Dario Argento, Mario Bava, Lucio Fulci, solo tre dei grandi registi horror che, se in Italia sono stati snobbati, sono autentici registi di culto all’estero. Ma oggi a che punto è l’horror made in Italy?
Se negli anni ’60 Sergio Leone ha ridato nuova vita a un genere, il western, che stava languendo oltreoceano, negli anni ’70 sono stati Dario Argento, Mario Bava e negli anni ’80 Lucio Fulci gli araldi di un altro tipo di film di genere, ossia l’horror, poco apprezzato da noi, ma amato in tutto il resto del mondo.
Perché il cinema di genere non è mai stato amato in Italia è un mistero. Verrebbe da pensare che il livello della nostra cinematografia è talmente alto da rendere western e horror mero ciarpame inguardabile. Effettivamente abbiamo avuto registi come Rossellini, De Sica (Vittorio, ovviamente), Visconti, Lattuada, Antonioni, Fellini, per citare i più noti fra i neorealisti, che stanno ai primissimi posti fra i più grandi registi di tutti i tempi. Dal canto suo, la commedia all’italiana vanta nomi come Monicelli, Comencini, Risi, Ferreri ecc. Anche il cinema politico degli anni ’60 e ’70 presenta nomi illustri: Rosi, Sollima, Damiani, Pontecorvo, Montaldo, Petri e, per ultimo, ma non certo per importanza, Pier Paolo Pasolini, probabilmente l’intellettuale più lucido del novecento. Però, di fronte a cotanti nomi, i film che da noi riscuotono il più grande successo sono francamente sconfortanti: Vanzina, De Sica (Christian, stavolta), Parenti, Zalone. Quindi il mistero della scarsa fortuna dei film di genere italiani è destinato a rimanere un mistero.
Ma c’è qualcuno che sta cercando di far rinascere l’horror italiano?
Ebbene sì, recentemente Alessio Liguori, non ancora quarantenne, col suo In the Trap nutre solide ambizioni di rinverdire la tradizione horror italiana. Intanto, è un film realizzato in inglese, come pure lo erano i film di Sergio Leone, segno evidente che il film mira al mercato internazionale. Infatti la True Colors, società di vendite internazionali di Cannes, ha piazzato il film negli Stati Uniti, Canada, Russia, ma anche sul mercato orientale, in Corea e a Taiwan. “I nuovi autori lottano per una riforma del cinema italiano in chiave internazionale. Con la nuova legge che incentiva le co-produzioni in Europa, grazie alla regolamentazione sul tax credit, forse il momento è arrivato. Oltre all’avvento di Netflix, la forza del cinema di genere è quella di unire i registi, in garage o diretta streaming, per raccontarsi storie e fare quel che amano” dice Liguori.
Il cast è in gran parte inglese: David Bailie, Robert Nairne, Jamie Paul, Delena Kidd, più l’italiana Paola Bontempi. È la storia di un correttore di bozze, imprigionato da due anni in casa sua da un’entità demoniaca. Questa versione italiana dell’Esorcista, che in realtà ricorda vagamente anche Secret Window, è ambientata nel Devon ma, siccome gran parte del film si svolge in interni, è stato girato negli studi della Film Commission di Latina, mentre gli esterni sono girati a Sabaudia.
Il giovane regista è molto ottimista sul suo lavoro e sullo stato del cinema italiano: “Abbiamo regalato il nostro patrimonio cinematografico al mondo. In Italia però c’è un risveglio. E parecchia voglia di fare“. E non ci si può che augurare che abbia ragione.