Napoli, oggi. Antonio Barracano (Francesco Di Leva) detta legge nel Rione Sanità: in un luogo dove lo Stato non c’è o non arriva sistema le questioni e risolve problemi. Gli “ignoranti” che non hanno santi in paradiso si rivolgono a lui per dirimere le proprie dispute senza turbare l’ordine che regna nel quartiere o per ottenere una buona parola. Barracano amministra la giustizia, dalla propria Villa vesuviana alle strade partenopee e per questo è soprannominato “O’ Sindaco”. Si presta volentieri anche a fare da mediatore, forte della sua reputazione e del timore che sa incutere persino nei malviventi più incalliti del rione Sanità. Uno dopo l’altro gli si presentano due guappi che hanno ingaggiato una sparatoria, il Sindaco li punisce entrambi perchè il fatto è avvenuto senza il suo permesso. Gli si presenta poi l’usuraio Pasquale O’ Nasone (Gennaro Di Colandrea) che viene convinto a estinguere la cambiale a lui dovuta da Vincenzo detto O’ Cuozzo, un pesce piccolo che lo ringrazia devotamente. Viene poi ammesso alla sua presenza un giovane, Rafiluccio Santaniello (Salvatore Presutto),insieme con la compagna Rituccia (Lucienne Perreca). I due sono poverissimi, ma dignitosi nella loro condizione. Don Antonio interrompe il colloquio perchè sua moglie Armida (Daniela Ioia), morsa durante la notte da uno dei cani da guardia, è tornata dall’ospedale. La donna vorrebbe che l’animale fosse abbattuto, ma Barracano lo assolve, spiegandole come uscire di casa furtivamente nel cuore della notte fosse pericoloso: il cane non aveva fatto che il proprio dovere. In un primo momento Barracano vorrebbe congedare il giovane per occuparsi della moglie, ma decide di ascoltarlo quando egli confida il suo proposito di uccidere il padre. Rafiluccio è figlio del ricco panettiere Arturo Santaniello (Massimiliano Gallo) che lo ha scacciato di casa, riducendolo in miseria. Prima di decidere, manda a chiamare l’uomo, un lavoratore onesto che si è fatto da solo col sudore della propria fronte. Davanti a lui, Barracano rievoca la propria giovinezza, nella quale era un umile pastore. Una notte, mentre lui era assopito, le sue bestie avevano sconfinato nel campo di un proprietario terriero che lo aveva quasi ammazzato di botte per questo. Il torto subito aveva fatto maturare in lui una feroce determinazione e, una volta raggiunto il potere, si era vendicato dell’uomo uccidendolo, facendola franca grazie a falsi testimoni e alla corruzione. Santaniello definisce il figlio un perdigiorno e Rituccia una poco di buono, motivando così la propria condotta. Dal canto suo Rafiluccio lo incolpa di convivere con un’altra donna, dopo la morte della madre, alla quale vorrebbe lasciare tutto il patrimonio. A quel punto il Sindaco li invita a riconciliarsi, ma Antonio rifiuta il consiglio e si allontana profondamente offeso. Prendendo a cuore la situazione del ragazzo, che ha anche un figlio in arrivo, Barracano gli offre un lavoro e del denaro. Il ragazzo lo ringrazia, ma afferma che, in un modo o nell’altro, il padre morirà. Preoccupato, il Sindaco si reca nel rione Sanità per mettere in guardia il panettiere. Santaniello, credendo che egli sia lì per ammazzarlo, d’istinto lo accoltella. Il Dottore (Roberto Di Francesco) si accorge che la ferita è mortale, ma Barracano rifiuta di curarsi per evitare la vendetta dei suoi contro Santaniello. Dà infine al Dottore il permesso di partire per gli Stati Uniti, a patto che lui gli permetta di amministrare i suoi ultimi affari. Organizza una cena alla quale invita tutti coloro che ha ricevuto durante la giornata, per evitare le faide che potrebbero scatenarsi nel rione alla sua morte. Prima della cena, si presenta alla Villa Rafiluccio, rivelando che, grazie ad Armida, ha deciso di desistere dal suo proposito omicida. Il boss gli versa una forte somma di denaro, dicendogli di aver convinto il padre a donarglielo. Il primo ad arrivare è O’Cuozzo, che viene costretto ad ammettere di essere stato testimone dell’aggressione subita dal Sindaco. Quest’ultimo lo convince a tacere per sempre sull’accaduto. Arrivano tutti gli altri per riconciliarsi fra loro e Arturo accetta di restituire la somma che Antonio ha anticipato a Rafiluccio. Durante la cena entra il Dottore, per annunciare la morte di Antonio Barracano.
Il commento del redattore
Mario Martone è un regista napoletano che ha spaziato in più generi cinematografici, dal film storico (Noi Credevamo, 2010) al biografico (Il Giovane Favoloso, 2014) vincendo 4 David di Donatello e ottenendo il Leone d’argento a Venezia per il suo film d’esordio (Morte di un matematico napoletano, 1992) senza mai dimenticare le proprie origini. Egli rilegge in chiave moderna uno dei capolavori di Eduardo De Filippo, dapprima in teatro e quest’anno sul grande schermo, presentandolo alla Mostra internazionale del cinema di Venezia, prodotto da Rai Cinema, in collaborazione con Indigo Film e Malia Film. Correttamente Martone non cerca il confronto con l’opera dell’autore napoletano: si ispira ad essa, rilegge i fatti con grande rispetto,ambientandoli nella contemporaneità e curando personalmente la sceneggiatura insieme con Ippolita Di Majo. In una recente intervista, il protagonista Francesco di Leva (una rivelazione) afferma: “Bisogna accostarsi ai lavori di Eduardo come si farebbe con le tragedie di Shakespeare”. Da questa prospettiva l’operazione è riuscita, grazie anche ad un gruppo di attori giovani, formatisi a Napoli, nel laboratorio teatrale Nest di San Giovanni a Teduccio, una realtà molto simile a quella del rione Sanità descritto dal film. Senza dimenticare l’apporto fornito da veterani del palcoscenico come Massimiliano Gallo, perfetto nel ruolo del piccolo imprenditore, onesto e orgoglioso anche di fronte alla criminalità. Numerosi i premi vinti dalla pellicola, in concorso a Venezia, il Leoncino d’oro e due trofei Pasanisi al film e agli attori Massimiliano Gallo e Francesco Di Leva. Il successo di pubblico nelle proiezioni evento organizzate dal distributore Nexo Digital, dall’inizio di ottobre a Napoli, sono la dimostrazione di una città viva nella cultura, capace di riscattarsi a dispetto delle difficoltà e dell’intimidazione camorristica che cerca di soffocarla. Il confronto con “Gomorra“ può essere naturale per gli spettatori più giovani, ma a mio giudizio il film è decisamente superiore alla serie tv, non cedendo a facili celebrazioni o macchiettistiche riproduzioni dei fatti della cronaca recente. Notevole la colonna sonora.