnico, insistendo su intensi primi piani e compiacendosi anche di qualche citazione (la famosa scena della doccia di Psyco scorre sullo schermo del televisore davanti al quale il padre passa la notte).Gli attori sono perfettamente in parte:Michael Segal è perfetto nell’incarnare il prototipo dell’uomo violento (il ruolo, come ammette il regista è stato pensato per lui),Tania Mercader convincente nel ruolo di donna sottomessa e insoddisfatta, il giovanissimo Pedro Sanchez stupisce. La trama è (volutamente?) prevedibile, la colonna sonora eccellente, il monito finale una firma riconoscibile. Nel suo moralismo condanna chi usa violenza,senza appello o redenzione neanche per chi col suo silenzio la avalla. Lion rappresenta un inno alla salvaguardia di ogni bambino costretto a subire violenza domestica.
Voto: 7 su 10.