Sylvester Stallone alla conquista di Hollywood con la storia della rivincita di un umile pugile,che sa amare
Rocky (id.)
Regia: John G. Avildsen; soggetto e sceneggiatura: Sylvester Stallone; fotografia (Eastmancolor): James Crabe;scenografia: Bill Cassidy; colonna sonora: Frank Stallone Jr.; canzone: Gonna Fly Now di Bill Conti; montaggio: Richard Halsey; interpreti: Sylvester Stallone (Rocky Balboa), Talia Shire (Adriana), Burt Young (Paulie), Burgess Meredith (Mickey), Carl Weathers (Apollo Creed), Joe Spinell(Gazzo); produzione: Irwin Winkler e Robert Chartoff per United Artists; origine: USA – 1976; durata: 119′
Trama
Filadelfia, 1975. Rocky Balboa (Stallone), americano di origini italiane tutto muscoli e pugile dilettante, sbarca il lunario come gorilla per un modesto gangster del quartiere. La sua è una vita monotona, senza grandi ambizioni, ma un giorno incontra Adriana Pennino,sorella del suo migliore amico Paulie e inizia a interessarsi a lei. La ragazza accetta di uscire con lui, però è seria e non è disposta a corrispondere i suoi sentimenti, a meno che il trentenne Rocky non trovi un lavoro onesto. Nel frattempo il campione del mondo dei pesi massimi Apollo Creed giunge a Filadelfia per un incontro che celebri il bicentenario della Dichiarazione d’Indipendenza, in cui metterà in palio il titolo. Il suo avversario designato si infortuna ma Apollo decide di disputare comunque un confronto con un pugile della zona. La scelta cade proprio su Rocky, detto lo”Stallone Italiano”. Avuta la notizia, Rocky riceve una visita da Mickey, proprietario della palestra dove si allena. L’anziano coach ritiene che Rocky abbia le carte in regola per battersi, a patto che cambi stile di vita. I due discutono animatamente, ma alla fine Rocky si convince che questa potrebbe essere un’occasione di riscatto dalla mediocrità e chiede al vecchio di fargli da manager e prepararlo in vista del match. Dopo un duro allenamento, Rocky si presenta al grande giorno in perfetta forma. Apollo, vestito da zio Sam, entra tra le ovazioni del pubblico col suo stile teatrale e sale sul ring, pronto un combattimento breve, da poche riprese. Nulla di più sbagliato: Rocky resta in piedi nonostante i colpi del campione che lo martella e quando cade al tappeto è pronto a rialzarsi. Nell’ultima e drammatica ripresa sferra la sua offensiva con una serie di sinistri impressionante e costringe l’avversario alle corde e poi a terra,prima del gong. L’incontro finisce alla pari e Apollo conserva il titolo ma Rocky, contro tutte le previsioni della vigilia, è acclamato come eroe popolare dagli spettatori in delirio, che scandiscono a gran voce il suo nome. Scosta i giornalisti che gli si affollano intorno e abbraccia Adriana: i due si dichiarano il proprio amore tra la folla.
Un macho alla ricerca di un’opportunità
Sylvester Stallone è un attore che vivacchia ai margini dell’industria cinematografica. Nella vita ha provato di tutto, financo il cinema porno, per guadagnarsi da vivere e inseguire un sogno chiamato Cinema. Ha avuto esperienze da comprimario, una come teppista che malmena Woody Allen in metropolitana ne Il dittatore dello stato libero di Bananas del regista newyorkese. La madre, cartomante per diletto, gli ha predetto che il successo arriverà con la sceneggiatura, più che con la recitazione. Il giovane si mette d’impegno e, in meno di quattro giorni, sforna il copione di Rocky, un suo alter-ego. La storia piace e gli studi hollywoodiani gli propongono di farla interpretare ad attori sulla cresta dell’onda come Ryan O’Neal, ma Stallone è irremovibile: cederà il copione a chi potrà garantirgli un ruolo da protagonista. Gli unici che accettano questa condizione sono due produttori indipendenti, Irwin Winkler e Robert Chartoff, che raccolgono poco più di un milione di dollari, ipotecando le proprie case. Ingaggiano per pochi spiccioli un regista, John G. Avildsen, mentre Stallone percepirà 23.000 dollari più una percentuale sugli incassi. Nessuno pensa di potersi arricchire, ma la favola del pugile venuto dai bassifondi avvince gli spettatori, in cerca di un sogno in quei cupi anni ’70, superando i 200 milioni di dollari al botteghino. Come il suo autore, Rocky non sarà un intellettuale ma ha un cuore e un’anima puri (con una forzatura potremmo dire che è una variazione sul tema di Cenerentola) degni di quei film alla Frank Capra che tutti abbiamo amato. Grazie a queste qualità Rocky conquista il Golden Globe come miglior film drammatico e si presenta al Dorothy Chandler Pavilion con 10 nomination all’Oscar.
Il Commento del Redattore
Rocky ha antagonisti di livello nella cinquina dei candidati a miglior film. Quinto Potere di Sidney Lumet, parabola discendente di un annunciatore televisivo che diventa guru per poi morire in diretta, vince 4 Oscar su 10 nomination: per l’attore protagonista Peter Finch – stroncato da un infarto pochi giorni prima: è il primo Oscar postumo della storia – per l’attrice protagonista Faye Dunaway, detestabile donna in carriera priva di scrupoli, per l’attrice non protagonista Beatrice Straight e per la sceneggiatura del veterano Paddy Chayefsky (è il terzo Oscar della carriera per lui). Il secondo degli antagonisti è lo splendido e disturbante Taxi Driver, capolavoro notturno di Martin Scorsese neanche considerato per la regia, di gran lunga il miglior film dell’anno, che non vince niente pur candidando il camaleontico protagonista Robert De Niro e l’attrice bambina Jodie Foster. Il terzo avversario è il celeberrimo Tutti gli uomini del presidente di Alan J. Pakula che racconta lo scandalo Watergate e l’inchiesta che lo ha svelato, condotta dalla coppia di reporter del Washington Post, composta da Bob Woodward – Robert Redford e Carl Bernstein – Dustin Hoffman. Riceve 4 Oscar, per l’attore non protagonista Jason Robards, per la scenografia, il suono e l’adattamento del libro da cui è tratto, scritto da William Goldman. Dal canto suo Rocky cinge l’alloro di miglior film dell’anno, vincendo anche per la regia e il montaggio. Stallone viene trascinato sul palco dai produttori (gli sono sfuggiti il premio alla sceneggiatura e quello per l’interprete maschile) e dedica la statuetta a “tutti i Rocky del mondo”. Sono quelle persone che solo grazie alle proprie forze ottengono il riscatto sociale e il successo (in alto il filmato originale della premiazione) a dispetto delle difficoltà e dello scetticismo altrui. Il film avrà 5 seguiti e 2 spin-off sul figlio di Apollo Creed, allenato da Rocky: per il primo di questi Stallone riceverà il Golden Globe come miglior attore non protagonista, a tutt’oggi l’unico premio vinto in una carriera che non doveva neanche cominciare e invece lo ha reso interprete per eccellenza di film d’azione (come dimenticare la saga di Rambo) e d’avventura. “Rocky… è una parabola consolatoria sul self-made man proletario, tutto muscoli e sudore, abituato alla violenza ma bisognoso d’affetto. Spettacolare e traboccante di sentimenti contrastanti, trae forza tanto dall’interpretazione di Stallone, quanto dallo stile classico del regista”(Paolo Mereghetti).
Voto 7,5 su 10
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